Tolta la curva parabolica, l’entusiasmante rettilineo. Senza più l’elettrizzante discesa o il preoccupante dosso, l’intollerante cordolo, l’appiccicosa trappola di sabbia. Cosa resta di una guida che potremmo definire, a pieno titolo, capace di fornire un’esperienza memorabile? Poiché tutti sappiamo, nel nostro profondo, che dotarsi di una rossa sportiva o l’enorme e potente SUV, piuttosto che l’agile ultraleggera mono e bi-posto, è un gesto futile per chi non suddivide i propri giorni tra la pista e il ruvido asfalto cittadino, poiché il traffico ed il codice (per ovvie e semplici ragioni) riducono drasticamente le opportunità d’esprimersi al volante. Rendendo l’una e l’altra cosa, in maniera indipendente dall’energia cinetica serbata nel motore, sostanzialmente del tutto identiche tra loro. Ecco dunque la ragione, per qualcuno, di cercare un modo per cambiare ciò che ci si aspetta dal veicolo, in quanto tale: quantità e posizione delle ruote, forma e tipo del volante, disposizione di autista e passeggero. E soprattutto, il comportamento del veicolo in curva. Difficile capire, a questo punto, se l’avveniristica natura della Litestar/Pulse di Jim Bede, all’epoca della sua prima costruzione nel 1982, fosse dovuta a un’effettiva ricerca di migliorare quanto precedentemente dato per scontato. Oppure, una mera coincidenza accidentale dei fattori ingegneristici in gioco. Ciò possiamo confermare, per lo meno: colui che ebbe ragione di crearla rappresentava e aveva rappresentato ancora (all’epoca del suo decesso nel 2015, all’età di 82 anni) un vero e proprio genio dell’ingegneria applicata ai desideri della gente, dando al pubblico americano quello che avevano ragione di desiderare più di qualsiasi altra cosa: tecnologia innovativa, a un costo relativamente accessibile a chiunque. Di questo grande progettista americano abbiamo già parlato, qualche tempo fa, restando nell’ambito del suo lascito più celebre, quello dei veri micro-aerei in scatola di montaggio con i più svariati allestimenti motoristici, che più di una vita finirono per costare agli sconsiderati acquirenti, fin troppo approssimativi nel seguire le fondamentali istruzioni. Non tutti sanno, tuttavia, di come verso la fine degli anni ’70, dopo il collasso economico della sua azienda Bede Aircraft nell’ennesimo capitolo dei suoi molti guai con i finanziamenti e la consegna per tempo di quanto evidentemente pre-ordinato, l’eclettico Jim ebbe modo e tempo di dedicarsi a un qualcosa di completamente diverso. Costituendo quella la realtà sarebbe stata iscritta ai registri aziendali come Jim Design, dichiaratamente dedita a rivoluzionare il concetto di automobile e tutto ciò che questa tendeva a comportare. Ulteriore sogno da cui vennero due cose perfettamente distinte: la prima fu la Bede Car, iper-futuribile macinino dall’economia notevole dei consumi, ma basato sulla tecnologia piuttosto fuori luogo di una grossa elica intubata e per questo quasi del tutto incapace di effettuare una partenza in salita. La seconda era l’assai più utilizzabile, nonché intrigante Litestar.
Immaginate a questo punto una giornata di sole primaverile, che batte insistentemente sopra quella fabbrica di Owosso, Michigan, dove fino al 1990 fu prodotta la maggior parte dei 325 veicoli venduti al tempo (fatta eccezione per la singola serie proveniente dallo Iowa) di cui una parte significativa, in quel fantastico momento, sembrava trovarsi solennemente riunita in un singolo e tanto importante luogo. Ciascuno di un colore diverso, una livrea fantasiosa, oppure decorato come fosse quel jet da combattimento a cui, a suo modo, sembrava desiderasse assomigliare; è tutto ciò nient’altro che l’annuale raduno dei proprietari del primo cosiddetto “autociclo” un qualcosa di motoristico che non avrebbe mai, realmente, conosciuto eguali….
