Viaggiando sull’onda di Radcliffe, autostrada galattica del braccio di Orione

L’equilibrio perfetto della rotazione di un fluido può riuscire a generare alcuni dei sistemi maggiormente stabili noti alla scienza umana. L’acqua che circola in una turbina, il sangue all’interno del labirinto venoso, le correnti ventose di un pianeta gassoso. Basta osservare un corpo astrale come Urano o Saturno, in effetti, per comprendere l’elevata occorrenza in natura di cerchi perfetti, disposti attorno al perimetro visibile di una sfera. Ma è nel preciso momento in cui lo sguardo si sposta verso l’esempio principale di quel tipo d’ambiente all’interno del Sistema Solare, la sfera rossastra del grande Giove, che le cose iniziano a farsi complicate. Poiché sussiste su di esso la macchia spropositata, sufficiente a inglobare tre volte la Terra, che costituisce una tempesta inesauribile da almeno 300 anni. Chi, o cosa, può averla causata? In che modo lo spostamento lineare della materia è stato condotto fuori dal suo binario, generando una tale cospicua, ingombrante irregolarità? Ma soprattutto, se una cosa simile può verificarsi su scala così ampia, fino a che punto l’ordinata massa dell’Universo può dirsi davvero prevedibile, ovvero una danza che risponde a crismi e regolamenti rispondenti alla logica dettata dagli astrofisici dei nostri giorni…
Non poi così lontano, è stato scoperto nel recente 2020, grazie ai dati raccolti nel corso della missione spaziale Gaia, così reinterpretati da un team internazionale composto, tra gli altri, da João Alves, Alyssa A. Goodman, Catherine Zucker. I quali si sono ritrovati ad annunciare tra l’incredulità dei presenti, durante un convegno ad Honolulu dell’inizio di quell’anno, la maniera in cui le nostre immediate vicinanze all’interno della Via Lattea apparissero caratterizzate, all’insaputa di tutti fino a quel particolare punto di svolta, da uno schema spaziale inaspettatamente preciso, battezzato per l’occasione e in onore dell’istituto di appoggio “l’onda di Radcliffe”. Una vera e propria struttura della lunghezza approssimativa di 9.000 anni luce e una larghezza di 400, distante “appena” ulteriori 500 dal nostro piccolo angolo di galassia. Il che suscita nei lettori di fantascienza l’immediata immagine all’inizio della Guida Galattica di Douglas Adams, in cui la collettività umana rischia di essere spazzata via per il vezzo di costruire uno svincolo della grande rete stradale interstellare. Ed è di questo, niente meno, che stiamo parlando: una ininterrotta concatenazione, o filo di perle dislocato in senso sinusoidale, di corpi luminosi alimentati dall’energia atomica, intervallati dalla stessa materia gassosa che permea le loro indistinte corone fiammeggianti. Il che potrebbe in ultima analisi farne, nell’opinione degli studiosi, la potenziale nursery o “forgia” mai osservata fino a questo momento storico, dimostrando ancora una volta l’importanza di mantenere una giusta prospettiva. Coadiuvata da una possente, inarrestabile marea di pixel, all’interno di sistemi tecnologicamente irraggiungibili ai nostri insigni predecessori col telescopio…

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Gli approcci già tentati per riequilibrare il grattacielo pendente di San Francisco

