Tra tutti gli esseri canini ad essere stati condizionati dalla selezione artificiale, i depositari di un’eredità consanguinea imperfetta e quindi prona ad ammalarsi, vivere una vita grama, sperimentare la più vasta serie di problemi, la convenzione non esiterebbe ad indicare due particolari razze: il chinese crested dog ed il chihuahua. Rappresentanti dell’esistenza canina “ai due poli estremi del pianeta Terra” l’uno costretto a vivere senza nessuna protezione pilifera dalle intemperie o la luce ultravioletta, tranne la criniera cavallina, tanto da necessitare di un generoso impiego di crema solare da parte dei suoi padroni; l’altro piccolo, gracile, con gli occhi sporgenti da pesce palla eternamente spalancati a causa del continuo nervosismo. Ma poiché conoscere davvero gli animali, talvolta, significa sfidare la convenzione, cominciamo con il dire che la discendenza di almeno il primo tra i due amici a quattro zampe risulta essere profondamente incerta, tanto da permettere la significativa fondatezza di teorie che lo vedrebbe provenire dagli stessi territori del Nuovo Mondo. E la ragione di questo è una, sopra ogni altra: l’aspetto e le caratteristiche genetiche dello Xoloitzcuintli, nome spesso abbreviato per semplicità, o sostituito con l’espressione maggiormente descrittiva di “cane nudo messicano”.
C’è molto da dire sul passato e il presente di questa creatura dai molti aspetti, di cui quello maggiormente rappresentativo risulta essere cupo come il carbone, con grandi orecchie da pipistrello ed occhi gialli demoniaci, caratteristiche capaci di ricondurlo a rappresentazioni prototipiche del Dio della Morte. Ma sia chiaro che non è Anubi, l’essere a cui mi sto riferendo, bensì il suo analogo mesoamericano Xolotl, che oltre a guidare i morti lungo i nove difficili gironi del Mictlan (l’Oltretomba) era il sovrano di ogni deformità e creatura mostruosa, nonché accompagnatore del Sole durante il reiterato terrore delle ore notturne. Ora la leggenda vuole, e ciò si riflette nell’appellativo stesso della razza composto dal nome della divinità e la parola itzcuīntli, il cui significato è cane, che tale surreale creatura fosse stata il dono di quell’essere ai suoi amici umani, creati da un diverso pezzo dello stesso Osso della Vita. Affinché potesse proteggerli da ogni sorta di malattia, una capacità che il pensiero popolare messicano, ancora adesso, tende ad attribuire al proprio animale nazionale.
L’associazione a un mito simile, d’altra parte, tende a evidenziare un qualcosa di molto significativo. Ovvero, che il concetto di un cane privo di peli è molto più antico di quanto si possa pensare. Almeno 3.000 anni, come è stato possibile desumere dai ritrovamenti di alcune antiche statuette delle culture Tolteca e Zapoteca, in cui l’artista si era premurato di rappresentare la pelle grinzosa dell’essere sacro a uno psicopompo che forse, a quei tempi, portava un diverso nome. Nell’epoca dell’Impero Azteco quindi, nato nel 1325 d.C. con il sovrano Acamapichtli, il ruolo dello Xolo iniziò ad acquisire una duplicità inquietante, con la propensione a venerarlo e al tempo stesso considerarlo cibo, da cucinare assieme al tacchino nel corso di particolari ricorrenze e banchetti dall’importante significato religioso. Ma questa creatura fantastica, così diversa dal concetto di un generico abitante di cucce o lettini, aveva ancora molto da dire nei confronti dei suoi talvolta irriconoscenti padroni…

Per tornare al nostro discorso d’apertura, esistono prove genetiche che sia il più piccolo e abbaiante beniamino amato dalle star di Hollywood, sia il bizzarro cane nudo e cosiddetto “cinese” posseggano una certa quantità di geni derivanti dall’incontro/scontro di civiltà iniziato all’epoca di Cristoforo Colombo. Tanto che proprio quest’ultimo ebbe modo di riportare nei propri diari l’esistenza dell’insolita razza tenuta in alta considerazione dai popoli delle supposte Indie Orientali, al punto che non è affatto impensabile che ne abbia riportato degli esemplari al di là dell’oceano, dove avrebbero prima o poi trovato la maniera di accoppiarsi con altre tipologie di cani. Mentre avveniva lo stesso in patria, con l’arrivo a ondate dei piccoli terrier facenti parte della dotazione dei nuovi coloni. Ora la capacità di adattamento genetico del cane è una questione largamente nota, con risultati eccezionalmente rapidi e trasformazioni totali nel giro di poche generazioni. Così non è affatto incredibile che da tali incontri diametralmente opposti, possano essere nati in Messico il chihuahua e nei porti commerciali spagnoli il bizzarro cane-cavallino, destinato a diventare cacciatore di topi sui bastimenti diretti ad Oriente e quell’altra terra semi-leggendaria di cui ci aveva parlato un esploratore italiano, Marco Polo.