invenzioni
La minuscola salvezza di un McDonald’s pieno d’api
Costituisce da tempo un assunto plausibile, per quanto assolutamente non dimostrabile, che l’agitarsi di un’ala di farfalla possa aver causato l’estinzione dei dinosauri. Per un’ovvia concatenazione di cause ed effetti, che comincia con l’impercettibile brezza provocata da quel battito, a sua volta in grado di deviare il vento di qualche millimetro. Che per la legge dell’effetto dòmino, si moltiplica all’ennesima potenza, generando all’altro lato del pianeta un uragano. Senza il quale, assai probabilmente, la nube devastante sollevata dall’enorme meteorite avrebbe avuto modo di disperdersi, risparmiando la congrega dei scagliosi proprietari della Terra. È questa la legge delle cose piccole, che insistendo sullo stato delle circostanze possono causare un cambiamento in grado di durare nel tempo. Come l’infinitesimale parassita Varroa destructor, o acaro delle api, che per sua implicita natura non vorrebbe null’altro dalla sua vita, che insinuarsi dentro l’alveare, per succhiare via la dolce, dolce emolinfa che scorre dentro al corpo delle nostre beneamate produttrici di miele. Peccato che una tale predisposizione, soprattutto nel contesto largamente problematico dell’attuale ambiente contaminato dall’inquinamento, stia portando lentamente, e inesorabilmente, all’estinzione dell’insetto maggiormente amato delle nostre colazioni.
Eppure all’orizzonte, sotto l’epica luce riflessa di quel duplice arco d’oro, si profila una speranza: che sia il dinosauro stesso, per stavolta, a far muovere di nuovo le ali dell’insetto? Lucertola gigante come la catena principale di fast food americani, tanto spesso demonizzata per il contenuto non propriamente salutare del suo più tipico menù. McDonald’s il titano, “Grande abbastanza…” come recita la nuova campagna pubblicitaria per la Svezia creata dall’agenzia NORDDB, su richiesta della dirigente svedese Christina Richter “…Per fare la differenza.” Ecco un messaggio schietto e sincero, approccio raro in pubblicità, che non cerca di far passare una potente realtà multinazionale come una realtà legata direttamente ai bisogni e le esigenze della gente in strada, benché possa, in qualche modo, intervenire nell’arresto di un crudele quanto orribile destino: l’estinzione delle api. Orrore. Devastazione. Zero diffusione del vitale polline, quindi aumento della fame nel mondo. E cosa fare, in risposta ad una simile tremenda possibilità? Se non dare il proprio contributo, indubbiamente significativo, costruendo sopra il tetto dei propri infiniti ristoranti delle arnie pronte per accogliere altri ospiti davvero benvenuti. Proprio coloro che ronzando, possono contribuire alla ricostruzione dell’Universo. Ma per chi si è fatto strada dall’età di soli 18 anni, giungendo infine ad acquistare quello stesso ristorante, a Stattena, dove aveva avuto inizio la propria carriera negli anni ’80, tutto questo non poteva certamente bastare. Ecco dunque l’idea, resa possibile dal contributo dei pubblicitari, di creare in occasione del recente giorno internazionale delle api (20 maggio) un’arnia davvero speciale, costruita per assomigliare, in tutto e per tutto, all’edificio di cui avrebbe dovuto costituire l’artropode coronamento…
L’allegro tic-tac di una bici liberata dalla sua catena
Gli ambienti delle grandi fiere sono sempre piuttosto rumorosi e l’Eurobike dello scorso settembre, importante occasione mediatica per le principali aziende operative nel settore del ciclismo, non faceva certo eccezione. Eppure chiunque si fosse preso qualche minuto per ascoltare attentamente, avrebbe notato che il costante sovrapporsi di voci indistinte sembrava convergere in un punto preciso, per lasciare improvvisamente il passo a un coro di esclamazioni stupite, seguite da un attimo di silenzio ed ammirazione. E quel luogo era lo stand B3-205, occupato dalla Ceramicspeed, produttrice di un’ampia varietà di componenti per biciclette, tra cui alcuni dei migliori sistemi di trasmissione sul mercato. Ma niente, fino ad oggi, che potesse definirsi simile a questo. Nessuno, del resto, l’aveva mai visto prima: all’altezza degli stinchi dei visitatori, un piatto di metallo gira vorticosamente. Certo: c’è sempre qualcuno che, invitato dagli addetti all’expo, mette in moto i perni per l’attacco dei pedali, ancora privi proprio di questi ultimi per favorire l’apprezzamento esteriore del meccanismo. E che meccanismo! Sul lato destro di un aerodinamico telaio nero-opaco (davvero futuristico) trova infatti posto un ingranaggio a cremagliera, dal quale parte un albero di trasmissione. Mentre in corrispondenza della ruota posteriore, figura un largo piatto di alluminio sfolgorante, ricoperto da una serie di estrusioni simili ai denti di un capodoglio. Per ogni giro quindi si ode un suono ticchettante simile, eppur diverso dalla convenzione. Il quale qui dimostra, per chi è attento a simili dettagli, l’imprevista realtà: questa qui è una bici che non ha catena. È una bici che funziona grazie ai buoni sentimenti o se vogliamo, il desiderio più profondo d’innovazione.
