Nel videogame di abbinamento Puzzle Fighter, nato nelle sale giochi degli anni ’90, gli orgogliosi praticanti di arti marziali della principale serie di combattimento della Capcom compaiono tra le due aree di “lavoro” dello schermo, entro le quali i giocatori sono impegnati a combinare e far esplodere le gemme di vari colori. In base a quello che succede nella rispettive giurisdizioni, quindi, ciascun guerriero attacca, si difende o mette in pratica le acrobatiche “mosse speciali” per cui è diventato celebre, specialmente all’interno di un successo senza tempo come Street Fighter 2. Ad uno sguardo attento, tuttavia, non sfuggirà di certo una fondamentale alterazione delle loro proporzioni: il corpo piccolo e la testa sovradimensionata di almeno il 70% rispetto a quella di un individuo adulto, ricordando piuttosto quella di un bambino molto piccolo o persino un neonato. Si tratta di un’applicazione in senso stretto e tra le più famose dello stile d’illustrazione e character design denominato Super Deformed (o SD) particolarmente celebre in Giappone, forse per analogia col tipico costume da mascotte o yuru-kyara ( ゆるキャラ) personaggio antropomorfo utilizzato in ogni sorta d’attività promozionale, evento per il grande pubblico o prodotto delle comunicazione aziendale. Un modo di vedere e interpretare i principali agenti di una storia che ricorre, in epoca più recente, nella serie ludica dei Pokémon, molti dei quali appaiono come basati su animali particolarmente comuni. Ed altri, vere e proprie rarità della natura, esseri che in molti avrebbero l’inclinazione a definire come fantasiosi, finché un video pubblicato casualmente online non riesce a fargli cambiare repentinamente uno dei propri fondamentali preconcetti in merito all’esistenza. Sto parlando, per l’appunto, del riconoscibile esemplare di Chewtle (num. 833) o Wartortle (num. 008) mostrato l’altro giorno sul canale TikTok vietnamita di 47ruacanhphongthuybmt, poco prima di essere ripreso da Reddit, YouTube ed innumerevoli altre risorse, sollevando il tipo d’interesse ed entusiasmo che avremmo facilmente potuto aspettarci in materia. Difficile non rimanere colpiti, d’altra parte, dall’aspetto di questo notevole animale, ragionevolmente simile al tipo di rendering o effetto speciale utilizzato nella realizzazione di un film con grafica computerizzata o altra opera d’intrattenimento fortemente contemporanea. Non che il piccolino sembri rendersene conto, vista la sua semplice e acclarata appartenenza alla specie scientifica del Platysternon megacephalum, ovvero letteralmente in lingua latina (Tartaruga dal…) “Petto-piatto e la testa-enorme” così come perfettamente idrodinamico riesce a dimostrarsi il suo intero corpo, mentre si aggrappa saldamente alle rocce sul fondale di un fiume o torrente, aspettando prede all’interno del suo ambiente prototipico di appartenenza. Situato in varie regioni della Cina, la Thailandia, la Birmania, il Vietnam e il resto dell’Asia Meridionale, dove risulta essere, tuttavia, più raro ogni giorno che passa nelle almeno tre sottospecie riconosciute. Per la fondamentale condanna che deriva dall’essere troppo desiderabile, eccessivamente affascinante, nonché tristemente funzionale alle somministrazioni taumaturgiche dell’impietosa medicina tradizionale cinese (MTC). Che tanti danni ha causato e continua a causare, nel corso della storia recente della conservazione animale…

Tassonomicamente parlando quindi, la tartaruga dalla testa grande, o come viene anche chiamata in Cina, per la sua stretta e il forte becco “tartaruga falco” è una creatura di notevole interesse, in quanto rappresentante monotipica della famiglia Platysternidae ed il genere Platysternon, evolutosi da un antenato diventato biologicamente indipendente in epoche assai remote. Sebbene ritenuto lungamente, sulla base di superficiali ricerche genetiche e la mera osservazione dell’evidenza, in qualche modo imparentato con la famiglia delle tartarughe azzannatrici o Chelydridae, almeno finché nei primi anni 2000 una parziale mappatura del genoma mitocondriale non ha permesso di collocare piuttosto il nostro amico ai margini della superfamiglia Testudinoidea. Pur essendo, d’altra parte, una creatura che trascorre la maggior parte della propria vita sott’acqua, dove è solita nutrirsi uscendo dai propri nascondigli nelle ore serali, andando a caccia primariamente di piccoli pesci, vermi ed insetti. Stiamo d’altra parte parlando di una creatura non più grande