L’aguzza creatura nascosta in mezzo ai licheni della foresta mesoamericana

Saldamente attaccato agli alti fusti di alberi come il kapok, la jequitibá, il ficus elastico e la quercia messicana, il tipico lichene del genere Usnea, anche detto barba dell’anziano, nasce e cresce dalla specifica commistione di una serie di forme di vita fondamentalmente molto diverse tra loro. Che possono includere due o tre funghi della divisione Ascomycota, oltre a un’alga Chlorophyta che assorbe l’ossigeno, trasformandolo in preziose sostanze nutritive. Con la conseguenza risultante, fondamentalmente dissimile da ogni altra forma di vita vegetativa, di un letterale groviglio di fili verde-grigiastro, che talvolta finisce per estendersi da un ramo all’altro. Funzionando come letterale autostrada sospesa, o pratica zipline di connessione, per un’ulteriore e biologicamente assai distinta creatura. Sebbene a guardarla da lontano, non si direbbe: a tal punto questa ninfa (esemplare sub-adulto) appartenente alla specie di cavalletta Markia hystrix riesce a promuovere l’illusione che ne fa una parte, almeno in apparenza, indivisibile dell’arzigogolato groviglio! Almeno finché, d’un tratto, non inizia a muoversi e camminare. Lasciando intravedere solamente a noi, osservatori educati e razionali, le articolate zampe diseguali, lunghe di dietro e corte davanti, già dotate della conformazione che potrà permettergli, entro qualche mese, di spiccare balzi parti a molte volte la sua lunghezza di circa 60-65 mm, tale da farne un’esponente particolarmente imponente per la sua famiglia dei Tettigoniidae, anche detta delle cavallette verdi o dalle antenne lunghe. Caratterizzate da un comportamento non particolarmente gregario, come quello delle locuste, e l’abitudine a muoversi per procacciarsi il cibo o trovare un partner per l’accoppiamento primariamente durante l’incedere delle ore notturno. Portandole a perseguire, nell’intero vasto mondo, la più favolosa collezione possibile di approcci al mimetismo, che includono la somiglianza a foglie, pezzi di corteccia ed altri insetti dotati di strumenti di protezione maggiormente efficaci, sebbene una volta messe alle strette, risultino spesso anche in grado di mordere l’aggressore o rigurgitare fluidi maleodoranti. Artifici necessari che non sarebbero davvero utili in alcun luogo, se non tra gli oscuri recessi dell’ambiente cui appartiene questa memetica e memorabile specie in Messico, Costa Rica, Colombia e Guatemala dove tra i maggiori aspiranti alla consumazione figurano numerose tipologie di uccelli, pipistrelli e fameliche scimmie, dall’occhio particolarmente scrutatore ed attento. Ragion per cui non c’è alcunché da stupirsi, se delle 370 specie di katydidi identificate e descritte all’interno delle foreste neotropicali il 71,4% esibisca un qualche tipo di colorazione atta a confondersi tra il fogliame, mentre il 13,8% riesce a vantare soluzioni particolarmente specifiche ed avanzate, ripartito come segue: 2 imitatrici delle vespe, 5 della corteccia, 13 dei rametti, 29 delle foglie e soltanto 4, dei licheni con l’aspetto magnifico di una lunga barba. In altri termini, diciamolo chiaramente: siam qui di fronte all’elite di un’elite, la creatura creata per confondere ed eventualmente affascinare lo sguardo di chicchessia. Due funzioni meno contrapposte rispetto a quanto, originariamente, potremmo essere stati indotti a pensare…

Nota: il video iniziale fa parte del ricco repertorio del fotografo e naturalista David Weiller, il cui canale di YouTube riesce ad essere un repertorio incredibilmente ricco degli animali delle parti centrale e meridionale del continente americano.

Maggiormente aerodinamico e proporzionato, l’esemplare adulto di M. histrix perde almeno in parte i suoi eccezionali presupposti di mimetismo. Acquisendo, in cambio, un’invidiabile forza, massa ed agilità nei movimenti…Per essere un insetto, s’intende!