Al che sarebbe lecito osservare come, almeno in apparenza, siano esistiti numerosi approcci simili alla faccenda. Sia nelle ultime decadi che a partire dall’anno 2000, con l’implementazione dei nuovi e più efficienti materiali compositi: dopo tutto, sono molti i vantaggi che è possibile trarre da una simile “liberazione”, tra cui un peso ridotto soprattutto per l’assenza del deragliatore, nessun rischio di catena che salta dal suo binario, meno componenti che possano subire un malfunzionamento. Il tutto al costo, tuttavia, di un punto d’incontro tra la guarnitura delle marce (o cassette in lingua inglese) e il suddetto albero che necessitava d’includere il sistema meccanico della coppia o doppia ruota conica, notoriamente inefficiente a causa della quantità di attrito generato nel corso di ciascuna singola rotazione, nonché dotato di una problematica asimmetria. Ecco dunque il problema risolto dall’iniziativa, o vera e propria rivoluzione, alla base dell’idea di Ceramicspeed… Poiché nel sistema Driven (dovesse trattarsi di un acronimo, non ne conosco il significato) manca del tutto un così grande problema, proprio perché l’ingranaggio in questione è stato sostituito da un innovativo sistema con una corona di cuscinetti a sfera, che riduce i punti di contatto tra i due componenti coinvolti a soltanto due, contro gli otto previsti dalla tradizionale catena. Con un aumento di efficienza nel trasferimento di potenza dai muscoli alla ruota di circa l’1% rispetto ad essa, benché i vantaggi davvero importanti siano, nei fatti, di tutt’altra natura…
Il musicista delle cianfrusaglie e i suoi fantastici spazzolini-Spice Girls
36 soldati tutti sull’attenti, perfettamente in riga salvo problematiche eccezioni. Il generale accusa i sintomi, per l’inadeguata prevenzione della carie. 35 soldati sull’attenti, ed uno zombie devitalizzato.
“Taking is too easy, but that’s the way it is!” Scary, Sporty, Posh, Ginger e Baby: molto era stato fatto per caratterizzarle in modo ben distinto tra loro, benché viste da lontano, sembrassero un po’ tutte indossare la stessa divisa. Il prodotto dell’effetto di un’armonia musicale precisa, sull’immagine perfettamente pianificata di una serie di stilemi e qualità esteriori. Semplicemente diabolico: “Se vuoi essere il mio amante, dovrai prima diventare un amico / Fai che sia per sempre, l’amicizia non finisce mai, Tuttu-tu-tururu! TUTU-tururuuu!! […]” Ecco un trillo che attraversa gli anni, le decadi e persino il volgere di un singolo millennio, in quel ritmo sincopato ed orecchiabile che ti entra in testa, per non sparire mai più. Chi non l’ha canticchiata, almeno una volta, mentre si trovava sotto la doccia? Lanciato/a a folli 30-35 Km orari dietro il manubrio del motorino? O magari a due o tre volte il ritmo originale, successivamente al raggiungimento dell’età adulta, mentre si risistemava la cravatta prima di un importante colloquio di lavoro. Per tutte le critiche che possono esser mosse alla musica Pop generalista (prevedibile, ripetitiva, senza un briciolo di sperimentazione…) resta indubbio il prezioso contributo che essa ci può offrire nei momenti di “concentrazione distratta”, per assicurare che i neuroni secondari portino adeguatamente a termine tutti quei compiti che tanto spesso, esige l’esistenza. Ma se c’è un tempo e un luogo in cui purtroppo, simili artifici non conducano al risultato maggiormente auspicabile, questo è quello quotidiano dell’igiene dentale. Sopratutto in forza della progressiva diffusione di quel particolare approccio risolutivo, che è l’impiego degli spazzolini automatici in qualche maniera mobili o vibranti. Il cui piccolo motore, nello svolgere la mansione per cui sono stati progettati, producono un rumore bianco penetrante, che riesce a interferire con ogni possibile esecuzione mentale di preziosi mantra risalenti al volgere degli anni 2000.
Validissima idea alternativa, in funzione di ciò, potrebbe essere quella di un hacker che presumo essere tedesco o almeno ciò fa pensare il suo accento, e il cui nome di battaglia online si configura nell’opportunamente descrittivo “Device Orchestra” (il Coro dei Dispositivi). La cui avventura digitale ebbe inizio circa cinque anni fa con l’esecuzione della memorabile marcia imperiale di Star Wars mediante l’impiego di un misterioso tostapane (ma lì c’era il trucco: il cellulare vibrante nascosto nell’alloggiamento del pane) per culminare dal punto di vista mediatico con questa esecuzione coreografata di un grande classico delle marcette dal successo pressoché globale…