Il regno artropode della Preistoria conservato sotto il suolo della Romania

Appiattita dalla catalogazione orizzontale di Internet, ogni tipo di sequenza cronologica tende a passare in secondo piano: così la notizia fotografata e riportata sui social recita: “Ritrovata caverna vecchia di 5,5 milioni di anni con quasi 50 specie animali sconosciute alla scienza.” Subito seguìta dal commento cupamente umoristico: “Gente, richiudetela immediatamente. Questo NON è l’anno adatto!” E come dargli torto? Ma vediamo anche stavolta, per onor di cronaca, di creare l’ordine dal caos ridefinendo il labile confine tra realtà e fantasia. La grotta in questione, situata nella regione rumena di Costanza sulle coste del Mar Nero, è un effettivo ritrovamento accidentale a seguito di un sondaggio speleologico di prospezione mineraria durante la dittatura comunista di Ceaușescu, sottoposto presto ad approfonditi studi e valido a cambiare alcuni basilari presupposti sulla nascita e l’evoluzione della vita. La sua scoperta, tuttavia, risale al remoto 1986 e senza alcun recente nuovo sviluppo, in questa turbolenta prima metà dell’anno 2020, salvo il carosello tipico dei tentativi reiterati di chi tenti di aumentare il proprio numero di clicks. Ciò detto, l’esistenza stessa di questo network di gallerie noto al mondo con il nome di Movile costituisce di per se un fatto tanto importante per la storia in essere delle scienze biologiche da poter cogliere in un simile frangente l’opportunità rara, e preziosa, di approfondirne (letteralmente) ogni sepolta nozione, recuperando cupe consapevolezze su qual sia l’origine di tutto e assai probabilmente, anche il nostro remoto futuro.
La prima esplorazione di questo arcano luogo viene collegata normalmente alla figura eclettica dello scienziato e speleologo Dr. Cristian Lascu, recatosi sul posto col suo team dell’Università di Bucarest per l’opportunità di annotare per la prima volta alcune delle più improbabili diramazioni sotterranee dell’albero della vita. Come narrano le cronache e i successivi rilevamenti, delle non più di 100 persone abbastanza folli o coraggiose da inoltrarsi lì sotto nel corso degli ultimi 34 anni, Movile è un crogiolo di circostanze ecologiche tanto estreme ed improbabili da poter essere paragonato all’ambiente di un diverso pianeta. Oltre una discesa verticale con la corda di circa 20 metri e superato un primo ambiente quasi anaerobico fatto di pertugi angusti e serpeggianti, l’esploratore con equipaggiamento per immersioni si ritroverà infatti ad accedere al livello più profondo, completamente occupato da un lago sulfureo e maleodorante. All’interno del quale brulica la più improbabile, nonché inerentemente misteriosa, collezione di pallide creature. Tutte prive di occhi e perfettamente adattate a vivere nel buio eterno, principalmente appartenenti alla classe degli aracnidi, benché non manchino isopodi, coleotteri, vermi nematodi e gasteropodi. Lumache scivolano sulle pareti, dunque, mentre i ragni costruiscono sottili tele, mirate non a catturare mosche inesistenti bensì collemboli saltatori, insetti noti con il nome anglofono di springtails. Altrove sanguisughe dall’aspetto alieno si affollano presso le poche sacche d’aria sotto il soffitto a volta della caverna, dove cacciano i vulnerabili vermi di terra, finiti erroneamente in questo inferno dalle circostanze tenebrose. Mentre l’uomo, inconsapevole, s’interroga sulle ragioni della loro esistenza…

L’unico racconto videografico dell’esplorazione della grotta è rintracciabile online in questo video dello speleologo inglese Rich Boden. Per la maggior parte del tempo, essa resta infatti sigillata al fine di mantenerne integro, e privo d’eccessive contaminazioni, l’ambiente del tutto unico al mondo.

