Saab 35: le ali del drago che rischiò d’invertire le regole del combattimento aereo

Tirando a se la cloche per una ripida cabrata, Göran guardò l’acqua del Mar Baltico che scompariva ai lati del suo quadro comandi. La luce del sole di mezzogiorno, intensa per quanto possibile all’attuale latitudine dell’anno 1985, filtrava a sprazzi tra le nubi soprastanti. E fu in quel preciso attimo che il radar d’intercettazione del suo agile Saab 37 Viggen cominciò ad emettere un suono insistente accompagnato dal nervoso senso d’aspettativa. Era lui… Probabilmente. Il leggendario asso del gruppo di volo Bråvalla, con base a Norrköping. Uno dei primi, nella storia della Flygvapnet (Aviazione Svedese) ad aver ricevuto l’incarico di pilotare il più significativo velivolo nella storia ingegneristica del paese. Ancora in quel remoto giorno, quasi 30 anni dopo, perfettamente in grado di competere in un duello contro caccia costruiti in base a crismi maggiormente tradizionali. Tanto che tra Göran e gli altri del suo stormo, poco prima dell’esercitazione annuale con combattimenti simulati nei cieli di Gotland, era stata indotta una sfida: “Caffè pagato per un anno a chiunque di noi riesca a metterne uno alle strette, abbastanza da costringere il pilota a fare LA COSA.” Già, la “cosa”. L’accidentale scoperta, nata da un errore di progettazione, che nessuno si sarebbe mai sognato d’impiegare in un combattimento reale. Eppure in determinate condizioni, avrebbe potuto costituire una vera e propria arma finale. Ecco dunque, al termine della manovra, l’inconfondibile sagoma del Draken che faceva la propria comparsa nel suo raggio visivo, a una distanza più che sufficiente per lanciare un missile a lunga gittata. Se ciò fosse stato effettivamente concesso, nelle istruzioni operative di quella particolare giornata d’addestramento incentrata sul combattimento ravvicinato con le mitragliatrici. Mentre il nemico si avvicinava da dietro, il pilota della Bråvalla capì ben presto di non avere la velocità necessaria a districarsi dall’inseguimento del Viggen. E mentre Göran si apprestava a premere il grilletto per “fare fuoco”, d’un tratto, cambiò forma, scomparendo improvvisamente dal radar. Come un caccia trasformato in robot bipede in una serie a cartoni animati, ma con l’approssimativa forma di un albero di Natale. E la stessa propensione a muoversi da un punto definito dello spazio, del Cielo. D’un tratto immobile e ben presto, situato al sicuro dietro l’aereo che tentava di raggiungere la posizione di mira! Il mondo sembrò capovolgersi, mentre le ragionevoli aspettative della fisica aeronautica svanivano, tra le fauci spalancate del serpeggiante dio Cobra.
Progettato inizialmente sulla base di condivisibili aspettative poco dopo il termine della seconda guerra mondiale, il Saab 35 “Draken” avrebbe potuto rappresentare il tipico intercettore della metà degli anni ’50, veloce, maneggevole per quanto possibile e pesantemente armato. Una scelta inaspettatamente valida dell’ingegnere Erik Bratt, coadiuvato dalla propria squadra di oltre 500 aiutanti, avrebbe tuttavia cambiato le fondamentali regole del gioco. Poiché fu necessario prendere atto come le specifiche esigenze dettate dal comando aereo, incidentalmente, fossero del tutto ragionevoli con una configurazione delle ali a doppio delta e priva di un impennaggio di coda di tipo tradizionale. L’idea che venne posta al vaglio, dando inizio ad uno dei più estensivi programmi di test nella storia dell’aviazione militare scandinava, avrebbe perciò condotto a un nuovo tipo di aeroplano, in cui carlinga e ali non avevano un punto di cesura definito. Ma piuttosto collaboravano in un unico, strano ed affascinante obiettivo finale…

Caratteristica insolita del carrello d’atterraggio del Draken è la presenza di un ruotino posteriore, capace di farne a tutti gli effetti una sorta di “doppio triciclo”. Ciò principalmente al fine di proteggere la parte posteriore durante il sollevamento da terra.

