Il politecnico che s’indentifica nelle sue claustrofobiche automobiline a propulsione umana

A ogni azione, corrisponde una reazione uguale e contraria. Hai presente? Ricoprire un ruolo di rilievo in azienda comporta inevitabilmente ansia, stress e un latente senso di timore nei confronti dei possibili imprevisti amministrativa. E la stessa cosa, su scala diversa, vale per chi è impegnato nella quotidianità in qualcosa d’inerentemente complicato, come il conseguimento di un titolo di studio elevato all’interno di una delle 22 università più prestigiose degli Stati Uniti. Nonché la decima in classifica per quanto riguarda i dubbi sollevati nei sondaggi, in merito a quanto sia piacevole trascorrere lunghe giornate tra le sue accademiche mura con un secolo di storia sotto il nome di Carnegie Mellon University (CMU). Un periodo durante il quale possono succedere molte cose! Compreso l’evolversi di una particolare attività dinamica, sotto ogni aspetto simile a una sorta di sport “tecnologico” basato sull’interazione tra fibra di vetro, ruote coperte e motori del tutto invisibili, persino inesistenti. Ma che per ogni altro aspetto rilevante, potremmo inserire nella stessa categoria professionale del Quidditch, la competizione di squadra in sella alle ramazze della scuola del giovane Potter e i suoi magici coetanei. Fatta eccezione per l’assenza di palline o un campo in stile pallamano, qui sostituito dal bisogno di raggiungere un traguardo e farlo, se possibile, molto più velocemente degli altri che hanno scelto di prendere parte alla tenzone. Chiamata tradizionalmente Sweepstakes: concorso a premi benché simile piuttosto ad una guerra, in cui la posta in gioco è nulla più che gloria imperitura. Da guadagnarsi a qualsiasi costo, purché aderente alle norme programmatiche di quel regolamento di vecchia data, evolutosi a partire da oltre 102 anni a questa parte, che comporta una competizione veicolare lungo la famosa strada semi-circolare del vicino parco di Schenley, che confina con il campus principale dell’Università. Ed ha la rilevante caratteristica, piuttosto insolita nel suo contesto, di presentare sia tratti ascendenti che discendenti, trasformando l’effettiva esecuzione del programma in un susseguirsi di spinte e fasi di accelerazione delle rispettive buggy (in questo contesto: automobiline) non concettualmente dissimili da una versione modificata da quelle usate nell’ormai prototipica soapbox race. Almeno se i veicoli protagonisti dell’evento di Red Bull, ogni anno, fossero andati preventivamente incontro ad una fase progettuale all’interno di un tunnel del vento, in avanzati stabilimenti ingegneristici d’influenti compagnie ultramoderne…

L’organizzazione dell’annuale gara tende a richiedere molti mesi di preparazione tecnologica ed allenamenti. Notoriamente fastidiosi per coloro che non vi prendono parte, per la maniera in cui impediscono di parcheggiare l’auto lungo uno dei lati più lunghi del campus CMU.

La natura e il tono di ogni possibile circostanza, d’altronde, sono imprescindibilmente condizionati da coloro che vi prendono parte. Ed è indubbio che gli alunni della CMU, aspiranti scienziati, ingegneri, direttori tecnici etc. abbiano sviluppato attraverso le decadi a far sfoggio delle loro prospettive e competenze anche nelle attività extra-curricolari, inclusa per l’appunto l’ultrarapida competizione della Sweepstakes. Da qui l’arrivo, attraverso indubbi gradi successivi di perfezionamento, all’attuale forma imprescindibile delle buggy cristallizzata in base a linee guida estremamente definite. Di un tubo con tre ruote costruito su misura per il pilota, lungo appena il necessario per riuscire a contenerlo in posizione supina, con la testa in avanti analogamente a quanto avviene nello slittino olimpico ma braccia protese a stringere l’imprescindibile volante. Ed una maniglia diagonale sulla parte posteriore, facente funzioni d’alettone molto scenografico che serve nel contempo a dare l’impeto al mezzo, per tre volte nel corso di ciascuna heat, durante cui l’auto funziona in modo concettualmente non dissimile dalla staffetta di una gara di podismo. La prima volta per l’intervento di due “corridori” che si danno subito dopo la partenza, quindi nuovamente alla collina due dopo la prima curva e infine per l’ultima salita, che conduce al traguardo. Unico momento, questo, in cui generalmente il guidatore tira il freno che dev’essere previsto per ragioni di sicurezza, oltre a garantire che il compagno spingente sia effettivamente a contatto con la buggy nel momento dell’arrivo, pena squalifica del team fino alla successiva occasione. Il tutto in una scena piuttosto frenetica e non del tutto priva di connotazioni surreali, per la maniera in cui i compatti mezzi di trasporto appaiono inverosimilmente piccoli, e perciò apparentemente incapaci di contenere una persona. Finché non si considera come, almeno a partire dagli anni ’80, la stragrande maggioranza dei piloti sia costituito da studentesse anche nella categoria maschile (riferita dunque unicamente ai corridori) essendo state reclutate per l’appunto in funzione della loro statura inferiore alla media e il conseguente peso ridotto nei tratti in salita del circuito. Benché sia importante notarlo, in origine l’annuale gara che si tiene tradizionalmente tra aprile e maggio durante l’annuale “fiera” universitaria, ma prevede allenamenti nel corso dell’intero anno accademico, fosse aperta solamente agli uomini, almeno fino alla pioneristica partecipazione di Mary K. Skriba nel 1973, in un’epoca in cui le buggy presentavano ancora quattro ruote e una cabina aperta, prima dell’attuale ultra-perfezionamento di ogni residuo margine di miglioramento. Dotato di un suo prestigio per certi versi sorprendente, la competizione delle Sweepstakes ha dunque visto negli anni avvicendarsi alcune squadre pluri-generazionali tra cui la CIA (Carnegie Involvement Association) e l’eterna rivale Fringe, diventate negli anni le fautrici di una sorta di corsa agli armamenti, in cui gli effettivi mezzi diventavano ogni volta più competitivi ed aderenti a specifici parametri di progettazione. Costruendo quelli che lo stesso sito dell’università, in cui secondo una classica prerogativa delle grandi scuole statunitense soltanto il 15% degli studenti riesce ad essere ammesso, definisce come “ricordi indimenticabili” oltre a un’esperienza che oggettivamente, può essere vissuta soltanto in questo specifico luogo.

In origine create sulla base di numerosi crismi progettuali, alcune buggy potevano anche fare affidamento sulle due ruote. Questa particolare configurazione, in seguito, è stata vietata per ragioni di sicurezza.

Cos’è dunque tutto questo se non una selvaggia rappresentazione, dinamica e movimentata, di come ad ogni salita debba inevitabilmente seguire il movimento opposto… E l’immissione di adeguata spinta muscolare possa trasformarsi in movimento rapido, verso l’ottenimento di un qualche tipo di soddisfazione operativa finale. Che può avere un senso ed un valore pratico, per così dire, immediato. Piuttosto che inserirsi nello schema di quel formidabile valore aggiunto, tanto spesso accampato dai grandi college nordamericani, del costruire legami che uniscono. Tra coloro che potrebbero, o perché dovrebbero, trovarsi nella fase successiva della propria vita negli stessi ambiti di partecipazione professionale. A spingere un diverso tipo di carro, lungo le salite non meno ripide dell’esistenza. Che comportano fatica, oculatezza, competenza. Mano ferma sul volante ed il coraggio di affrontare qualche curva al limite, senza timore di finire a bordo pista.

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