Il piccolo guerriero arcobaleno delle foreste asiatiche meridionali

Nubi di tempesta sembrano addensarsi all’orizzonte, mentre il dio dei Venti apre il rigido coperchio dei suoi otri. Le prime gocce iniziano a cadere tra le foglie. Sia lode, sia giubilo! Inizia la stagione dei monsoni in India, Bangladesh e Myanmar. Chi potrà tornare, dunque, ad allietare i nostri sguardi? …Placida è la vita del passero nella foresta, e molto tipici i suoi suoni: il canto che saluta il giorno al primo sorgere del Sole. Il lieve frullar d’ali che lo porta in mezzo a un letto di foglie, per cercare il verme da cui trarre nutrimento. L’appena udibile fruscio di quelle piume, che spostando a lato la sterpaglia, consentono al volatile di transitare. Ma c’è un altro piccolo abitante in questi luoghi, anch’esso non più lungo di 13 centimetri, per cui il silenzio è d’oro. E blu elettrico. E fuchsia. Ed arancione. Potrai scorgerlo, guardando in alto, mentre siede in modo totalmente immobile sui rami, scrutando coi suoi occhi dalla palpebra piumata il pur minimo sussulto, o impercettibile cambiamento, in tutto quello che sorveglia con estrema e irriducibile convinzione. Ovvero quell’intercapedine tra le radici, di alberi ormai quasi secolari, in mezzo a cui compaiono talvolta le lucertole, ranocchie, insetti o altre potenziali prede. Evento a seguito del quale, come un fulmine, l’aureo cacciatore sembra scomparire. Mentre scende alla velocità possibile di 35-40 Km/h, per ghermire col suo lungo ed appuntito becco una tipologia di prede che possiedono, in maniera intrinseca, la dote evolutiva della fuga.
O per meglio dire: possedevano. Perché nessuno può sfuggire alla famelica picchiata del Ceyx erithaca, comunemente detto martin pescatore dalla schiena nera (anche se tale parte sembra tendere piuttosto al blu) o dalle tre dita, caratteristica comune, quest’ultima, alla sua intera famiglia degli Alcedinidae, specifici abitanti del bioma ripariale in Asia. In cui convivono tassonomicamente, per l’appunto, ben due riferimenti allo stesso mito greco, quello di Ceyx, re umano della Tessaglia e Alcione figlia del dio Eolo, che a seguito della morte in mare del primo e il suicidio della seconda, vennero pietosamente trasformati da Zeus nella variante europea di questo uccello, il martin pescatore comune (Alcedo atthis). Benché in talune versioni alternative della leggenda, tale fato fu una punizione piuttosto che extrema ratio, imposta loro per la scelta sacrilega di farsi chiamare dai loro sudditi coi nomi stessi del Padre. e della Madre, di tutti gli Dei. Ciò detto, questo piccolo rappresentante dell’ordine dei Coraciiformes (termine latino che significa: “simile ad un corvo”) non sembra per niente preoccuparsi delle alterne valutazioni fatte dagli umani sui meriti del proprio stile di vita, continuando a sfruttare l’ineccepibile serie di armi per la sopravvivenza di cui Madre Natura, o in altri termini l’evoluzione stessa, sembrerebbero averlo dotato. Rapido come il fulmine, splendido quanto il tuono. Abile costruttore, quando necessario, di una tana davvero particolare…

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L’idea innovativa di un monopattino a forma di sfera

