La nuova forgia dei surfisti sotto i colpi del sombrero di Poseidone

C’è molto da guadagnare, ed altrettanti ostacoli possibili, nell’imitazione tecnologica della natura. Immaginate, per esempio, il progetto di un’antenna concepita per generare un’onda radio perfettamente direzionale. Oggetto per lo più ad uso scientifico o militare, proprio perché limita notevolmente la portata del segnale, tale dispositivo risulterà inerentemente più complesso, dispendioso in termini energetici, ingombrante a parità di potenza. Perché mai allora, ignorando la coerenza dei processi che traggono l’origine dalla stessa serie di processi fisici fondamentali in questo universo, si è cercato fino ad ora di creare una piscina per surfisti in cui le onde partono da un punto A, propagandosi fino al traguardo di un solitario punto B, all’altro lato dell’umido ambiente di riferimento? Se non c’è alcun tipo di ragione apprezzabile, nell’economia di quel contesto, per cui limitare la portata del fenomeno artificialmente indotto, in verità la linfa vitale stessa di un resort dallo scopo tanto schietto ed elementare. Una presa di coscienza che parrebbe ritrovarsi al centro dell’invenzione di Aaron Trevis nata nel momento in cui, verso la metà degli anni 2010, si ritrovò a lanciare un sassolino in uno stagno per far divertire suo figlio. Pensando, come abbiamo fatto tutti almeno un volta: “Se potessi fare lo stesso ma scala cento, mille volte superiore, allora diventerei senz’altro un ricco tra gli uomini di questo secolo.” Giacché tra il dire e il fare c’è in maniera largamente nota, una distesa d’acqua salmastra che non è per niente immota. Ed è nella riproduzione di quel continuo e imprescindibile mescolamento, che la creatività di un uomo può trovare un ampio spazio di manovra.
Dopo aver delineato i crismi basilari dell’idea ad un pubblico d’investitori particolarmente variegato nel suo stato australiano del Queensland, l’eclettico creatore di startup, già ingegnere minerario di comprovata esperienza, ha piantato la sua vanga metaforica nell’entroterra della contea di Livingstone, non lontano dal ridente insediamento di Yeppoon (l’ispirazione onomastica, a quanto pare, del popolare portare di e-commerce). Dove nessuno aveva mai esclamato: “L’unica cosa che manca da queste parti è una piscina per le onde artificiali.” Sebbene molti avrebbero pensato, successivamente: “Finalmente! Se ne sentiva davvero il bisogno.” Al ritmo e il suono reiterato, udibile per qualche centinaio di metri almeno, di un massiccio oggetto fuori dal contesto che sale sbuffando e cade giù rombando, durante ciascuna sessione d’utilizzo dell’impianto dall’aspetto vagamente raffazzonato. Il che non è senz’altro un caso, trattandosi di null’altro che un prototipo su scala ridotta, del futuro che ci aspetta in questo campo fino ad oggi avvicinato solamente tramite sistemi con un significativo margine operazionale…

Tra i molti testimonial scelti dalla Surf Lakes spicca in modo particolare il surfer veterano nonché campione del mondo Mark “Occy” Occhilupo, rinomato per aver influenzato tre generazioni di surfisti e i molti titoli di prestigio ottenuti fino al suo ritiro dalle scene nel 2006. Difficile non essere coinvolti dal suo entusiasmo.