L’antichità della caverna di Movile è stata effettivamente desunta proprio dall’improbabile corrispondenza delle sue forme di vita biologiche con altre situate nel territorio a sua volta chiuso delle isole delle Canarie, situato a 4.000 Km di distanza e popolato da alcuni ragni e vermi che ricordano le creature della Romania. Dal che possiamo immaginare questo universo nascosto come una capsula del tempo risalente all’epoca del Miocene, rimasta sigillata sin da quando i primi ominidi scendevano dagli alberi, per iniziare a legare assieme quei bastoni e pietre che, un giorno ancor lontano, gli avrebbero permesso di dominare la Terra. Il che presuppone un tempo decisamente lungo, per esseri dalle generazioni tanto rapide, concessogli al fine di cavalcare l’onda migliorativa dei processi biologici d’evoluzione. Non che potessero, del resto, sopravvivere facendone a meno: ciò perché questa particolare caverna non è soltanto ostile, bensì estremamente avversa al concetto stesso di vita animale. In quanto il mondo di Movile sussiste del tutto privo, come esemplificato dall’insolita assenza di alcun tipo di stalattite e stalagmite, d’infiltrazioni d’acqua provenienti dalla superficie, data la presenza di uno spesso strato di argilla che la isola del tutto dalla terra degli umani. Tanto che persino recenti analisi dei laghi contenuti al suo interno hanno dimostrato la totale assenza degli isotopi liberati lo stesso anno della sua scoperta dal disastro di Chernobyl, presenti in misura variabile in tutti gli specchi d’acqua dell’Est Europa.
Il che ci porta a farci, irrimediabilmente, una coppia di fondamentali domande: A – Da dove viene esattamente tutta quest’acqua? e soprattutto, B – Come può essa contenere delle sostanze valide a sostenere e nutrire la vita? Poiché se è vero che un sostrato d’arenaria spugnosa, risalente ad epoche ancor più remote, originariamente sepolto a profondità inusitate ancor prima del Miocene potrebbe esser fonte di tale trasparente fluido, ciò non può prescindere dalla totale assenza di alcun tipo di sostanza dalle origini vegetali o organiche, base stessa del 99,9% di qualsiasi catena alimentare. Laddove tale ipotetico 0,1% nei fatti, si trova rappresentato proprio qui a Movile, grazie a un processo che prende il nome di chemiosintesi. I primi esploratori della squadra di Lascu, negli anni ’80, scoprirono a tal proposito uno strato biancastro che ricopriva alcune aree delle pozze sotterranee, noto alla scienza come tappeto microbiale, composto almeno in parte da agglomerati simili a microscopiche alghe e funghi fittamente intrecciate l’una con le altre. Il tutto grazie alla capacità dei batteri estremofili, qui presenti, di trasformare attraverso processi concettualmente ibridi tra l’ossidazione e la sintesi materie inorganiche, come lo zolfo e l’ammoniaca, in potenziali fonti di nutrimento, quali acido solforico e nitrati. Essenziali fondamenta di ogni vivace cognizione dell’esistenza.

Particolarmente apprezzati dai cultori delle ipotesi extra-terrestri, simili recessi del sottosuolo ci offrono una lente d’ingrandimento insostituibile sui capitoli trascorsi e dimenticati dei nostri antenati più distanti. Non soltanto privi di scrittura e validi strumenti alla registrazione della storia, bensì anche di occhi, orecchie e mani…

Sottoposta a numerosi studi e prove di approfondimento, Movile si è trasformata ormai da tempo nel potenziale modello prototipico di quello che potrebbe essere la vita extraterrestre. Benché qualche milione di anni sia essenzialmente un periodo piuttosto breve, rispetto a quello idealmente popolato da interi mondi ancora non scoperti, ben diversi dal limitato potenziale posseduto dai mondi a noi più vicini nel ragionevolmente silenzioso Sistema Solare. Benché ancor prima di questo, una comprensione maggiore dell’origine e il funzionamento di quel regno potrebbe condurci a un più lungo susseguirsi di future generazioni. La stessa sopravvivenza continuativa di striscianti e zampettanti piccoli abitatori in un luogo tanto ostile, d’altra parte, dimostra che anche l’ossigeno può essere facoltativo, dinnanzi alla capacità d’adattamento che deriva da un’applicazione delle stesse regole dell’Universo. Per cui se una cosa può continuare ad esistere, continuerà a fare di tutto per riuscire a garantirsi una simile opportunità. Il che si applica a noi organismi unicellulari, quali umani, ragni e sanguisughe, così come, purtroppo, ad esistenze quasi-robotiche determinate a replicarsi all’infinito. Come i virus e la sua cugina (lievemente) meno distruttiva: la cultura iper-memetica del Web.

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