di 15-20 cm, sebbene dotata di un’aggressività e territorialità decisamente superiori a quelle che saremmo inclini ad aspettarci da lei. Tanto da aver lungamente complicato la vita dei naturalisti e addetti alla conservazione naturale, vista l’inclinazione di molti esemplari ad attaccare spietatamente membri della stessa specie ed entrambi i sessi se inseriti all’interno di uno spazio relativamente contenuto, arrivando anche a ferirsi gravemente durante l’accoppiamento. Il che non ha impedito, d’altra parte, ad un fiorente mercato nero del commercio internazionale di far conoscere e trarre grandi vantaggi economici dall’esportazione abusiva di tartarughe prelevate direttamente in natura. Questo proprio per la difficoltà di farle riprodurre in cattività, come esemplificato dalla trionfale sequenza di articoli pubblicati lo scorso novembre in merito alla rara nascita di tre piccoli allo zoo di Londra, un evento giudicato degno di essere lungamente oggetto di celebrazione. Una letterale goccia nel mare, quest’ultima, per una creatura la cui effettiva popolazione resta ignota all’indice dello IUCN, benché si sospetti un calo drastico dei numeri complessivi pari a circa il 90% nel corso delle ultime tre generazioni (90 anni circa). E non aiuta il fatto che lasciate alle proprie attività innate, queste tartarughe risultino ragionevolmente adattabili e resistenti dal punto di vista autoimmune, ma soltanto finché la temperatura non superi un determinato e non altissimo valore: 25 gradi Celsius. Oltre i quali entrano in una sorta di letargo, il loro metabolismo rallenta e generalmente possono morire nel giro di qualche settimana. Ragion per cui il possesso ed allevamento in Occidente, comunque permesso dal CITES a patto di essere in possesso della documentazione appropriata, è consigliato soltanto a coloro che dispongono di una cantina o altro luogo termicamente isolato verso cui traslocare l’acquario durante i mesi più caldi dell’estate.
Decisamente più difficile, d’altra parte, risulta essere la creazione di un ambiente impeccabile in cui procedere all’allevamento, con molta acqua in movimento, perfettamente limpida e depurata (quella prelevata direttamente dal rubinetto non parrebbe essere adatta alle tartarughe megacephalum) luoghi per nascondersi durante il giorno e molte ore di tranquillità ed oscurità, durante cui l’animale possa estrinsecarsi nelle attività fondamentali della sua vita predatoria. La classificazione dei sessi risulta essere, d’altronde, piuttosto complicata con l’unico riferimento possibile di un plastron ventrale leggermente concavo nel caso del maschio, e convesso della femmina, oltre a un’apertura cloacale più arretrata per il primo. Tutte differenze comunque minime, che possono sfuggire anche ai presunti esperti di questa specie dall’alto grado di unicità.

Ciò che colpisce maggiormente ad ogni modo, come anche osservabile nel video di 47ruacanhphongthuybmt, è la naturale propensione di queste tartarughe ad arrampicarsi. Mediante l’uso degli artigli prensili, il duro becco ed anche la notevole coda articolata, spesso lunga quanto il carapace stesso, dotata di muscoli abbastanza forti da avvolgersi e tenersi saldamente a rami o radici. Tanto che sussiste la leggenda, difficilmente verificabile, secondo cui esemplari di tale specie sarebbero anche inclini ad arrampicarsi verso la cima degli alberi, con finalità ed aspirazioni decisamente difficili da immaginare. Molto più frequente, ed altrettanto memorabile, resta invece il modo in cui il rettile nuota faticosamente controcorrente, bilanciandosi con la suddetta coda tenuta in alto ed arcuata come quella di una scorpione. Una visione certamente in grado di evocare ulteriori schiere di personaggi fantastici ed immaginifici, in una combinazione di elementi prelevati da recessi contrapposti del grande, spesso imprevedibile albero della vita.
E chi può dire quali saranno, nei prossimi episodi della serie, le future evoluzioni del Pokémon Chewtle, la cui versione “adulta” Drednaw (num. 834) perde l’effettivo rapporto delle proporzioni in stile SD, probabilmente per sembrare più aggressivo e minaccioso… Non che agli storici, forse dimenticati colleghi testoni della serie Puzzle Fighter fosse mai mancato quell’aspetto caratteristico, che coniuga fondamentale violenza d’intenti e una graziosità innata delle forme. Tanto tipico e considerato a ragione rappresentativo, della cultura d’intrattenimento giapponese in epoca post-moderna.