Cinque milioni di dollari sono una bella cifra, per qualsiasi privato cittadino, da investire nell’acquisto di un appartamento di lusso in uno dei più nuovi ed attraenti grattacieli della città del Golden Gate. Uno dei centri urbani più esteticamente attraenti della Costa Ovest ed invero, gli interi Stati Uniti, dal 2009 impreziosito ulteriormente da questa notevole creazione dello studio Handel Architects, costruito in base ai migliori crismi operativi del tardo Modernismo. Difficile immaginare perciò l’immediata reazione di personaggi del calibro del giocatore di baseball Hunter Pence, l’ex-quarterback Joe Montana e il magnate di Silicon Valley Tom Perkins alla ricezione della loro più fatidica E-Mail dell’anno 2016, in cui la Millennium Partners, società amministratrice dell’omonima “torre” di 58 piani e 184 metri ad uso per lo più residenziale, li aggiornava in merito ad un piccolo problema emerso con il loro acquisto maggiormente significativo degli ultimi anni: il grattacielo era sprofondato di un totale di 16 cm, sviluppando un’inclinazione totale di 15 in corrispondenza del suo ultimo piano. Ma non c’era assolutamente niente di cui preoccuparsi: salvo imprevisti, si trattava di un processo lento e facile da misurare, per cui un efficace piano di compensazione sarebbe stato implementato in tempo utile ed al di là di ogni possibile margine d’errore. La situazione nel suo complesso, tutto considerato, appariva tuttavia caratterizzata da una sostanziale mancanza di chiarezza: per quale ragione un problema simile era stato impossibile da prevedere? O in realtà qualcuno aveva saputo o sospettato il suo verificarsi, decidendo nondimeno di andare avanti con la vendita di appartamenti per un guadagno totale di circa 750 milioni di dollari? Corrispondenti ad un guadagno del 25% sui 600 milioni spesi fino a quel momento nella costruzione, anche senza considerare i guadagni ricorrenti derivanti dal ristorante interno e le altre amenità tipiche di un lussuoso edificio del XXI secolo, tra cui palestra, lounge con concierge privato e cantina dei vini. Lungi dall’essere una malcapitata vittima d’inappropriate circostanze, la compagnia di sviluppo si sarebbe trovata entro il 2017 al centro di un’investigazione approfondita da parte dell’amministrazione cittadina, che avrebbe trovato alcuni chiari segni di deperimento, tra cui crepe nell’asfalto della strada e discontinuità nei pavimenti a diversi livelli. L’accesso ad uno degli ascensori del parcheggio sotterraneo dovette inoltre essere inibito. Pur dovendo ammettere, nonostante tutto, che la situazione non era (ancora) sufficientemente grave da dover togliere l’abitabilità all’edificio. L’anno successivo, in una domenica di settembre, qualcosa sembrò smentirli: un forte rumore preannunciò la lunga crepa comparsa in una delle finestre al 36°, idealmente costruita in modo tale da poter resistere alla forza di un uragano. Come ampiamente prevedibile nel contesto dei tempi moderni e particolarmente entro il territorio dei litigiosi Stati Uniti, un episodio simile avrebbe contribuito ad incrementare il numero di cause legali, in parte già avviate dal marzo dell’anno precedente: da parte di un’associazione dei condomini verso l’architetto Handel, lo studio ingegneristico DeSimone e gli appaltatori Webcor; per conto dell’ufficio del sindaco nei confronti dell’intera Millennium Partners; e alquanto inaspettatamente, per volere di quest’ultima contro il vicino cantiere recentemente ultimato del Transbay Transit Center, l’avveniristico terminal degli autobus/spazio per eventi con parco pubblico sul tetto che pur trovandosi alle prese con lo stesso suolo infido della baia di San Francisco, aveva posizionato a loro dire il basamento senza particolare attenzione alla compattezza del sostrato antistante. Una strategia più o meno giustificata, ma comunque utile a ottenere un possibile risarcimento e nella migliore delle ipotesi, sviare parte della comprensibile acredine dei propri clienti nei confronti di una parte terza. L’effettivo intervento di riparazione avrebbe quindi avuto inizio nel 2018, con uno stanziamento di 100 milioni di dollari e sotto la supervisione dello studio ingegneristico Simpson Gumpertz & Heger. Dando inizio ad un diverso, ed altrettanto impressionante tipo di Odissea…

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Come Internet tralascia le trascorse implicazioni di una chiesa sbilenca

