Tra le varie scene fuori dal comune che possono essere finalmente mostrate al pubblico, grazie all’impiego di una semplice telecamera personale, campeggiano in primo piano gli ambiti professionali più diversi. Sono davvero molte, allo stato dei fatti, le attività lavorative che quotidianamente trovano i loro capaci esecutori, mentre per il resto della popolazione apparivano improbabili, fantasiose o deliranti. C’è di mezzo, in genere, l’arrampicata, o il volo a corpo libero con pratici paracadute; poiché niente ha una maggiore immediatezza, nel coinvolgere ed emozionare, che un’espressione di vertiginosa verticalità. Mentre il caso specifico di questo rutilante, caotico video trae l’origine da circostanze alquanto inusuali. A cominciare dal background del protagonista Alex Yde, professione: vichingo. E non nel senso idiomatico e corrente, degli uomini rudi pronti a combattere per una causa, bensì proprio del tipo classico con l’elmo e l’armatura, la nave lunga, la spada e l’ascia. È una vita difficile, questa qui. Assaltare sempre, giorno dopo giorno, mattina e pomeriggio, lo stesso dannato molo con torre di avvistamento, palizzata e lunghe case nello stile dell’Europa nordica e medioevale, dalle pareti in pietra e il tetto ricoperto dalla paglia. Un po’ come nel Valhalla promesso loro oltre un migliaio d’anni fa, ove i più forti guerrieri avrebbero ferocemente combattuto tra di loro giorno dopo giorno, ogni volta ricomposti dalla volontà divina di Odino e quindi accompagnati da un lupo ed un’aquila fino ad una delle 540 porte della grande sala dell’idromele, ove bere amichevolmente poco prima di ricominciare. Eroi su questa Terra, eroi finché permane l’altra. Benché tutto vada posto in prospettiva: niente capre che secernono dalle proprie mammelle sostanze alcoliche, da queste parti, né valchirie che ti portano il corno potorio da cui trarre giovamento. Degli arredi costruiti con le lance, le spade e l’armatura dei defunti, non permane traccia, mentre abbondano gli spalti di turisti e giovani visitatori, giunti fino a queste terre con lo scopo di conoscere la storia in modo…Divertente.
Siamo, dopo tutto, niente meno che sui vasti terreni del parco a tema francese Puy du Fou, sito a pochi chilometri dal comune di 55.000 abitanti di La Roche-sur-Yon, nei Paesi della Loira in Francia. Dove, come si dice, c’è di tutto: un’intera e stereotipica arena antico-romana, dove le tigri se la giocano con gladiatori, cristiani e bighe in corsa tra gli ostacoli di vario tipo; un gremito villaggio medievale completo di castello, dove si tengono uno spettacolo quotidiano di falconeria, la giostra dei cavalieri, alcune sequenze pièce teatrale che parrebbe un po’ a metà tra Giovanna d’Arco e alcune vicende del ciclo arturiano. E poi questo complesso di edifici, naturalmente, il Fort de l’An Mil che non sfigurerebbe affatto come scenografia per un film peplum degli anni d’oro di Hollywood, tanti sono gli spunti offerti per spettacolari scene di battaglia. Tra cui quelle qui mostrate da una tanto affascinante prospettiva, nata dal fortuito sincretismo dell’attore che è anche un sapiente praticante del montaggio video, il quale, con il beneplacito della gestione, ha ben scelto di farci partecipi della sua principale occupazione. Ed è una sequenza d’azione alquanto diretta e adrenalinica, questa dell’attrazione “I Vichinghi”, mirante all’ottenimento di un coinvolgimento del pubblico tramite un tripudio di effetti speciali, acrobatismi ed improbabili coreografie guerresche. L’apertura delle ostilità già basta a farsene un’idea, con la nave lunga che viene fatta all’improvviso scivolare, assai probabilmente attraverso un qualche sistema con rotaia, fin giù in un piccolo specchio d’acqua, ove si procede quindi con lo sbarco, tra fuoco, fiamme e sangue (fortunatamente) virtuale.
In merito al natante in questione, difficile non notare i classici scudi agganciati sulle murate, una pratica ad oggi inscindibile dal concetto stesso di vichingo, benché attestata in modo significativo solo nella nave del tumulo di Gokstad, ritrovata in Norvegia nel 1880. Mentre gli elmi degli assaltatori, come di consueto, sono adattamenti variabili di quello ritrovato presso la fattoria di Gjermundbu, in Ringerike, con la calotta acuta e i caratteristici occhiali di metallo: interessante notare come, in merito alla questione vichinga, si abbia ad oggi una quantità relativamente contenuta di ritrovamenti archeologici del tutto integri, in genere databili attorno al X secolo d.C, ma talmente celebri ed interessanti da essere entrati nell’immaginario collettivo, fornendo l’immagine esteriore da abbinare ad un’intera epoca storica ed un popolo di grandi viaggiatori. Mentre sulle armature, come ampiamente dimostrato dai figuranti del Puy du Fou, è concesso qualche grado d’improvvisazione. Non è in fondo realistico pensare che le pesanti cotte di maglia, costruite con estrema efficienza dalle principali popolazioni germaniche di quell’epoca di guerre e esplorazioni, facessero parte della dotazione standard di ogni singolo guerriero, anche quelli provenienti da strati sociali meno agiati. Come nella recente serie televisiva canadese Vikings, andata in onda sull’History Channel a partire dal 2013, si è quindi scelto di fare un largo uso del cuoio, che del resto, anche se fosse stato in uso corrente all’epoca, assai difficilmente sarebbe giunto integro fino ai nostri tempi. Benché il generoso impiego di complessi sistemi lamellari e borchiature messo in mostra dal parco francese, faccia vagamente pensare a un surplus bellico della vicina arena gladiatoria. Del resto in un tale melting pot di epoche diverse, così rappresentate a pochi metri di distanza, un lieve sincretismo ci può anche stare, giusto?