Inizialmente messo in modo tangibile alla prova con il modello in scala del 70% Saab 210, denominato affettuosamente Lilldraken (draghetto) fatto decollare nell’anno 1952, l’insolito approccio del team di Bratt rivelò ben presto tutti i suoi principali punti di forza. Di un velivolo molto più agile delle aspettative, nonché incline ad imbrigliare le forze aerodinamiche per l’ottenimento di ottime prestazioni di velocità ed accelerazione. Al punto che si narra, nelle cronache ufficiali, di come uno dei tre primi prototipi a dimensioni reali risalenti al 1955, appena dotato di un sistema di post-bruciatori, avesse “accidentalmente” superato la velocità del suono in fase di decollo, causando non poco spavento nel pilota incaricato di metterne alle prova le imprescindibili prerogative. Ben presto, il Draken svelò dunque la sua velocità massima di 2.450 km/h (Mach 2+) sufficiente a farne il più performante aereo militare prodotto fino a quel momento nella storia dell’Europa Occidentale. Eppure l’entusiasmo di ogni figura professionalmente coinvolta, di lì a poco, avrebbe subìto una significativa battuta d’arresto, quando cominciò ad emergere un aspetto precedentemente non ancora considerato: la maniera in cui la particolare forma dell’aereo tendesse a renderlo inerentemente instabile, soprattutto in fase di atterraggio, potendo entrare in una condizione di totale incontrollabilità chiamata con il termine di “super-stallo”. Emerse perciò preponderante la necessità di sottoporre i piloti futuri ad un particolare tipo di addestramento intensivo, concentrato nell’ingresso intenzionale, e conseguente uscita da una tale situazione di pericolo. Con una manovra impressionante che tendeva, nella maggior parte dei casi, a far fermare o addirittura muovere all’indietro il caccia nel particolare attimo saliente di quei momenti. Qualcosa che avrebbe potuto, non ci volle molto a capirlo, dimostrarsi potenzialmente utile in determinati frangenti di un ipotetico conflitto ravvicinato.
Ora se la vita reale rispondesse alle regole di Hollywood, quella che gli svedesi chiamarono metaforicamente kort parad (“parata corta” o riposte) ma il resto del mondo avrebbe scelto piuttosto di definire, per ragioni largamente ignote, come “il cobra” avrebbe fatto la sua ripetuta comparsa sopra i campi di battaglia, permettendo a più di uno spericolato esecutore di trasformare un incombente sconfitta in spettacolare attimo di rivalsa contro il suo avversario. Ma nella realtà dei fatti l’applicazione del cobra si dimostrò essere piuttosto limitata: troppa dell’energia tanto importante nel conflitto ad alta quota veniva conseguentemente dissipata, mettendo effettivamente l’esecutore in una condizione da cui difficilmente avrebbe potuto contrattaccare, esponendosi a un secondo e potenzialmente fatale assalto dell’avversario. Ciononostante, si racconta di come la manovra abbia sorpreso più di un pilota sovietico nel corso della guerra fredda, durante le operazioni d’incursione fortunatamente non-violenta praticate al confine coi paesi del gruppo scandinavo, mirate a mettere alla prova le difese aeree dei loro vicini. Possibilmente istituendo il regime sincretistico tra alcuni dei più abili piloti della propria epoca, che avrebbe portato famosamente il russo Viktor Pugachev a dimostrare il cobra nell’antologico airshow di Parigi del 1989, a bordo di un altrettanto maneggevole Su-27. E da quel momento nessun videogioco più o meno liberamente basato sulla realtà, quanto meno, sarebbe più stato lo stesso.

L’aspetto della cabina di comando di molti Draken, ancora oggi perfettamente in grado di volare, mostra l’antichità di questi velivoli e la loro lunga storia operativa. Benché alcuno di loro si sia mai trovato, effettivamente e per la fortuna di noi tutti, a prendere parte ad alcuna battaglia.

Nelle numerose trattazioni del Draken incentrate sulle sue particolari doti prestazionali, si tende d’altra parte a dimenticare i numerosi altri pregi di cui era dotato l’aereo. Per cui la Saab aveva dovuto prevedere l’adesione agli specifici criteri operativi dell’Aviazione Svedese, adattata fin dall’immediato dopoguerra al fine di rispondere all’ipotetica minaccia nucleare di una superpotenza molto più attrezzata di loro. Proprio per questo eccezionalmente affidabile e resistente, con appena 15 minuti di manutenzione prevista per ogni ora di volo (letteralmente un’inversione della consuetudine) un singolo stormo di questi caccia poteva mantenersi operativo per un tempo pari a quello di due o tre composti di altre tipologie di aerei. Con i singoli membri mantenuti in grado di atterrare, in maniera particolarmente iconica, sulle strade appositamente rinforzate del paese, venendo riforniti e riarmati da riservisti nel giro di un tempo estremamente breve. Per tornare, quanto prima, a poter fare la differenza nei cieli.
Entrato ufficialmente in servizio nel 1955, il Draken si sarebbe quindi dimostrato uno degli aerei militari in grado di restare utile per un periodo più lungo, anche successivamente all’introduzione del più moderno Saab 37 Viggen a forma di freccia. Ben oltre la cessazione della produzione nel 1974, con numerosi programmi di aggiornamento dell’avionica e delle armi fino al caso estremo dell’Austria, che lo avrebbe ritirato soltanto nell’anno 2005, successivamente al tardivo acquisto di un certo numero di F/A-18 di concezione statunitense. Forse più veloci, certamente più attrezzati dal punto di vista della guerra elettronica e versatili nella pletora di applicazioni possibili. Ma che mai, in nessuna circostanza, avrebbero potuto mettersi d’un tratto perpendicolari al proprio senso di marcia. Acquisendo, per qualche determinato attimo, la qualifica letale di un serpente velenoso.

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