Da ogni punto di vista pratico e metaforico, il sistema Surf Lake 5 Waves (“a cinque onde”) completato nella usa corrente iterazione nel 2018, si comporta in modo non dissimile dal maglio di un’officina o fabbrica metallurgica, ottimizzato per salire fino a un punto di vantaggio e quindi ricadere verso il basso, grazie all’imprescindibile energia gravitazionale. Con tutta la potenza di un oggetto circolare con un peso di 1.400 tonnellate, grosso modo corrispondente a tre aerei di linea Boeing 747, il cui nome programmatico ufficiale risulta essere CWD o Central Wave Device. Ma che tutti chiamano the plunger (lo stantuffo) e non soltanto per il modo in cui si muove, bensì anche il caratteristico sbuffo di fumo che fuoriesce dal dispositivo situato accanto, una struttura di metallo in apparenza uscita da un film post-apocalittico sulla falsa riga di Waterworld o Mad Max. Un fondamentale indizio, a dire il vero, in merito all’effettivo principio di funzionamento. Poiché l’abnorme oggetto metallico viene chiaramente sollevato grazie all’energia del vapore, veicolato all’interno di un sistema idraulico a forma di lettera “U”, assieme a copiose quantità di acqua provenienti dalla piscina stessa, facenti funzione nel caso specifico del fluido idraulico comunemente utilizzato in questo tipo di meccanismi. Il quale non sarebbe certamente stato l’ideale, all’interno di un laghetto concepito per l’impiego da parte di utilizzatori umani. Spazio entro il quale, come precedentemente menzionato, l’increspatura della superficie acquatica viene portata a propagarsi a 360 gradi, con un frequenza massima di 2.400 onde l’ora, molte volte superiore a quella di qualsiasi altra installazione simile costruita fino allo scenario corrente. Per di più suddivisa nei cinque eponimi “settori” posti in essere mediante la batometria del fondo, il cui profilo causa onde più alte o basse, ma comunque inclini a ripiegarsi su se stesse per formare il desiderabile “tubo” tanto amato dai praticanti oceanici della tavola da surf. Tra cui i molti invitati a partecipare durante eventi promozionali o a cui l’utilizzo dell’installazione è stato noleggiato, alcuni dei quali hanno riportato un assoluto senso di stupore al realismo dell’effetto ottenuto tramite l’impatto gravitazionale, molto diverso dalla prevedibile regolarità delle onde non-dispersive oggetto del teorema di Kelvin, normalmente offerte da questa categoria di piscine. Ed una noncuranza nelle problematiche dimostrate dalla versione non ancora completa del parco, prima tra tutte la necessità di fare i conti con un fondale privo della necessaria, ancorché costosa colata di cemento e per questo incline a opacizzarsi con i sedimenti dopo appena un paio di cicli d’impiego.

La versione finale dell’impianto Surf Lakes potrà anche risultare priva del suo surreale fascino rimediato, ma senz’altro appare meno incline a causare problematici incidenti. Il che risulta particolarmente importante, per questa tipologia di attrazioni aperta a persone di multipli livelli di esperienza.

Il tutto verso prospettive di crescita commerciale che definire meramente ottime parrebbe essere, in base a dati reperibili online, persino riduttivo. Con più di 200 richieste per l’ottenimento della licenza o informazioni relative dopo appena pochi mesi dal completamento della struttura sperimentale ed una serie di 6 siti con i lavori già avviati nell’Australia Occidentale, in Brasile, in Spagna e non lontano da Londra. Ciascuno condizionato nelle tempistiche di consegna previste, ad oggi, dall’arrivo ed il passaggio dei problematici anni del Covid, che tanto hanno ritardato le prospettive del settore turistico dei divertimenti. Il che non ha in alcun modo limitato l’innovazione e l’eccezionale portata tecnologica di Surf Lakes. Che nella sua versione commerciale prevede il meccanismo d’impatto incapsulato in una gabbia di sicurezza ed integrato con la ciminiera del vapore, non più destinato ad essere rilasciato in modo disordinato nell’atmosfera. Mentre già Aaron e il suo team hanno previsto versioni più grandi o piccole del meccanismo, al fine di massimizzare strategicamente le possibilità offerte da ciascun possibile contesto d’implementazione.
Liberando in questo modo gli amanti dell’oceano agitato dal bisogno di recarsi, quotidianamente, fino al punto in cui la costa possa trasformarsi in un trampolino di lancio per le loro tavole di appartenenza e riconoscimento. Il che potrà anche ridurre il fascino procedurale dell’evento, ma aumenta di gran lunga la convenienza. E massimizza per quanto possibile i giorni utili a sentirsi liberi dal peso della vita sulla terraferma. Non trascuriamolo. Un ritorno alla natura, in futuro, sarà sempre possibile! Soprattutto se oggi rimuoviamo la pressione che subisce a causa di migliaia, se non milioni di agguerriti turisti.

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