Iterativa nel catalogo delle stranezze, curiosità e globali meraviglie che compaiono su Internet, è il ritorno di un improbabile quanto diffusa esagerazione proveniente da diversi paesi asiatici allo stesso tempo. La leggenda di una pianta particolarmente spettacolare, che cresce con la forma di una piramide fino all’altezza di “svariati metri” soltanto una volta ogni 400 anni. Qualche volta è inclusa una figura umana nelle immagini, non più alta in proporzione di quanto potrebbe esserlo accanto ad T-Rex. Laddove spesso un abile utilizzatore di Photoshop, o in tempi più recenti il momentaneo tramite umano per un semplice intervento dell’I.A, hanno ritenuto di renderne l’aspetto ancor più interessante, tramite l’aggiunta di vistosi fiori gialli, rossi, viola o arancioni. È la Singola Pagoda, il simbolo del cielo, la punta di una lancia verderame che in maniera solitaria spunta, dal compatto spazio sotterraneo dove regnano le insostanziali fantasie delle persone. Oh, nobile rabarbaro (se questo è veramente il tuo nome) perché al giorno d’oggi, neanche tu sembri più essere davvero abbastanza?
Qualora noi scegliessimo come spunto d’analisi, per qualche attimo ef a seguire tutto il tempo necessario, di riportare a proporzioni meno immaginifiche il nesso conico della questione, sarebbe il metodo scientifico a guidarci nella comprensione di un qualcosa che effettivamente esiste ed inserito nel suo tangibile contesto, per certi versi può essere considerato addirittura più notevole. Essendo un unicum letteralmente privo di termini di paragone. Membra relativamente rara della famiglia delle Poligonacee, cui appartiene anche il rabarbaro europeo, quella che in lingua latina viene definito Rheum nobile è una pianta erbacea originaria del Pakistan, del Nepal e del Bhutan, ma diffusa soprattutto nella regione indiana del Sikkim non lontano dall’ideale tetto del Mondo. Zona entro cui per la prima volta gli studiosi occidentali Joseph Dalton Hooker e Thomas Thomson si trovarono a descriverla nel 1855, durante un’escursione nella valle di Lachen all’altitudine di 4.300 metri. Quando non riuscirono, all’inizio, a categorizzarla in modo molto più specifico del mero regno di appartenenza. Immaginate dunque l’evidenza di una simile espressione vegetale, capace di raggiungere nella realtà dei fatti anche i tre metri d’altezza, in un ambiente dove tra le rocce scarne le poche forme di vita vegetative non si estendono comunemente oltre i pochi centimetri d’altezza, per proteggersi quanto possibile dal vento, dal gelo e i raggi ultravioletti in grado di bruciare le loro foglie. Non che questo sembri preoccupare, in alcun modo, quello che può essere soltanto definito come il mistico sovrano del suo ambiente inospitale di provenienza…
montagna
In partenza sul binario di Taishun, l’unica monorotaia concepita per nutrire il pollame
Perfettamente carico, pienamente in orario, sempre al centro della festa per un pubblico di migliaia di utilizzatori nel quotidiano. Il treno più efficiente dell’intero paese degli Han è stato identificato e si trova nella contea di Taishun presso Wenzhou City, all’interno della prefettura dello Zhejiang. Dove dentro al terreno di una fattoria che si sviluppa verticalmente, dal ritorno nel paese natìo di un membro della generazione degli anni ’90 di nome Dong Quanlikou, le operazioni sono state riorganizzate in base al metodo di una macchina ben oliata. O per meglio dire, la carrozza da trasporto, facente parte di un