Il modello sperimentale in scala che ha permesso di asciugare l’Olanda

Essere un albero può in taluni casi implicare, nonostante la lunghezza della propria legnosa esistenza, un senso improvviso di smarrimento. Come quando la regione confinante di una foresta, senza nessun tipo di ragione apparente, passa dal suo stato acquatico di bagnasciuga ad un terreno fertile perfettamente pronto da colonizzare, ove i propri semi, imprevedibilmente, riusciranno finalmente a crear la vita. Terra reclamata, terra conquistata e per il popolo del tutto liberata, da pesci, cefalopodi e molluschi. Che in queste regioni prende il nome di polder, ovvero un tratto “asciugato” mediante l’impiego di speciali tecniche… Olandesi. Il cui nome è Zuiderzeewerken, riferito ad un complesso sistema di dighe e canali mirato a far sparire l’umida entità del Lago Flevo, diventato un golfo dopo la scomparsa del tratto di dune nel XIX secolo, presso queste stesse terre ove si estende, oggi, il Voosterbos. Ma probabilmente ancor più degno di stupire gli alti vegetali, in quel frangente, siamo in grado d’identificare l’ampia serie di strutture (circa 10 Km di estensione) costruita in mezzo agli antichi e nuovi tronchi della suddetta foresta, simili a bacini artificiali dalle dimensioni stranamente contenute, canali dagli alti argini in cemento ed altre amenità di tipo idrico dalla funzione non chiara. Detti complessivamente Waterloopbos, una filiale del Waterloopkundig Laboratorium, ente pubblico che dal 1953 ricevette un compito particolarmente significativo: difendere le antiche e nuove regioni dei Paesi Bassi dall’assalto di un qualcosa che da sempre scorre e si propaga, per l’appunto, verso il basso. Acqua, niente meno. Fluido che qui venne indotto a scorrere, sfruttando il posizionamento naturalmente al di sotto del livello del mare di un simile tratto del paesaggio, sotto l’occhio scrutatore di una lunga serie d’ingegneri e scienziati attentamente selezionati al fine d’impedire che potesse mai ripetersi il tragico disastro di gennaio di quell’anno, consistente nella tracimazione del Mare del Nord a seguito di una forte tempesta, diventato all’improvviso capace d’invadere innumerevoli polder con la morte di 2.551 e danni economici d’entità grave. Come progettare, in quei drammatici momenti, un qualcosa che potesse riprendere i Zuiderzeewerken ma su scala ancor più grande, chiudendo letteralmente ogni possibile via d’accesso alla furia umida degli elementi, in un’epoca in cui gli strumenti simulativi a disposizione risultavano inerentemente limitati dal progresso tecnologico, e soprattutto informatico, dei tempi? La risposta è chiaramente prevedibile, ritengo, a questo punto e consiste per l’appunto dell’implicita predisposizione dell’acqua a reagire, indipendentemente dalla scala che si prende in considerazione, sempre più o meno allo stesso modo. Come primo passo del progetto, definito in lingua olandese Deltawerken (Progetto Delta) si decise quindi di ricreare la situazione strategica di una simile guerra uomo/mare, proprio all’ombra delle fronde verdeggianti del Voosterbos. Creando nei fatti un sistema sperimentale privo di precedenti all’epoca, presso cui il personale del laboratorio ebbe modo di testare, oltre all’esigenza urgente dei suoi compiti principali in Olanda, nuovi miglioramenti proposti ai porti internazionali di Lagos, Rotterdam, Bangkok e Istanbul. Superato quindi dall’introduzione delle simulazioni digitali, il complesso modello in scala sarebbe stato abbandonato a partire dal 1995, anno a seguito del quale, in maniera lenta ma inesorabile, il bosco stesso avrebbe cominciato a riprendersi tali spazi, ricoprendo di muschi e radici le grige strutture di cemento…

Tra i prodotti maggiormente iconici e importanti del progetto Deltawerken va senz’altro citata la barriera mobile del Maeslantkering, formata da una doppia chiusa galleggiante che può sbarrare l’ingresso del canale Nieuwe Waterweg, ad ovest della città di Maassluis.