D’altra parte, è fondamentale prendere atto di come lo Xoloitzcuintli non sia una specifica razza in senso moderno, bensì un’intera gamma di forme riconducibili alla stessa discendenza, tutt’altro che “pura”. Benché esista dunque, come dicevamo, una versione considerata maggiormente rappresentativa, per una mera coincidenza identica alle rappresentazioni tradizionali del dio egizio Anubi, varianti accettate del cane includono colorazioni grige o marroni, l’eventuale presenza di una criniera sulla testa simile a quella del chinese crested o persino un versione dotata di un fitto manto ispido, molto spesso facente parte della stessa cucciolata di esemplari risultanti invece del tutto nudi. Questo perché in effetti, il gene che disabilità la produzione di tale caratteristica ritenuta inerente è una mutazione antica e probabilmente naturale, che continua a coesistere con la sua versione recessiva. Qualora i due tratti non riuscissero a combinarsi in condizioni omozigote, quindi, l’embrione non avrebbe semplicemente alcun modo di svilupparsi e non esisterebbe alcun tipo di cane Xolo.

Secondo il mito della creazione azteca, il dio Xolotl era il fratello gemello di Quetzalcóatl, sommo serpente piumato nonché una delle tre divinità responsabili per l’esistenza dell’umanità. Ma poiché nell’etica di una simile cultura, la stessa esistenza di un fratello identico veniva considerata un pessimo presagio, il suo aspetto era tanto terribile quanto magnifica appariva la controparte, con connotazioni ulteriori di spaventosa deformità e malattia. Talvolta rappresentato con testa di cane, ma impressionanti artigli simili a quelli del leggendario chupacabra, Xolotl era anche il sifilitico, l’ustionato e talvolta uno figurava come uno scheletro coi piedi voltati all’indietro, a evidenziare la sua deambulazione zoppicante e insicura. Proprio per questo, il suo potere sull’esistenza degli uomini si manifestava attraverso l’animale totemico che avrebbe dovuto, idealmente, accompagnare i suoi padroni durante il passaggio alla successiva non-vita.
Oggi delle più spaventose connotazioni della vita religiosa e tradizioni azteche, per fortuna, resta ben poco. Mentre un altro destino sarebbe toccato al loro cane: prossimo all’estinzione verso l’inizio del ‘900, per generale incuria e disinteresse, nonostante fosse stato riconosciuto come razza dall’American Kennel Club nel 1887, nel 1959 lo Xolo venne rimosso dalle registrazioni annuali, perché ritenuto ormai troppo raro. Finché nel 1986, grazie alla fondazione di un club nazionale statunitense dedicato alla razza, non apparve chiaro che non soltanto il cane messicano per eccellenza era sopravvissuto, ma il numero complessivo d’esemplari risultava aumentato in maniera significativa. Così che a partire dal 2009, dopo una lunga battaglia, esso costituisce una delle sole tre razze completamente nude riconosciute ufficialmente a livello internazionale, assieme al chinese crested e al cane peruviano (Perro Sin Pelo) talmente simile da far presumere, anche per lui, l’esistenza di un antenato comune.
Mentre nessuna parentela dovrebbe esistere con il cane dei faraoni dell’isola di Malta (nome tradizionale: Kelb tal-Fenek) che pur essendo dotato di pelo, presenta una forma fisica ed aspetto complessivo estremamente simili allo Xolo. Ma in quanti modi, alla fine, possiamo aspettarci di veder combinarsi i geni della stessa specie? Qual’è il limite di razze che possono esistere allo stesso tempo? 9.999 cani? Una quantità d’infinito+1 cani? Esiste un particolare stile d’analisi linguistica e glottologica che vede ricondurre i diversi idiomi del pianeta alle inerenti limitazioni dell’apparato fonatorio umano. Forse anche la variazione genetica di colo che abbaiano, in maniera pressoché automatica, presenta un tetto dettato dalle leggi della fisica e biologia. Chissà quando, con il beneplacito degli Dei antichi, arriveremo finalmente a scoprirlo.
1 commento su “Xolo per gli amici, antico cane senza peli degli Aztechi”