Appare strano voler individuare nella comunicazione di questo periodo, tra tutti quelli di cui abbiamo memoria, un qualsivoglia tipo di tendenza alla spensieratezza. Eppure forse proprio per la complicata concatenazione degli eventi, verso una stagione festiva tra le più buie di cui recenti (e non tanto recenti) giovani abbiano memoria, il desiderio di sorridere si fa quasi palpabile, con lo sguardo attratto da ogni cosa strana, surreale o insolita rispetto al prevedibile grigiore della pandemia incipiente. Ed è per questo che negli ultimi giorni, forse complice la sua ricomparsa all’interno di un montaggio dei “momenti più divertenti” del canale di URBEX “Exploring the Unbeaten Path”, questo particolare frangente registrato oltre un anno fa dai viaggiatori Bob Thissen & Frederik Sempels si guadagna (nuovamente?) uno status di video virale, circolando con un alto grado di visibilità tra i soliti canali social e i portali della stampa internazionale. Per una chiara ed evidente carica umoristica, sottolineata dalle contagiose risate dei protagonisti, che si aggirano increduli all’interno di un edificio religioso ragionevolmente integro, sebbene inclinato fino alla pendenza di 17 gradi, contro gli “appena” 3,97 della torre di Pisa. Una visione certamente insolita, che giustifica il divertimento di coloro che si trovano fuori contesto ad affrontare un simile fatto straniante, compresa la stragrande maggioranza degli spettatori digitali di quei momenti. Sufficientemente ragionevole potrebbe risultare, d’altra parte, un’aspettativa di maggior cautela ed approfondimento presso chi ha l’inclinazione a definirsi una testata giornalistica o d’informazione, piuttosto che la semplice didascalia sulla location disastrata, quasi si trattasse di un’insolita attrazione per i turisti di quel paese. Questo perché il villaggio di Ropoto, forse anche contrariamente alle apparenze, non è un parco di divertimenti come la “casa storta” di Mystery Spot vicino a Santa Cruz, in California. Ma l’effettiva conseguenza di un’ora derelitta, l’attimo abbastanza inaspettato in cui natura e aspirazioni dell’uomo, per una coincidenza di fattori, si trovarono a cozzare fortemente l’uno contro l’altra. Finendo per costare, molto, moltissimo, a un gran totale di 300 famiglie che abitavano nell’area circostante al palcoscenico inclinato di un così notevole show.
Che la Grecia sia un territorio geologicamente complicato, d’altra parte, è un fatto largamente dato per buono da ampie fasce di utilizzatori del senso comune, sebbene un tale assioma tenda a prendere direttamente in considerazione soprattutto i sommovimenti di tipo sismico, lasciando in secondo piano il secondo pilastro di un così potente potenziale di crisi: l’instabilità o mancanza di compattezza, dovuta alla composizione spesso incerta, del sottosuolo. Una piccola svista forse, ma dalle ramificazioni imprevedibili, soprattutto quando a commetterla sono proprio i pianificatori e supervisori dello sviluppo urbanistico, come quelli che cominciarono a inviare segnalazioni di strane crepe nei muri verso la fine degli anni ’60, motivando alcuni tentativi di sondaggio e un’evacuazione preventiva del centro cittadino. Se non che l’attesa ora del disastro sembrò tardare a palesarsi, così da indurre l’emergenza a rientrare formalmente ed un ritorno alle comuni iniziative architettoniche di un centro abitato dall’economia fiorente. Centrale nella verdeggiante e popolosa comunità della Tessaglia, situata non troppo lontana dalla città di Trikala, era sempre stata una redditizia industria agricola guidata dal successo e la qualità dei meleti locali, oltre alla presenza di un certo numero di distillerie, verso l’acquisizione di una piccolo tesoro che gli abitanti non avevano tardato a reinvestire nelle cose che trovavano maggiormente importanti. Con la costruzione di molte abitazioni ragionevolmente lussuose, ma anche la scuola, la grande chiesa, un capiente e moderno albergo. Sembrava in quegli anni che nulla fosse più facile da ottenere che un permesso edilizio, mentre ogni preoccupazione pregressa svaniva come un ombra verso l’orizzonte della brughiera. Questo almeno finché il 12 aprile del 2012, per una convergenza di fattori tra cui una lunga serie di piogge, successiva ad un periodo di temperature sufficientemente elevate da causare lo scioglimento di un ghiacciaio vicino, l’acqua di un torrente aumentò fino a penetrare attraverso gli strati permeabili del suolo. Primo capitolo, attraverso le pagine pregresse della nostra Storia, di un alto numero di tragiche frane o smottamenti…

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