Si è in effetti soliti pensare che l’intero prodotto del moderno sistema anti-inondazioni olandese sia il prodotto esclusivo dei test effettuati presso il Waterloopbos, benché in effetti essi fossero stati coadiuvati dalla compartecipazione di almeno due primitivi apparecchi informatici: l’imponente ARMAC del 1956 (Automatische Rekenmachine MAthematisch Centrum) e il computer analogico Deltar, nato nel 1960 da un’idea dell’ingegnere idraulico Johan van Veen, capace di simulare lo spostamento delle acque mediante l’impiego di un preciso potenziale elettrico. Il cui impiego di concerto, assieme agli esperimenti pratici qui effettuati, avrebbe dovuto portare in tempo utile alla realizzazione di una serie di barriere capaci di proteggere l’Olanda da ulteriori inondazioni con una possibilità di fallimento possibile calcolata di 1 ogni 125.000 anni. Se non che attraverso il procedere della fase preparatoria, ci si rese conto dell’impossibilità economica di un tale proposito, riducendo quindi l’analisi statistica ad 1 possibilità su 10.000 nelle zone chiave, ed 1 su 4.000 per quelle giudicate in qualche modo meno importanti. Il tutto mediante un calcolo del valore economico di ciascuna regione, all’interno del quale la potenziale perdita di una vita umana venne (sotto)valutata sui 2,2 milioni di dollari. Il che, ad ogni modo, si sarebbe rivelato sufficiente per approntare una serie di dighe ed altre barriere capaci allo stato attuale di servire perfettamente allo scopo, il cui effetto sull’integrità ambientale, ad ogni modo, risulta certamente difficile da sopravvalutare. Zandkreekdam, Grevelingendam, Oosterscheldekering, Hartelkering… Non sono che alcuni dei nomi delle 14 grandi opere facenti parte dei cosiddetti Delta Works, nient’altro che una versione in scala effettiva di quanto ancora oggi è possibile racchiudere in un singolo sguardo, tra una zolla e l’altra del verdeggiante Waterloopbos. Acquistato quindi nel 2002 dalla fondazione nazionale Natuurmonumenten, il desueto complesso di modellini è stato trasformato in riserva naturale e vero e proprio punto di riferimento turistico, con l’aggiunta di pratici sentieri e passerelle da utilizzare durante la propria visita, in cui oltre alle dighe, canali e amenità simili sussiste l’opportunità di conoscere coi propri occhi varie specie d’uccelli e insetti rari, oltre alle martore e le lontre che ne hanno fatto la propria casa. A partire dal 2018 inoltre, una particolare sezione del canale usato originariamente al fine di scaricare l’acqua del mega-modellino nel vicino corso dello Zwolsevaart è stato trasformato in una scultura moderna da Ronald Rietveld ed Erick de Lyon, tramite lo scavo ed esposizione dei suoi argini, parte dei quali sono stati successivamente girati in posizione obliqua, creando un interessante gioco di luci ed ombre finalizzato, idealmente, a rappresentare il valore estetico della tecnologia umana quando applicata a un valido e imprescindibile bisogno. Insolita e caratteristica visione quest’opera chiamata molto appropriatamente “Deltawerk//” (manca solo l’http:) offre quindi l’opportunità di considerare da un punto di vista totalmente nuovo l’effetto finale di quanto testato in questi luoghi, oggi considerato una delle principali meraviglie in opera dell’ingegneria moderna.

Stolida ed almeno in apparenza, inamovibile, la scultura moderna del Deltaworks offre valide opportunità fotografiche, particolarmente quando si considera il fondale piacevolmente naturalistico del Voosterbos.

La conclusione che possiamo trarre dunque dall’impiego continuativo dei modelli su scala ridotta in questo sito unico al mondo è che la funzionalità “insostituibile” dell’apporto informatico viene spesso esagerata, quasi come se l’umanità fosse incapace di pensare al posto del complesso sistema di transistor, valvole ed in epoca più recente, processori dai microscopici componenti alimentati ad elettricità. Laddove l’energia potenziale più grande del mondo è sempre stata e sempre rimarrà quell’acqua che risulta in grado di comporne una significativa percentuale fisica, muovendo fin da tempo immemore i mulini senza posa del tempo.
Cosa vuoi che possa dire per le plurime specie animali, dunque, bloccarne una minima parte, con barriere mobili create grazie all’opera di un operoso, ma pur sempre transitorio ed insignificante (nello schema generale delle cose) consesso di esseri viventi! In tale ottica, anche la visita a un semplice modellino in scala può fornire nuovi spunti d’analisi ed introspezione collettiva. Sotto la supervisione stranamente pensierosa, e saggia suo malgrado, dell’ormai raro, ma per tanto tempo redditizio castoro d’Olanda.

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