sistema dei trasporti che già conosciamo molto bene, pur non avendolo mai visto applicato in questo particolare contesto. Siamo qui al cospetto, in effetti, di un allevamento da circa 10.000 galli e galline della razza Ayam Cemani, anche noti come polli neri per la colorazione che caratterizza la loro pelle, piume e bargigli. Esseri dalla sublime dignità ed eleganza, tranne che in un ricorrente attimo, quello della nutrizione sistematica mediante consegna di becchime per intercessione dei loro padroni umani. Un tipo di rituale capace di richiedere in origine, per un luogo come questo, diverse ore di lavoro spacca-schiena nel trasporto di pesanti sacchi su e giù per la montagna. Dal che l’idea di ricercare un margine migliorativo, non soltanto un mero efficientamento dei metodi, bensì una vera e propria rivoluzione del sistema di ascesa verticale del tragitto fino ai 700 metri sommitali sul livello del mare. Si dice a tal proposito che soltanto con la costruzione della via ferrata, il Vecchio West sia stato reso effettivamente democratico, permettendo a tutti di raggiungere le fertili sponde della California e gli altri stati adiacenti. Così come qui all’interno della vecchia Europa, la distanza tra Roma, Parigi, Berlino etc. è stata virtualmente ridotta anche senza l’uso degli aerei, grazie all’uso di vetture ferroviarie super-veloci. Mentre di per se questo luogo ameno, noto come 冬瓜的高山农场 (Dōngguā de gāoshān nóngchǎng – “Fattoria del Melone d’Inverno”) sta cercando di far scuola grazie al social cinese Douyin (TikTok) dove Mr. Dong risulta essere, al conteggio attuale, un utente da oltre 400.000 follower. Con diverse trattazioni televisive e da parte dei quotidiani nazionali nel suo pregresso…
L’incomparabile minimalismo intermittente dei due ponti all’ombra del Karakorum
“C’è sempre di peggio a questo mondo. Almeno non è fatto di vetro, giusto?” Con un persistente senso di capogiro, volgi lo sguardo innanzi all’esperto viaggiatore che, per qualche ragione, ha scelto di farti guida in questo attraversamento infernale. L’amore per l’adrenalina dimostrato nello strano Luna Park cinese delle montagne dello Hubei compare brevemente nei tuoi ricordi, assieme alle immagini dei celebri arrampicatori dell’Est Europa in bilico presso il perimetro dei grattacieli. Certo, non può essere così terribile alla fine. Non stai partecipando allo Squid Game. Alzi gli occhi al cielo, quindi guardi nuovamente in direzione dei tuoi piedi. Grosso errore: c’è uno spazio di 30 centimetri circa tra la punta delle scarpe e il vuoto assoluto. Quindi almeno il doppio in termini di spazio negativo, prima che sia possibile poggiarsi nuovamente senza precipitare nel vuoto assoluto. “Guarda, se anche dovessi cadere, probabilmente non finiresti per farti così male. Di sicuro la corrente di porterebbe un po’ più a valle! Ma la gente del villaggio farebbe di tutto per tirarti a riva, te lo garantisco.” Grazie mille, oh misterioso connazionale che sembra avere il ghiaccio nelle vene e al tempo stesso, sulla base di notevoli esperienze pregresse, il Pakistan nel cuore. Con un rapido sospiro (che altro potresti fare?) Metti il piede destro oltre il balzo e sulla traversina successiva. Dovrai farlo soltanto altre 200 volte per poter dire di aver portato a termine la sfida. La superficie oscilla minacciosamente nel vento. Ma questa non è neppure la parte peggiore. Poiché è innegabile che dopo, in un modo o nell’altro, dovrai necessariamente tornare INDIETRO.
