Nell’intrinseco funzionamento di una mappa, è sottintesa la corrispondenza il più possibile diretta tra il disegno grafico e l’apprezzabile realtà che aspetta gli automobilisti. Così che un tratto longitudinale indica una pratica autostrada, quello curvilineo è il tipico percorso regionale tra colline disparate, laddove l’ascesa in cima a un picco viene presagita normalmente dal ripetersi di quell’alfabetica e altrettanto familiare effige, riassumibile nell’impressione tortuosa dell’ultima lettera Z…Z…Z. Poiché sussistono dei limiti oggettivi, nella preferibile pendenza verticale dei tragitti veicolari, derivanti dalle pratiche limitazioni di motore, freni ed il sempre fondamentale peso a pieno carico di eventuali autocarri ed altri mezzi destinati a fare l’utilizzo presumibilmente quotidiano del passaggio in questione. Chiunque avesse l’intenzione, d’altra parte, d’inoltrarsi sopra quattro ruote nella municipalità di Minzhu, contea di Wuxi, regione maggiore di Chongqing, potrebbe trovarsi al pratico cospetto di un’inaspettata anomalia. Allorché quello che appariva sulle proprie carte digitali come una sorta di rettangolo, poco più che un sovrapporsi di linee troppo vicine onde evitare una parziale compenetrazione, giungerà a trasformarsi nei fatti in un tragitto di esattamente 453 metri lineari; la perfetta manifestazione, dal fondo verso la cima, di un sentiero concentrato dal bisogno effettivo e architettonico che ha dato vita alla sua stessa esistenza: quello di ascendere (o discendere) in corrispondenza di un luogo distante ed altrettanto avito. La surreale residenza che nei mistici scenari dei dipinti compariva, tanto spesso, come basamento degli ornati templi o leggendarie residenze dei saggi immortali taoisti. Procedi nel percorrere quell’iter temporale, d’altra parte, che conduce dall’epoca del mito alla normalità presente, per trovare un’effettiva comunità negli alti luoghi, di 137 residenti il cui accesso ad ospedali, scuole ed eventuali fonti di approvvigionamento passava per il tramite d’irti passaggi pedonali, nei fatti del tutto simili ad un’escursione ricercata dagli esperti praticanti dell’alpinismo situazionale. Ma se c’è una cosa che le vigenti politiche dello stato cinese tendono ad anteporre alla conservazione senza scopi dell’erario, è la costruzione di vertiginose e affascinanti soluzioni infrastrutturali. Così frequentemente motivate dal bisogno, fortemente percepito, d’includere comunità rurali nelle vaste istituzioni amministrative di quello che era stato, precedentemente, il Celeste Impero. Quale miglior modo, conseguentemente, d’investire 4 milioni di yuan nel 2012, poi seguìti da ulteriori 2 nel 2019 (per un totale corrispondente a circa 700.000 euro) al fine d’implementare la più fantasiosa soluzione veicolare immaginabile, un quasi letterale scivolo di cemento ricoperto d’asfalto in 18 tornanti distanziati dallo spazio di pochi metri ciascuno, forse l’unica soluzione disponibile onde condurre al pratico coronamento il complicato obiettivo di partenza. Incrementare le distanze (orizzontali) comprimendole all’interno di un’altezza verticalmente distribuita. Come l’interno di un imbuto ingigantito fino a proporzioni paesaggistiche, pesante al fine di occupare uno spazio preciso…
Diventata celebre nel corso degli ultimi mesi grazie all’originale condivisione da parte degli utenti di WeChat/Weibo/Douyin, la strada originariamente definita come semplice via d’accesso Tianping (天平 – del “Cielo Pacifico”) si è vista dunque attribuire collettivamente l’addizionale soprannome di Lingpaishi Road (令牌石 – “Strada del Gettone di Pietra”) causa l’immaginario movimento avanti e indietro, ma soprattutto verso il basso e lungo il tipico tragitto diagonale che ricorda quello della monetina o conio usato per l’attivazione di un meccanismo. La cui deposizione, nel metaforico caso qui evidente, avrebbe dovuto essere quella dell’intero canyon nell’antistante vallata dei monti Daba, tra i principali patrimoni paesaggistici della Cina sud-occidentale. Uno di quei luoghi, in altri termini, che oggi si viene indotti ad ammirare nei frequenti video pubblicati online, con passi montani scenografici dotati d’improbabili ascensori, ponti trasparenti o vie ferrate culminanti in scale di pietra verso irraggiungibili templi montani. Il che costituisce il fascino, ed al tempo stesso la probabile problematica di fondo per un luogo inerentemente liminale come la Lingpaishi. Costruita verso la ricerca di una funzionalità soprattutto pratica, nella maniera esemplificata dalla sua prima iterazione che, a quanto riportato online, risultava persino priva degli odierni parapetti in cemento aggiunti nel 2019. Non essendo stata calibrata in alcun modo per accogliere il volume di traffico portato anche da un limitato turismo d’avventura, proveniente da ogni parte della nazione. In assenza di vere e proprie zone di sosta o effettive piazzole di manovra, sostanzialmente sostituite dall’apice dei tornanti stessi, che in corrispondenza di ciascuna svolta offrono uno slargo funzionale al mantenimento della necessaria viabilità in entrambi i sensi. Ma basta introdurre all’interno di una simile equazione automobilisti inesperti, o il semplice aumento di veicoli oltre gli orari e o circostanze dettate dall’abitudine, per vedere un’incremento del rischio d’incontri a metà del tragitto, con conseguente manifestazione del problema logistico di proporzioni tuttalpiù evidenti: che qualcuno debba fare marcia indietro verso il fondo della valle. Con conseguenze o rallentamenti non sempre facili da prevedere. Fatta eccezione per il tipo d’influencer maggiormente responsabili che abbiano selezionato come metodo dimostrativo il semplice chiedere un passaggio ad autisti autorizzati di camion o furgoni, più che disposti ad accoglierli a bordo dietro l’occasione di un piccolo guadagno materiale o di celebrità. Dopo tutto, la compagnia di un passeggero non necessariamente un peso, soprattutto lungo il tramite di un tragitto tanto difficile e per sua natura dolorosamente ripetitivo.
Ciò che Lingpaishi dimostra è come l’estetica derivi tanto spesso dalla funzione. E ciò che viene edificato come ambiziosa risposta ad un gravoso problema sia inerentemente dotato di un fascino fondamentale latente, che parla ai nostri stessi collegamenti sinattici dedicati alle stagioni dell’ambizione sconfinata. Quello stesso tentativo costante, straordinariamente umano, di superare il limite imposto dalla natura, rendendo l’impossibile non soltanto possibile, ma persino facile da condurre a reiterato coronamento. Così come recita da sempre il corollario dell’incremento delle facilitazioni allo stile di vita: “Non c’è vero progresso, finché un’innovazione tecnologica non raggiunge la maggioranza.” Un principio tanto efficacemente espresso, dalla propensione tipicamente orientale ad anteporre le necessità della sfera pubblica a quelle che appartengono all’individuo ed il suo iter privato. Distinzione non così fondamentale come si potrebbe tendere a pensare, in tutti quei contesti in cui i due aspetti si muovono in parallelo. Lungo quell’esposizione percorribile dalle vaghe implicazioni onomatopeiche, grazie ripetuto suono che diventa strada: Z…Z…Z.


