Oblunghi aerei ovvero le infinite possibilità nel marketing di un traliccio volante

Ogni storia degna di essere narrata possiede inevitabilmente un inizio e una fine. Ma è soprattutto quello che c’è in mezzo a rendere diverso il metodo, lo stile e il senso dei diversi protagonisti. Il che tende a lasciarci senza semplici commenti quando ci si trova innanzi ad uno spazio vuoto nell’intercapedine preposta. Un po’ come una lisca, hai presente? Null’altro che costole tra coda e testa. Pur avendo la capacità ipotetica, nel profilarsi delle giuste circostanze, di nuotare anche per aria negli spazi onirici dopo il tramonto. Così può essere volutamente interpretato, a posteriori, l’ipotetico decollo di quello che davvero rappresenta il tipo di velivolo più strano di tutti gli anni ’60. La creazione concepita per rispondere a un bisogno che, volendo usare un eufemismo, assai difficilmente potremmo definire “essenziale”. L’anima ed il sangue del consumismo: vendere, comprare, convincere qualcuno a spendere la propria piccola percentuale di controllo del capitale umano. E non c’è Dio Nettuno né possente Leviatano delle circostanze, in grado di resistere idealmente all’energia di un simile comando; quello pronunciato da una scritta in grado di fluttuare nell’Empireo diurno o perché no, perfino lungo il perpetrarsi della fase opposta. Di un aereo, scintillante, ornato dalla frase della sua pubblicità. Va però messa sulla bilancia, la questione spesso sottovalutata della visibilità da parte della maggior quantità di spettatori. Laddove il semplice striscione a traino, usato per la prima volta in un periodo antecedente alla seconda guerra mondiale, risulta adeguatamente visibile soltanto in condizioni metereologiche ideali. Mentre l’alternativa ancor più classica dell’aerostato in stile Zeppelin (vedi il classico dirigibile della Michelin) risultava estremamente dispendioso sia in termini di manutenzione che forza lavoro. Tanto da creare la potenziale nicchia e spazio di manovra per un nuovo approccio come quello concepito, in linea di principio, dalla compagnia statunitense Central Aircraft Manufacturing Company (CAMCO) nel 1968, inaugurata 35 anni prima presso la città cinese di Loiwing, dietro l’iniziativa dell’imprenditore William D. Pawley che si sarebbe fatto carico di costruire gli aerei utilizzati sul fronte del Pacifico al rinnovato scoppio delle ostilità tra i continenti. Il che lasciava, in un’epoca di stabilità e solidità economica, un grande surplus di tempo libero e risorse, tale da permettere la collaborazione con una compagnia britannica specializzata nella costruzione di alianti, la Slingsby Aircraft di Kirkbymoorside, nel North Yorkshire. Per trasformare il più bizzarro dei sogni, in un’incipiente, rombante realtà. Il suo nome: V-Liner, mutuato in via diretta dalla forma della strana cosa situata in corrispondenza della fusoliera. In maniera pressoché innegabile, un’oblunga struttura tubolare lunga un centinaio di metri. Letteralmente ricoperta di lunghe lampade con filamento al tungsteno, concepite per essere visibili fino alla distanza di 5 Km. Mentre componevano e ricomponevano le lettere dell’annuncio commerciale o esortazione civica desiderate…

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L’ineluttabile potenza distruttiva di una torre radio AM

Fin da principio, fu il Caos. Successivamente alla casuale “riscoperta” e sperimentazione da parte di Guglielmo Marconi del comportamento dei campi elettrici e magnetici già descritti da Maxwell, Hertz e Tesla, dimostrando come fosse possibile impiegarli con successo per la comunicazione radio senza fili attorno all’anno 1894, un turbinio di brevetti iniziò a sovrapporsi in merito a chi fosse il legittimo inventore, e quindi degno depositario del guadagno derivante da una tale rivoluzionaria scoperta tecnica. Anticipando quella che sarebbe stata, all’inizio del secolo incombente, la guerra informale per il predominio delle frequenze. In tutta Europa e gli Stati Uniti prima, quindi anche in Asia e nel resto del mondo, chiunque possedesse le risorse necessarie e una ragione al fine di parcheggiare il proprio segnale in onda nell’etere senza nessuna regola, eresse il suo traliccio e cominciò, senza esitazioni degne di nota, a gridare. Il che giustificò e favorì la progressiva costruzione di antenne sempre più grandi e potenti, affinché ciascuna stazione potesse raggiungere le centinaia o migliaia di chilometri come inusitate lampadine nell’oscurità, prevenendo il controllo di territorio ad opera di potenziali luci concorrenti presenti o future. Cos’è un’antenna costruita dagli umani, dopo tutto, se non un’arma? Strumento concepito per emettere verticalmente un disturbo elettrico, in grado di propagarsi naturalmente attraverso l’atmosfera. La quale continua a possedere, per fortuna, una pessima conduttività dell’energia propriamente detta. Perché non abbiate alcun dubbio, in merito: a chiunque fosse abbastanza folle da avvicinarsi, come l’ala autodistruttiva della falena, al cartello del “Chi tocca muore” irrinunciabile in presenza di tali punte di lancia… Verrà immediatamente ricordata la natura transitoria della nostra esistenza su questo pianeta. In altri termini, morirà immediatamente ancor prima di poter elaborare l’ombra minima di un pensiero.
Questa è la DIMOSTRAZIONE, niente meno che PRUDENTE, di quanto sia orribilmente pericoloso un qualcosa che fino qualche tempo fa tendevamo a dare per scontato nel paesaggio urbano, mentre oggi tende (per fortuna) a diventare progressivamente più rara: quel tipo di torre per le trasmissioni che non SOSTIENE un’antenna bensì costituisce ESSA STESSA tale orpello, alimentato da una dose di corrente sufficiente a colmare il mare impercorribile dell’atmosfera terrestre. Ed è senz’altro una visione al tempo stesso memorabile e terrificante, quella che ci viene proposta all’interno del video di Aaron sull’omonimo canale di YouTube, spericolato elettricista di giornata, che con casco protettivo e guanti rigorosamente di plastica avvicina la sua pinza ad una torre da 50 Kw, prudentemente non accompagnata da un nome e un luogo, generando istantaneamente una cacofonia di suoni: fuoco che sfrigola e scintille, accompagnate dalla voce articolata di una trasmissione radio. Egli sta ascoltando, in altri termini la radio direttamente alla Fonte. Benché un solo passo falso possa giungere a costargli mostruosamente caro.
Prima di analizzare, dunque, la natura e portata di un simile problema tecnologico, sarà opportuno risalire alla fondamentale distinzione tra i due modi contrapposti di trasmettere a distanza, quest’oggi, un segnale elettrico a distanza. AM ed FM, due lati della stessa moneta. Due poli della stessa calamita. Due pericoli per la suddetta falena metaforica dalla portata, e immediatezza, chiaramente distinte…

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