Uomo intrappola sotto il coperchio trasparente un mostruoso centopiedi hawaiano

Plurime lancette di un insolito meccanismo per segnare il tempo. Al primo giro, sono già passati 10 anni. Dopo il secondo almeno un secolo. Ed al terzo periscono le intere civilizzazioni, al concludersi geologico di un’Era. O almeno così sembra, mentre l’ultimo terrore immobilizza la coscienza come la migliore droga psicotropica, trasportando l’immaginazione oltre l’empireo regno della razionalità presente. Sta rimbalzando in questi giorni tra le sfere delle trattazioni social e le diverse bacheche del grande forum Reddit, una scena prelevata direttamente da quello che dovrebbe essere, in un mondo ideale, soltanto un semplice film dell’orrore. Ma costituisce piuttosto, con vertiginosa evidenza, la testimonianza diretta di una frenetica sera di vita vissuta, presso il più remoto ed oceanico dei 50 territori statunitensi. Il che ci porta all’interrogativo, assai difficile da tralasciare, di come, esattamente, sia stato possibile giungere fino a questo punto! Con il Diavolo sotto un coperchio; quando il demonio, come sua implicita prerogativa, aborrisce la fabbricazione dei coperchi…
E in fondo, chi l’avrebbe mai detto? Che fossero così veloci. Una volta e mezza la lunghezza del loro corpo AL SECONDO, in condizioni di deambulazione relativamente “normali”. Ma una volta trasferite nel reame del più puro panico, almeno a giudicare da una simile sequenza, anche più di questo ed abbastanza, oggettivamente parlando, per gettare nello sconforto le legittime aspettative di dovesse assistere a una tale scena dentro le atterrite mura di casa sua. Stiamo parlando, per la cronaca, di quello che può essere soltanto il centopiedi asiatico o Scolopendra subspinipes, fino a 20 cm di acuminato incrocio tra un ragno ed un serpente, dotato di 22 segmenti ed almeno nella maggior parte dei casi, 44 zampe. Di cui le due anteriori prensili e fatte per immobilizzare la preda, poco prima di affondare le sue zanne avvelenate nel suo corpo impreparato o dormiente. Con conseguenze non sempre facili da prevedere, ma nefaste nella maggior parte dei casi. Persino… Per le persone. Esistono nei fatti tre sole specie di centopiedi in tutto l’arcipelago hawaiano, teatro titolare di questo incontro al limite con il Creatore, di cui due native e non più lunghe di 5 cm, nonché prive di un veleno che possa dirsi clinicamente rilevante. Ma è soltanto una quella abituata a penetrare nelle abitazioni, alla perenne ricerca di luoghi umidi e caldi, per arrampicarsi su pareti e qualche volta, orribilmente, cadere; e caso vuole che sia anche quella più pericolosa ed una delle maggiormente diffuse al mondo. Nessuno sa per quale tramite questa imponente specie di scolopendra sia riuscita a diffondersi dall’Asia alla Russia, la Malesia, l’Indonesia, l’Australia e persino i Caraibi americani, presso cui si sospetta al minimo un qualche tipo di assistenza accidentale da parte dell’uomo. Tutti concordano, comunque, nel tenersene a ragionevole distanza, in forza della sua rinomata aggressività ed il pericolo implicito del suo probabile morso. Esperto e svelto predatore capace di catturare prede anche molto più grandi di lei, compresi roditori ed altri piccoli vertebrati, la scolopendra è infatti solita fare affidamento sulle sue tossine in grado d’inibire i canali ionici del sistema nervoso, inducendo spasmi, paralisi e un dolore particolarmente intenso. Con un’efficacia tale da poter arrecare immediata sofferenza anche in una persona adulta, sebbene i morsicati siano raramente a rischio di sopravvivenza, a meno di condizioni pre-esistenti o reazioni allergiche inaspettate. Si ha in effetti un singolo caso registrato di una morte causata dalla S. subspinipes, che si configura come un caso particolarmente tragico e non particolarmente rappresentativo, durante il quale una bambina di sette anni venne morsa nelle Filippine alla testa, permettendo al veleno di raggiungere immediatamente il cervello. Racconto dal contesto molto differente, che tuttavia non serve certo a sdrammatizzare una situazione di crisi come quella mostrata nel breve video di Reddit, soprattutto quando si considera che prima o poi, il coperchio della pentola dovrà essere rimosso. E non è certo facilissimo, né in alcun modo intuitivo, riuscire ad uccidere una scolopendra…

Lo YouTuber malese Sahabat Alam, seguendo le orme del famoso entomologo Schmidt, offre la sua stessa carne alla scolopendra, al fine di rendere apprezzabile l’effetto difficilmente misurabile del suo morso. Che viene formalmente paragonato, come dolore, a quello di una grossa vespa. Ancorché l’effetto psicologico, probabilmente, debba pesare sensibilmente sull’esperienza.