Dieci soldati dalla candida uniforme, il colletto rosso, la testa bulbosa, una forma fisica che lascia intendere l’assunzione di qualche caloria di troppo prima dell’ora di colazione. Un colpo risuona sulla distanza, seguito dalla furia rotolante che avanza. Nove soldati dalla candida uniforme aspettano il proprio turno, prima di cadere. In origine, l’uomo preistorico faceva una grande fatica nell’organizzazione del suo gioco preferito, il bowling. Questo poiché, per quanto potesse risultare semplice trovare pietre dalla forma relativamente sferoidale, esse dovevano necessariamente essere impugnate con due mani sopra la testa, prima di essere scagliate nella direzione generica della pista di gioco. Il che portava inevitabilmente a una quantità piuttosto elevata di tentativi, prima che il suddetto pegno potesse realisticamente riuscire a colpire bersagli multipli, ottenendo un punteggio degno di essere annotato sulla tavoletta d’argilla di giornata. Almeno finché a un uomo, chiamiamolo “Atouk”, non venne in mente di praticare nel sasso tre fori per le dita, mediante l’impiego del suo pratico trapano a mano. Non c’è dubbio, in effetti, che la sfera sia la forma più elegante nonché efficiente in natura: una pletora di punti equidistanti dal centro, il nesso esatto della questione. E un involucro ragionevolmente resistente, in grado di deflettere gli urti e giungere rapido verso il traguardo. Ma prima che un tale solido possa dimostrarsi utile all’umanità, ciò resta innegabile, occorre che sia dotato del giusto tipo e quantità di appigli. Oppure, perché no… Sostegni.
Jyroball! Ne avevate sentito parlare? Ci avrei scommesso, dopo tutto, si tratta dell’ultima diavoleria (con campagna di finanziamento su Indiegogo) proveniente dal fervido incubatore aziendale dell’irlandese Thomas O Connell, già promotore di una serie di monopattini a tre ruote ed altri giocattoli “mobili” per bambini di ogni età, questa volta alleatosi con Marc Simeray, nient’altro che uno dei pionieri, nonché primi costruttori, di un effettivo veicolo monoruota a batteria. Poco dopo che, all’inizio degli anni 2000, il successo in campi altamente specifici del Segway bastò a dimostrare al grande pubblico come l’impiego di un giroscopio coadiuvato dal baricentro basso potesse garantire il mantenimento automatico dell’equilibrio nella maggior parte delle situazioni, fatta eccezione quella di un utilizzatore particolarmente inetto o spericolato. Ragion per cui, una volta miniaturizzati per quanto possibile batteria, pneumatico e motore, tutto ciò che sarebbe rimasto era un oggetto altamente trasportabile che poteva, a sua volta, spostare in giro il suo bipede proprietario umano.
Ora per chi conosce la storia di un tale ambito, l’effettiva presa di coscienza in merito al funzionamento dell’avveniristica Gyroball non potrà che ricordare almeno in linea di principio il veicolo personale dal ragionevole successo creato dall’inventore di origini cinesi Shane Chen nel 2010, noto col nome di marketing “Solowheel” (vedi precedente articolo sull’argomento) benché la sua forma geometrica presenti effettivamente un maggior numero di punti di forza in comune con un qualcosa di prodotto soltanto successivamente, la cui bellezza e semplicità estetica, tuttavia, potrebbero risultare soggettivamente inferiori…

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La fine di un paramecio: dalla culla alla tromba in un sol battito di ciglia

È soprattutto una questione di punti di vista (e d’ascolto). Mettete un musicista di fronte alla parola “Stentor” ed egli penserà, senza particolari indugi, all’importante marca produttrice di strumenti a corda, amata soprattutto per il pregio dei suoi violini. Prendete invece uno studente di lingue e mitologia classica, per fargli ricordare la vicenda di Stentore, l’araldo dei soldati greci che secondo quanto narrato da Omero, ebbe la pessima idea di sfidare a duello Ermes con la forza della propria leggendaria voce, soltanto per morire dinnanzi alla possenza sovrumana del piccato dio-messaggero. Ma provate ad approcciarvi all’argomento seduti allo stesso tavolo con un biologo, un protozoologo o un genetista, ed egli intenderà da subito qualcosa di diverso. Qualcosa di minuscolo ed al tempo stesso enorme nella sua categoria, capace di trasformarsi, estendersi, rigenerarsi. Che talvolta sembra uno strumento a fiato, intento ad emettere l’annuncio dell’Apocalisse, qualche altra, una creatura indistruttibile la pari di un’Idra. Ed in effetti, per lungo tempo fu classificato erroneamente nella tentacolare categoria tassonomica dei microrganismi che condividono con essa nome, forma e propensioni (ma non, sia lode, dimensioni). Mentre per quanto concerne la questione della voce, mi rincresce ammettere come lo Stentor o animalculum trombetta, non ne possieda alcuna. Il che è davvero, davvero, davvero un gran peccato, quando si considera la quantità notevole d’insegnamenti che potrebbe, almeno in linea di principio, trasmettere all’umanità.
Stiamo parlando, tanto entrare nello specifico, di un protista eucariota, ovvero dotato di membrana e nucleo, che è anche uno degli esseri unicellulari più grandi al mondo. E senz’altro il maggiore che sia in grado di muoversi, riprodursi e cacciare in maniera paragonabile a quella degli animali più grandi. Creatura che il nuovo canale di YouTube Journey to the Microcosmos, con immagini di James Weiss, musica di Andrew Huang e la voce narrante del rinomato video blogger scientifico Hank Green, non esita a paragonare per carisma potenziale al più che mai memetico tardigrado (il cosiddetto “orsetto d’acqua” – vedi articolo) benché appartenente a un phylum totalmente diverso. Una letterale mostruosità del microscopico stagno, capace di raggiungere facilmente una lunghezza di svariati millimetri risultando perfettamente visibile ad occhio nudo, benché un proposito decisamente meno raggiungibile risulti essere distinguere, persino sotto l’occhio di un microscopio, la fitta chioma dei suoi essenziali organi finalizzati all’interazione con l’ambiente. Secondo la classificazione odierna lo stentor rientra infatti tra i ciliati, mostriciattoli capaci di spostarsi nell’acqua mediante l’impiego della versione più piccola e più numerosa di un flagello, benché sia chiaro che siamo di fronte a un organismo preferibilmente sessile, che quindi tende ad attaccarsi a microparticelle, granuli di sabbia o altri oggetti sul fondale, trasformandosi sostanzialmente nella versione super-aggressiva di un anemone di mare. Ciò perché, diversamente da quest’ultimo, il potente microbo ha ricevuto un ulteriore nonché prezioso dono dall’evoluzione: la capacità di diventare luuungo, lunghissimo, praticamente un’anaconda in proporzione…