Tutto ciò che pertiene al combattimento propriamente detto, invece, risulta alquanto convincente per lo meno al primo sguardo. Il gruppo dei vichinghi, dopo il clamoroso sbarco, inizia la scalata del terrapieno del forte, dal quale nel frattempo gli occupanti (Sàssoni, probabilmente) scaraventano una generosa sequela di sacchi, macigni di scena ed altre ponderose amenità. Quindi viene acceso un braciere per segnalare il trionfo dell’impresa, benché lo stacco successivo sia piuttosto confuso, soprattutto perché l’autore del video, Alex Yde, interpreta più di un ruolo nel corso dello spettacolo. Segue ad ogni modo una feroce mischia, contro almeno tre personaggi ben differenziati: il cavaliere crociato con due spade, una fanciulla alquanto combattiva, una specie di variopinto frate Tuck che mulina un pericoloso quarterstaff (il bastone da combattimento inglese). La giustapposizione tra l’architettura della scena, decisamente norrena, e questi personaggi appartenenti invece al mondo dell’Europa cristiana, fa sospettare circostanze di contesto a noi ignote, quali un qualche rapimento, una fuga di prigionieri o una ricerca di preziosi manufatti…Benché poco importi, almeno in apparenza, al pubblico gremito, giunto fino a questo luogo, più che altro, per assistere al caos della battaglia. E in questo viene subito ricompensato, visto come Yde e gli altri attori siano in effetti degli esperti praticanti di quell’arte un tempo francese, oggi internazionale del parkour, ottimo strumento al servizio di salti, arrampicate, rotolate. A un certo punto i vichinghi salgono sul tetto della casa e “gli danno fuoco” poi la lotta continua, fino al culmine del capo della brigata contrapposta, che viene intrappolato con una corda alla caviglia e, in qualche modo misterioso, scaraventato fino in mezzo al lago. Mossa forse tatticamente ingiustificata, ma che costituisce comunque un notevole sfoggio di abilità da parte dello stuntman in questione. Oltre che una citazione sempre bene accetta dal mondo cinematografico dei pirati dei Caraibi, colleghi di un mondo relativamente prossimo, per lo meno, nelle pratiche di ladrocinio e masnadierìa.

È tuttavia importante considerare, a margine dell’Era Vichinga (793-1066), come la maggior parte dei dati a nostra disposizione derivino dai resoconti coévi dei loro nemici. Questi non erano popoli, in effetti, che tenessero in grande considerazione la storiografia, e del resto nell’intero periodo dell’Alto Medievo erano ben pochi i testi conservati all’interno di luoghi sicuri, al punto da poter giungere fino a noi. Inoltre, aspetto molto significativo, si trovavano principalmente all’interno delle abbazie o monasteri, luoghi particolarmente vulnerabili alle scorribande, in funzione della loro collocazione isolata e all’incapacità dei clerici di montare una difesa davvero efficiente. Luoghi come l’isola di Lindisfarne, il cui sacco e devastazione ad opera di predoni provenienti dalle comunità del Nord Europa (793) costituì il segno e il passo dei molti drammatici eventi successivi. Oggi, gli storici hanno rivisitato in parte l’immagine che si ha del vichingo medio, da quella di un bruto assetato di sangue al rappresentante di una cultura basata sull’onore e la reciproca considerazione, di grandi naviganti e commercianti che tuttavia disponevano di risorse agricole gravosamente insufficienti. Il quale, venuto a contatto con le genti di cultura cristiana, si trovava spesso in difficoltà nel trovare un punto di contatto ed un accordo di scambio equo, probabilmente anche in funzione dell’antica diffidenza verso il percepito barbarismo. Così, penalizzato da sanzioni ingiuste e forte diffidenza, il navigatore nordico non poteva far altro, per sopravvivere in modo dignitoso, che sfoderare la sua spada ULFBERHT, dal taglio in micidiale acciaio non dissimile da quello giapponese, per far valere il merito delle opinioni. I suoi stessi mezzi di trasporto erano dotati di una mobilità superiore e furono in grado di portare la guerra fino alle capitali dei regni europei, fin giù nella Francia di Carlo III detto il Semplice, che in tutta risposta al sacco di Parigi, con loro strinse un patto per la convivenza in Normandia. Fu così che il capo Rollo venne battezzato nel 911, dando inizio ad una nuova dinastia cristiana, in concomitanza con le gesta dei suoi compatrioti scandinavi, che proprio in quegli anni scoprivano la terra leggendaria di Vineland, ovvero l’America.
In prospettiva, le gesta e le imprese delle popolazioni vichinghe sono difficili da sopravvalutare. Sarebbe certamente un errore, limitarsi a considerarli dalla stessa ottica delle loro malcapitate vittime, tra manoscritti polverosi e vecchia propaganda culturale.