Come, perché complicarsi il cubo di Rubik?

Cubefly

Senza rete, senza occhiali, senza piedi né pedali. Senza guardare. Senza toccare. Senza luce, tempo, spazio e spazio-tempo, metaforicamente ormai privati del principio generativo primo (l’Alfa) e del finale apocalittico (l’Omega) resteranno sublimati gli uomini di solida volontà. Per essere rapiti, da un vento intriso ed improvviso, trascinati fino in paradiso? Nossignore, Platone. Salva Nos-signore; giù nel mare delle cose, tra il flusso nevrotico dei gesti, esiste un’unica complessa soluzione che ha 54 facce differenti, ma diversi modi di arrivarci. Conoscerli richiede due strumenti contrapposti, stretti e lunghi, affusolati. Piante lunghe nel giardino delle dita, mani destre oppur sinistre per gestire, quando serve, l’ardua progressione di…
Quanto fa 3x3x3 in un cubo? La risposta non è 18, né 18.000 e perché mai dovrebbe, bensì 43 miliardi di miliardi di combinazioni. Ce n’è un numero maggiore, in un singolo giocattolo ungherese dell’omonimo inventore, dei granelli nella spiaggia di Alpha Centauri IV, diciamo lunga quanto l’equatore del pianeta intero. Se si potesse moltiplicare un Rubik di grandezza regolamentare per il numero di possibili posizioni dei suoi colorati componenti, se ne potrebbe ricoprire l’intero globo terrestre, con 275 strati sovrapposti. Questa è la natura della sua casualità. Eppure ci sono persone coraggiose, giorno dopo giorno, che lo affrontano a viso aperto, con le doti e il desiderio di riuscire nell’operazione: gira e rigira, volta una faccia, giungi all’epica figura. Di un’esistenza geometrica perfetta, in cui ciascuna delle facce rilevanti, sia del preciso sapore: fragola, banana, menta, arancia, melone e azzuro (yum, azzurro!) E nulla d’altro chiaramente, niente più di quello. Non è fantastico come il cervello umano affronta le ardue situazioni? Piuttosto che esaminare e progettare la sequenza di mosse che portano alla soluzione, tanto maggiori di quelle possibili in una partita a scacchi, a dama o addirittura a Go, il giocatore può procedere per tentativi. Del resto; l’unico avversario ufficialmente riconosciuto nella pratica del cubo di Rubik resta, per purissima convenzione, il più vasto ed incorporeo dei titani: Chronos, la lancetta dei minuti. Che talvolta, tanto è brava certa gente dall’impostazione iper-professionale, si trasforma in quella dei secondi, o dei minuti dei secondi e ancora meno, l’unica capace di distinguere tra chi ci mette: un lampo, un lampo e mezzo, mezzo fulmine col botto. Se ci provi non è facile, ma se resti lì a guardare, una sola conclusione: impossibile, inumano. Non ci capisco nulla e poi: “Perché dovrei provare!” prosegui un po’ piccato: “Sono un genio sregolato che ha saggezza e non si applica, io. Persino laureato (*sic. laureando)” Che la Sapienza, venga a me – o un qualsivoglia altro tipo di istituzione universitaria, preferibilmente superiore, come questa in cui si svolge chiaramente la stupefacente scena, tra i ridenti prati del tipico campus dei brusii: ecco Ravi Fernando, giocoliere rinomato, che non usa palle ma…

Aloha, Kamehame, ha. Riportava lo storico Plutarco: “Anerriphtho kybos” Sia lanciato il dado per passare il fiume, ma moltiplicato varie volte, perché il tempo passa ma di Cesare, ce n’era uno. Mentre adesso abbiamo i Cesaroni e tanti giovani meno televisivi, per dare prova della loro valida esistenza devono offrire un qualche cosa in più. Per fortuna, c’è YouTube! Così quest’uomo geniale, se tale ancora può essere soltanto definito, non soltanto lancia in aria due + uno degli attrezzi più inadatti a questo mondo (giacché spigoli di cubo, soprattutto se rotanti, non si prestano alla fluttuazione aerodinamica) ma addirittura li risolve, secondo la precisa prassi del regolamento. Un lancio, una girata, una risata e così via: “Ehi, ma io ti conosco, ti ho visto su Internet!” finché al momento di tirar le somme, dopo un certo numero di lanci e sulla fine della scena, la giornata è trasformata, come le aspettative di quel che possa essere risolto, nonostante le difficoltà aggiunte. Ma se il dado è infine tratto, dopo che lanciato, cosa c’entrano le decisioni senza via d’uscita? Cosa il gesto di colui che diede chiave di violino alla maiorem guerra dei Romani? Basta esitazioni: sia varcato il Rubik-one!