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Un ponte che riunisce la Cornovaglia con gli spiriti del suo passato

Il vento soffia sull’alta scogliera, passando attraverso i molti spazi vuoti: le strutture scomparse, in mezzo ai ruderi, dell’antico castello brevemente abitato dalla corte del conte Riccardo di Cornovaglia nel 1200, prima che il richiamo delle crociate lo portasse a fornire il suo supporto amministrativo e diplomatico ai soldati impegnati in Terra Santa. Sibila tra le pietre della grotta di Merlino, sotto le propaggini scoscese del faraglione, dove il volto scolpito del mago scruta accigliato il moto insistente della risacca, ricordando l’impresa compiuta ancor prima che aveva dato i natali al più famoso, e importante, di tutti i re d’Inghilterra. Colui che in forma di statua bronzea artisticamente fessurata, la fida spada ben stretta tra le mani, sorveglia il sito rimasto del castello di Tintagel, ove il padre Uther Pendragon avrebbe posseduto, grazie al sotterfugio fornito dal più sovrannaturale dei consiglieri, l’inconsapevole donna adultera che presto sarebbe diventata sua madre. Cambiare aspetto? Ingannare le guardie? Soddisfare il desiderio carnale di un sovrano incline a giacere con la moglie del duca Gorlois, protetta oltre simili mura invalicabili, unite alla terra ferma da un unico ponte naturale di pietra, che “soltanto tre uomini avrebbero potuto difendere da tutti gli eserciti di Britannia”… Questioni da nulla, per colui che i Celti conoscevano come il bardo-profeta Myrddin Emrys, prima che lo storico “fantasioso” Goffredo di Monmouth lo ribattezzasse in latino nel XII secolo, associandolo all’anziana figura del condottiero romano Ambrosio (Merlino) Aureliano. Ma preservare una simile preziosa, insostituibile via d’accesso, anche attraverso il transitare inarrestabile dei molti secoli che ci separano dall’Era di tali leggende, ciò avrebbe superato di gran lunga persino le sue possibilità. E fu così che in un momento imprecisato, il faraglione di questo forte venne spezzato dalla furia ricorsiva degli elementi, portando al crollo di quel sentiero, utilizzato con grande profitto dai conti, duchi e sovrani di tanti anni fa. Il che non fu, in ultima analisi, un’ostacolo insuperabile, come potrebbero testimoniare le circa 200.000 persone che ogni anno si recano presso questi luoghi, per visitarli passando attraverso il villaggio omonimo di Tintagel, quindi giù per una lunga serie di gradini, attraverso un camminamento all’altezza approssimativa dei flutti e poi di nuovo su, faticosamente, oltre i molti metri che li separano verticalmente dalle antiche mura. Tutto è possibile, se c’è il desiderio, e in Eoni particolari diventa possibile ricreare persino il particolare spirito creativo della natura. Su appalto e suggerimento dell’English Heritage Fund, l’associazione non a fine di lucro incaricata di preservare e promuovere alcune delle più importanti località storiche d’Inghilterra. Che giusto nel 2015 indisse un concorso per la progettazione del nuovo ponte, costruito all’altezza massima concessa dalla scogliera in questione e per questo capace di ricreare l’antica via d’accesso dei nobili verso le mura che furono edificate da Riccardo di Cornovaglia. Selezione vinta dagli studi di architettura Ney & Partners e William Matthews Associate, collaboratori nel proporre quanto, giusto in questi estivi e salienti giorni, sta attraversando le ultime fasi del suo allestimento. Qualcosa che neanche il vento, potrà mai sperare di scardinare…

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