Avete mai visto una foca della Juventus fare il tifo nel gelido mare dei Ciukci?

Zebra, zebra, nobile animale! Poiché conosce i meriti delle ore trascorse sotto il cielo aperto, interpretando le precise traiettorie di un pallone. Altrimenti come spiegheresti l’equina alternanza cupa e chiara, che quasi direttamente si richiama alla livrea di una delle più importanti squadre di pallone della più famosa penisola europea? Ma se una zebra fosse nata là, dove il mare stesso si ricopre di uno spesso strato di ghiaccio, di sicuro non avrebbe quattro zoccoli ed una criniera. Dovendo tuffarsi ad ogni volgere del vespro, trarrebbe giovamento da un corpo idrodinamico. E grossi occhi membranosi, l’ideale per vedere sott’acqua. Avrebbe pinne, al posto delle zampe, e senza erba nel raggio di un migliaio di chilometri non potrebbe fare altro che mangiare pesce a profusione. Eppure ancora tiferebbe, nel profondo del suo cuore adesso ricoperto da strati di grasso sovrapposti, per lo stesso emblema che fu il sacro simbolo dei propri genitori. Il suo spirito, l’essenza e personalità. Soprattutto se appartenente a una particolare specie, raramente fotografata, quasi mai trattata nei documentari, che per questo in pochi riconoscono quando gli capita d’incontrarla nella più vasta antologia di animali mai concepita: il mondo virtuale del web. Il che è piuttosto strano, dopo tutto, poiché nel mondo adesso esistono all’incirca 183.000, forse più del doppio di Histriophoca fasciata o foche dal nastro (ribbon seal) suddivise pressoché equamente tra i gelidi recessi del mare di Bering e di Okhotsk. Riferendosi direttamente alle loro specifiche residenze nei mesi d’inverno, laddove al progressivo liquefarsi delle proprie piattaforme scintillanti, esse rincorrono il bordo dei ghiacci fino a quello spazio estremamente nordico della geografica intercapedine tra l’Alaska e la penisola siberiana identificata con l’appellativo del suo popoli (i Ciukci) così vicino alla bagnata sommità del pianeta Terra. Il cui “nastro” può essere chiamato una metafora, nella misura in cui si riferisce alla gradevole alternanza di strisce nere e bianche, che circondano il pesante corpo dell’animale, intercalate da altrettanti cerchi neri su di una pelliccia marrone scuro. In quella che potremmo anche definire, abbandonando i richiami sportivi, una foca al caffellatte o cioccolato e vaniglia, nella tipica disposizione alimentare ed affamata della nostra gente dei continenti emersi. Di un’avidità conforme, a dire il vero, a quello stesso approccio al commercio di pellicce che portò famosamente tra gli anni ’60 ed ’80 dello scorso secolo alla creazione di un nuovo tipo di sport, simile al baseball ma in cui le mazze venivano impiegate con trasporto all’indirizzo dei fragili crani neonati di creature bianche come la neve. Perfettamente mimetizzate grazie alla loro preziosa pelliccia da una vasta varietà di predatori, ma purtroppo non quello più pericoloso di tutti: l’uomo. Sebbene sia legittimo affermare, in forza di una serie di fortuite circostanze, che il grosso del prezzo sia stato pagato dalla specie esteriormente simile della foca con la sella (harp seal) con la sua singola macchia nera sopra il dorso, ma una disposizione maggiormente socievole e soprattutto l’insolita abitudine di abbandonare i proprio piccoli altrettanto candidi ed inermi soltanto 10 giorni dopo la nascita. Affinché la natura facesse il suo corso, oppure l’anima spietata del commercio di pellicce pregiate…

Se volevate vedere un video di questa specie di foca mentre nuota dinamicamente o insegue le sue prede, siete venuti nel posto sbagliato. D’altra parte nessun celebre testata documentaristica, o canale specializzato, sembrerebbe essersi interessato alla natura specifica di questo animale. Diversamente da quanto avvenuto a più riprese per la harp seal.