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Fra tutte le forme naturali chiare quotidianamente sotto i nostri occhi, la meno nota è chiaramente il cubo. Nulla sembra, all’apparenza, più lontano dall’organica natura delle cose. L’acqua che corrode, il vento che erode: tutto è vecchio e consumato, nell’impianto del sensibile, tranne ciò che viene messo assieme dalle nostre stesse mani, ancora loro, ancora loro. E persino tra gli esseri che crescono, deambulano e poi trovano moltiplicazione, non esiste il caso di una forma tanto avversa ai semplici dettami dell’evoluzione. Un cubo non può rotolare e allora, che gusto potrebbe mai esserci? Ma dalla cristallografia, lo studio della struttura dei minerali, emerge una sublime verità. Ciò che è infinitamente piccolo, persiste. Qualche volta, addirittura, riemerge: ecco RedKB alle prese, su di un tavolo ricolmo di bizzarri rompicapi, con una delle versioni più complesse che si siano mai viste di questo classico e diabolico giocattolino. Qui più che altro, un incubo da 17x17x17 cuberillos, di cui uno strato esterno, giustamente, un po’ più grande, solido e pratico alla manipolazione. Altrimenti, sai che dita strette… Meno foglia e allora, via.
Il primo cubo plastico di questa arcana tipologia nacque per puro caso, verso la metà degli anni ’70, quando il professore di Interior Design dell’Accademia delle Arti di Budapest, Ernő Rubik, decise di mettersi a risolvere un problema teorico piuttosto interessante: come costruire un oggetto tridimensionale, composto di più parti indipendenti e mobili, commutabili tra loro senza la necessità di procedere a smontarle. Lui usò, a quanto pare, tale arnese in molte delle sue lezioni. Fu soltanto giunto a un giorno fortunato, mentre maneggiava tra le mani la sua orgogliosa creazione, che costui si rese conto di avere in mano il fuoco delle Ere!

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La grande muraglia ungherese

C’era stato infatti guarda caso, pochi anni prima (esattamente il 1970) l’invenzione brevettata di un giocattolaio canadese, Larry Nichols, che consisteva in un puzzle 2x2x2 di cubetti magnetici multicolore, da risolvere con modalità che potrete facilmente immaginare. Di nuovo la sequenza d’interrelazione tra le facce. Ma l’approccio costruttivo non risultava molto pratico, alla prova dei fatti. Nella manipolazione di quel gioco, infatti, occorreva smontare e ricostruire continuamente l’oggetto in questione, con progressive perdite di tempo e di divertimento. Mentre, eureka! Il costrutto di Rubik offriva un approccio alternativo a quel problema, se tale si può chiamare, in cui un nocciolo centrale resta sempre uguale, mentre le sue sei protrusioni, ciascuna montata sopra un’asse girevole, permette la manipolazione libera della superficie esterna. Tale idea, purtroppo brevettata troppo tardi, fu ripresa a sua volta da innumerevoli compagnie internazionali, tra cui molte del vasto e piratesco Oriente. Nonostante questo, grazie alla prima commercializzazione nel suo paese, si ritiene che il buon professore avesse guadagnato somme ragguardevoli. Tutto su una pura e semplice illusione: di quei 54 cubetti, non uno è integro e completo, bensì aperto sul retro, per ospitare il meccanismo rilevante. Ma chi gioca non lo sa, né vuole saperlo e buon per lui.
C’è addirittura, quanto è strano il mondo, chi non guarda il cubo e lo risolve, si, bendato. Senza un senso della misura nel mettere alla berlina, senza pietà per le persone che non sanno farlo. Come questo incredibile Marcin Maskow Kowalczyk (esq.) che un giorno ne mise 150 su di un tavolo e quindi, indossata una mascherina per insonni a forma di Pikachu e sopra quella, per buona misura, pure un fazzoletto, si è dato da fare con limpido entusiasmo. Passa un’ora e quaranta ed alla fine, come dimostrato in un chiaro e vibrante time-lapse, lui di cubi ne ha risolti 125. Roba che neppure Deep Blue, il supercomputer dell’IBM che sfidò a scacchi Garry Kasparov nel 1996…

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