Rappresentanti a pieno titolo del phylum dei Chilopoda, suddivisione artropode di pari livello a quella degli insetti o aracnidi dei nostri giardini, questi esseri carnivori presentano in effetti alcune delle migliori difese fisiche offerte per creature della loro dimensione. A partire dalla corazza chitinosa, che gli ricopre l’intero corpo estendendosi fin sopra la testa, impenetrabile al morso di qualsiasi creatura di pari dimensione. Ma soprattutto risultano naturalmente resilienti ad ogni tipo di assalto che non colpisca direttamente, e contemporaneamente, una maggioranza dei loro organi vitali. Ed il repertorio internettiano è pieno di racconti aneddotici, assai difficili da verificare, di persone che avendo tagliato a metà uno di questi centopiedi, si sono ritrovati semplicemente con due pezzi che continuavano ad agitarsi correndo in giro per la stanza, non riuscendo perciò a verbalizzare la necessaria conferma di uccisione. Unico sistema realmente valido, quello dell’impiego di una certa quantità di detersivo, sostanza capace d’inibire la capacità respiratoria del sistema tracheale della scolopendra, non dissimile da quello degli insetti, causandone l’immediato soffocamento. Il che non è sempre semplicissimo, quando ci si trova in campeggio o se ne incontra una nel giardino di casa, sapendo che prima o poi troverà il modo d’insinuarsi sotto l’uscio e venirci a fare visita, quando meno ce l’aspettiamo.
Affermazione con la quale non voglio certo sottintendere che tutte le scolopendre debbano per forza essere uccise, persino negli ecosistemi tropicali dove sembrerebbero essere state introdotte in modo artificiale, come quello hawaiano. Prolifiche quanto basta, ma non modo eccessivamente lesivo all’ecosistema, esse vantano un impatto di natura meramente generalista, nutrendosi di vermi, larve di scarabei e collemboli, oltre all’occasionale preda vertebrata, cui danno la caccia utilizzando soprattutto le antenne ricoperte da una struttura chemioricettiva discoidale, piuttosto che gli occhi piuttosto primitivi. Interessante anche la loro biologia riproduttiva, che prevede successivamente all’incontro tra maschio e femmina il rilascio da parte del primo dello spermatoforo, una sacca contenente il materiale genetico che verrà disposto strategicamente a terra, affinché lei possa prelevarlo e depositarlo all’interno del suo corpo. Eventualità incoraggiata, in alcune specie di scolopendre, da una danza di corteggiamento che non sembrerebbe tuttavia essere stata mai registrata dalla scienza per quanto concerne la specie asiatica. Segue un periodo alquanto sorprendente, durante cui la madre proteggerà e presterà tutte le cure possibili alla sua prole, proteggendo i 15-60 piccoli dalle infezioni fungine all’interno del nido spesso ricavato nel legno marcescente e nei casi più estremi, avvolgendosi in maniera commovente attorno a quella massa brulicante, per nasconderli allo sguardo di eventuali predatori, come gli uccelli. Per eredi che, una volta raggiunta l’età adulta, saranno pronti a ricompensarla divorandola senza particolari esitazioni né alcun tipo di rimorso; perché anche questo, fa parte del terrificante stile di vita della scolopendra. Un sistema crudele e più che mai efficiente, nonché applicato solamente nel caso di esemplari che hanno già raggiunto la senilità, quando si considera una durata della vita misurabile tra i 5 ed i 6 anni, sensibilmente superiore a quello della maggior parte degli altri artropodi predatori. Tanto che nell’opinione dei buddhisti tibetani, la reincarnazione in una scolopendra doveva costituire la punizione karmika ideale per chi avesse trascorso un’intera vita a terrorizzare gli altri, prima di procedere verso ulteriori, ed ancor più bassi stati dell’Esistenza.

Scolopendre: la prova fisica che l’amore materno non conosce alcun tipo di confine. Tranne quello tratteggiato da uno strato di placche corazzate, da cui s’irradiano le zampe artigliate di una pur sempre amorevole fine.

Nel caso di eventuali incontri (troppo) ravvicinati con questo aggressivo miriapode, totalmente diverso dal pacifico ed erbivoro millepiedi, il miglior consiglio possibile è tentare di tenersi a distanza. Ma qualora ciò non dovesse rivelarsi possibile, semplicemente perché il frangente è riuscito a palesarsi tra le anguste mura della propria casa, l’approccio dello sconosciuto utente internettiano non è affatto male: restringere i movimenti della belva, prima di sfruttare uno dei pochi metodi di comprovata efficienza per rimuoverla dal pool biologico della sopravvivenza futura. Oppure, nel caso di persone particolarmente coraggiose o amanti della natura, tentare frettolosamente di trasportarla fuori e lontano dalle circostanze conflittuali, assumendosi tutte le responsabilità del caso. Il che costituisce, in via immediata e definitiva, l’accumulo di un credito buddhista in vista delle incombenti vite future. Impedendo forse un giorno, ad un ulteriore centopiedi di manifestarsi su questa Terra. Ma non credo sia particolarmente probabile, che un tale tipo di encomiabile misericordia abbia ragione e metodo di essere portata a compimento, alle Hawaii o in qualsiasi altro luogo del mondo.

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