Incredibilmente significative sono, d’altronde, le mutazioni indotte per l’effetto di requisiti di sopravvivenza particolarmente difficoltosi, come quelli sperimentati da creature erbivore dalle dimensioni così ridotte. Un principio che giustifica e rende comprensibile l’aspetto tanto distintivo ed insolito dello stesso lichene Usnea e per effetto di seconda mano, colei che è solito sfruttarlo per mimetizzarsi durante l’orario diurno, dalle creature che impiegano primariamente lo sguardo per procacciarsi il cibo. Mentre successivamente all’ora del tramonto, con il decollo dei pipistrelli, la cavalletta sfrutta il suo passo particolarmente cadenzato ed attento, al fine di minimizzare il rumore prodotto durante gli spostamenti. Mentre il richiamo stesso, prodotto dallo strofinamento delle apposite superfici seghettate sulle due ali, è calibrato per essere particolarmente breve ed acuto, risultando per questo assai difficile da localizzare. Lasciando quindi soltanto l’occasionale balzo incauto, necessario per spostarsi da un ramo all’altro, come indizio deleterio capace di condurre alla scoperta e conseguente fatale fagocitazione. Auspicabilmente, tuttavia, non prima che il maschio adulto abbia avuto modo d’incontrarsi con la sua compagna, riconoscibile a un osservatore umano per il prolungamento posteriore delle ali e la presenza di un lungo ed aguzzo ovopositore, in aggiunta alle numerose spine protettive disposte sull’intero corpo dell’insetto, utile a deporre i futuri pargoli presso un recesso nascosto della sommità degli alberi dove è solito verificarsi l’incontro amoroso. Evento per il cui perfezionamento, Madre Natura ha previsto per i maschi delle cavallette verdi l’impiego di un particolare dono nuziale detto spermatophylax, contenente oltre al materiale genetico per la riproduzione anche sostanze nutritive dolci ed attraenti, tali da indurre per una volta le femmine ad accollarsi il rischio di vagabondare alla ricerca di un degno partner, mentre la controparte maschile resta in immobile e più sicura attesa.
Causa la sua necessità di vivere e nutrirsi di una specifica tipologia di lichene, per la consumazione del quale la bocca della Markia histrix presenta specifici adattamenti evolutivi, essa risulta quindi particolarmente limitata nel suo possibile areale di distribuzione, soprattutto quando si considera come tale barba degli alberi risulti particolarmente condizionata dalla qualità dell’aria, affinché possa riuscire a crescere e prosperare ad oltranza. Il che lascia desumere la vera ragione, maggiormente probabile, per cui studi scientifici o possibili approfondimenti su questa specie risultino tanto difficili da trovare online: la sua inevitabile rarità, in probabile aumento progressivo causa riduzione degli spazi disponibili nelle vaste foreste dove un tempo, regnava invisibile ed incontrastata.
Sebbene una certa quantità di video, sulle principali piattaforme social, l’abbiano resa inaspettatamente celebre nell’ambiente eternamente curioso del Web digitale, dove il “katydide lichene” ha spesso ricoperto il ruolo variabilmente invidiabile di vera e propria shock image, capace d’indurre a una pausa di riflessione chiunque si ritrovasse ad ammirarlo per la prima, indimenticabile volta.

La barba dell’anziano è un lichene particolarmente ricercato nella medicina naturale, per le sue presunte capacità anti-infiammatorie ed antibatteriche, considerate da alcuni particolarmente valide al fine di disinfettare eventuali ferite. In ambiente industriale, viene inoltre impiegato per la produzione di cosmetici e coloranti.

Le cavallette per cui “Katy” ha fatto (did) qualcosa d’inusitato: ballerine di un teatro senza nome, in cui la posta in palio raggiunge e supera, talvolta, le semplici ragioni della sopravvivenza. Poiché cos’è mai un insetto, con la sua vita sostanzialmente breve, se non dovesse riuscire a proiettare la sua eredità biologica verso un incerto domani? E come potrebbe mai continuare a svolgersi un tale dramma, in assenza del filiforme ed inaccessibile palcoscenico, ove soltanto lui/lei, tra tutti, può realmente affermare di essersi trovato a suo agio?
Poiché casa, come si dice, è dove le punte sulla tua schiena si allineano alle propagazioni d’imprevedibili grovigli di rami. Come i rovi dell’antennuta Regina della Notte, che canta con insistenza il suo peana di guerra, contro l’irrilevanza ed il sempre probabile, terrificante orizzonte futuro dell’estinzione.

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