Simili ma distinte, così come diversa e l’armonia di quegli stessi due colori, pallido ed oscuro, sull’irsuta superficie dei loro 1,5, 1,6 metri di lunghezza. Soprattutto nel comportamento riproduttivo, laddove la foca con il nastro a seguito di un periodo di gestazione durato circa 11 mesi, una volta partorito un singolo figlio tra maggio ed aprile, resta con lui per un mese intero, proteggendolo ed allattandolo riducendo sensibilmente la durata delle proprie battute di caccia, sebbene continui a lasciarlo incustodito per lunghi periodi sopra il ghiaccio dei Ciukci, dove nessun’orca, e tanto meno l’orso polare, riescono a inoltrarsi senza andare incontro a significativi ostacoli sul proprio cammino. Ragion per cui si è soliti affermare che la Histriophoca fasciata sia effettivamente del tutto priva di nemici naturali, fatta eccezione per la difficoltà di sopravvivere e nutrirsi in un luogo tanto remoto e inaccessibile, ragion per cui l’occasionale parto gemellare termina generalmente con il decesso di uno dei due fratelli. Non che la madre amorevole, in un sistema in cui il maschio si muove subito alla ricerca della successiva occasione d’accoppiamento, manchi effettivamente di risorse evolutive utili a far fronte a simili difficoltà. A partire dalla capacità d’inseguire e catturare le sue prede fino a 500 metri sotto il livello del mare, incluso lo sfuggente merluzzo dell’Alaska (Theragra chalcogramma) l’anguilla zoarcida e la seppia dagli uncini (Berryteuthis magister) in quantità di fino a 9 Kg giornalieri. Questo grazie al possesso di una dotazione d’organi tra i più grandi dei mammiferi in proporzione al peso, inclusi cuore e polmoni il che comporta una quantità di ossigeno nel sangue decisamente superiore alla media. Per non parlare dell’ulteriore sacca collegata alla trachea, che si estende fino alle costole rassomigliando molto vagamente al sacco di una cornamusa, con cui condivide anche la funzione probabile di emettere un distintivo e riconoscibile verso. Utilizzato durante il corteggiamento per riconoscersi a vicenda, assieme alle caratteristiche righe che circondano la pelliccia dell’animale adulto. Una cui funzione addizionale potrebbe anche essere, d’altronde, quella di fornire un tipo di camuffamento ottico simile a quello utilizzato brevemente dalle navi della seconda guerra mondiale, funzionale a rendere complessa l’individuazione esatta della loro distanza. Tanto fastidioso per l’artiglieria, quanto i crudeli artigli di un ipotetico e molto occasionale orso dei ghiacci del Nord. Un tratto sviluppato soltanto al raggiungimento dell’età adulta, dopo il periodo di circa un paio di mesi trascorso dai piccoli comunque abbandonati dalla propria madre prima dell’indipendenza, con cospicue risorse energetiche serbate sotto il proprio notevole strato di grasso, destinate a durare il tempo necessario ad imparare autonomamente come procacciarsi il cibo, costituito inizialmente da granchi ed altri piccoli crostacei del settentrione.
Studi recenti hanno nel frattempo dimostrato come il divieto di cacciare questi animali in Russia, coadiuvato dall’inserimento nell’elenco delle specie sorvegliate dal Dipartimento di Caccia e Pesca statunitense (sebbene non protette da uno specifico decreto presidenziale) abbia permesso alla foca con il nastro di veder crescere di nuovo la propria popolazione mondiale. Dando spazio a un altro tipo di minaccia, particolarmente difficile da risolvere perché in un certo senso inerente al concetto stesso di modernità…

Il movimento sulla terra ferma della foca con il nastro è particolarmente distintivo rispetto a quello sobbalzante degli altri pinnipedi, essendo piuttosto caratterizzato da un moto ondulatorio simile a quello di un grosso serpente.

La scena è ormai celebre sebbene molto specifica nel suo contesto: il momento in cui una donna di Seattle, nel 2012, si ritrovò sul portico di casa uno straordinario esemplare adulto di H. fasciata, che non aveva mai visto ne conosciuto prima di quel momento. Nient’altro che il primo, e maggiormente iconico dei molti avvistamenti che hanno coinvolto questa specie in luoghi molto al di fuori del proprio areale di appartenenza, tra cui lo stretto di Puget, il Northwest statunitense e in un paio di casi, persino la California. In maniera certamente niente affatto conduttiva alle comuni migrazioni di queste creature, idealmente concepite per restare a settentrione del Circolo Polare Artico, circondate unicamente dai propri simili e lontane da concorrenti nella propria nicchia d’appartenenza. Nel progredire di uno stato confusionale collettivo che potrebbe forse, un giorno, aprire la strada ad un diverso tipo di disastro.
Poiché non tutti gli amanti dello sport seguito al mondo si aspetterebbero di trovare un compagno tifoso tra i remoti e impenetrabili recessi del vasto Nord. Il che fornisce un certo stato di solitudine e tranquillità, ma anche pericolosa indifferenza. E come potremmo mai salvare il clima, se non diamo il giusto valore a chi risente maggiormente dei suoi mutamenti?

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