Antichissima è la storia degli insediamenti umani della valle di Gojal, una regione pedemontana che di trova situata all’ombra della seconda catena montuosa più elevata al mondo. E di sicuro, per le specifiche caratteristiche topografiche nonché la natura accidentata dei pochi sentieri disponibili, la meno abitata tra gli interi recessi dell’Asia meridionale. Eppure queste terre, nel corso dei secoli o persino millenni, sembrerebbero aver attratto le persone stolide, gli ostinati, coloro che volevano costruirsi un futuro possibile lontano dall’influenza dei grandi gruppi politici e religiosi. Costruttori di rudimentali case edificate con semplice pietra estratta localmente, capaci di trarre nutrimento dalla pastorizia e l’agricoltura praticate in condizioni di mera sussistenza. In luoghi come Passu, un villaggio attualmente abitato dai membri di 7 famiglie, le uniche rimaste dai fasti delle 300 anime qui situate fino al termine del XVIII secolo. Epoca in cui, come già successo in precedenza, il vicino fiume di Hunza sarebbe straripato a causa di piogge eccessivamente intense, portando la devastazione tra le dimore, i campi e frutteti di coloro che tanto avevano fatto e fino a tal punto avevano tribolato, al fine di facilitarsi per quanto possibile l’esistenza. Eppure, non tutti emigrarono, non tutti persero la speranza. Questo perché restava pur sempre possibile, armandosi di forte volontà ed il giusto senso di abnegazione, procurarsi le risorse necessarie commerciando coi borghi vicini. Ciò facendo affidamento su una rete di sentieri, ed attraversamenti fluviali, che neppure una catastrofe di grande portata avrebbe potuto spazzare via a discapito delle generazioni future. E del resto quale corrente, tra tutti le casistiche idrologiche, sarebbe occorsa per riuscire a scardinare un ponte che era già per il 50% privo di alcuna tangibile sostanza?
Lo strano fascino della falesia sulla cuspide del grande fiordo norreno
Il paradosso dell’adrenalina che rapidamente irriga la coscienza dei momenti è il modo in cui il trascorrere del tempo pare dilatarsi, rallentare fin quasi a fermarsi. Eppure ogni preoccupazione viene allontanata, grazie all’imposizione formidabile del “qui” ed “adesso”, sovrapposto alle propagazioni divaganti della nostra percezione imperfetta. La gente, intesa come collettività indivisa correlata alle pesanti problematiche del mondo corrente, può essere perciò disposta ad ogni cosa pur di mettere il proprio organismo in condizione di recepirla. Persino vivere, del tutto temporaneamente, l’attimo ipotetico che incombe sul momento finale, quella sensazione di poter morire per un minimo di transitorio straniamento. Sul termine del tempo e dello spazio, che convergono così: 984 metri sopra il Lysefjorden! Entro una piattaforma quadrangolare non più larga di un campo da tennis! Assieme ad altre 20 o 30 persone alla volta che si agitano, camminano, saltellano e si siedono il più possibile vicino al bordo! Altrimenti come mai potrebbero riuscire a catturare la foto per Instagram… in cui il mondo pare un modellino, con l’abnorme nave da crociera non più grande di un soprammobile lasciato lì dai giganti? Questa è ormai da tempo Hyvlatonnå, la roccia del “Dente della Pialla” o come hanno deciso di ribattezzarla in questo secolo, Preikestolen, ovvero semplicemente “il Pulpito” o “la Sedia del Predicatore”. Un ipotetica figura mitologica, che stagliandosi tra il mare e il cielo avrebbe il compito di far capire al proprio pubblico tutta l’incomparabile maestà dell’universo e ciò trova il modo di accentuarne il senso e quella logica profonda. Per cui oggi una formazione rocciosa di granito, creata dall’arrivo di preistorici ghiacciai alle crepe di un pendio incombente, potrebbe un giorno staccarsi e precipitare rovinosamente nell’abisso sottostante. Ma questo non succederà entro il dipanarsi della nostra vita o quella dei nostri nipoti, come ampiamente garantito con precisi modelli anche dai geologi del servizio statale, pienamente al corrente della vistosa crepa visibile ai margini della falesia. Così coinvolti presso questo sito per la sicurezza delle moltitudini, pronte a trasformarlo in improbabile attrazione da centinaia di migliaia di turisti ogni anno. Nonostante la collocazione relativamente remota e la necessità di camminare diverse ore al fine di raggiungerne il punto cruciale. Qualcosa che dovrebbe idealmente cambiare il nostro rapporto con la vita, con la morte e tutto quello che si trova nell’ideale spazio di tempo intercorso. Possibilmente lasciando l’opportunità di ritornare a valle tutti interi, raccontando l’ampia gamma di profondi sentimenti occorsi…