Trattori che costruiscono colline, coltivando l’arte nobile dell’insilaggio

Sofisticata deve necessariamente risultare, la progressione logica che porta la affamate moltitudini a soddisfazione gastronomica continuativa nel tempo. Poiché la civiltà presente non ha nulla, se non l’essenziale concezione che ogni cosa debba essere per forza “degna” delle proprie tavole, ovvero in altri termini, frutto di un apprezzabile sacrificio di tempo, vita o spazio di stoccaggio per un tempo abbastanza lungo. Poiché “L’umanità non è costituita da formiche!” Ma cicale armate di avanzate tecniche industriali, che consentono di mettere in secondo piano sostenibilità e ragionevolezza; per lo meno, verso l’ultimo anello di questa catena gastronomica dei giorni. Basta tuttavia decidere di risalire temporaneamente, lungo l’estensione tintinnante di una simile interconnessione tra causa ed effetto, per trovarsi circondati dalla prova pratica che collaborazione nella costruzione di colonie o cumuli, comuni agli imenotteri a sei zampe, in qualche modo ci appartiene ed la base stessa di un’industria particolarmente remunerativa: quella utile, più di ogni altra, ad arrecare nutrimento al bestiame.
L’insilaggio, in quanto tale, è un’arte particolarmente antica che consiste nella fermentazione indotta dei mangimi per mucche, pecore o capre risalente (almeno) al 1500 a.C. Sebbene non figuri alcun metodo ancestrale, nel particolare approccio alla questione dimostrato in questo video timelapse della cooperativa agricola statunitense Green Earth Ag Services, nel corso del quale viene portata a termine l’ultima fase preparatoria di una quantità approssimativa di 36.800 tonnellate di mais. Abbastanza da nutrire, per un tempo di svariati mesi, l’intera popolazione super-densa di bovini all’interno della gigantesca proprietà committente. Mentre il gruppo di trattori, avendo già deposto a strati sovrapposti quanto di dovere successivamente compattato grazie al loro stesso peso, attendono pazientemente che la ruspa con il braccio scavatore guidi fin sopra la cima, mentre il gruppo di operatori dispone il velo di plastica a tenuta stagna. Ciò affinché l’ossigeno venga bloccato dal penetrare in mezzo al cibo granulare ed ultradenso, accuratamente messo sotto-vuoto, per quanto possibile, mediante l’impiego del risucchio di un ventilatore da campo. Segue quindi, lo srotolamento della tela impermeabile trainata grazie al mezzo da cantiere, che dovrà essere bloccata in posizione tramite l’impiego di pneumatici tagliati a metà, affinché il vento e le intemperie non possano raggiungere il prezioso contenuto sottostante, linfa letterale della vita non-umana in fattoria.
I vantaggi dell’insilato rispetto a fieno e cereali prelevati direttamente dai campi risultano del resto estremamente significativi: non soltanto per la conservazione a medio-lungo termine, ma anche per l’apprezzabile incremento di cibo prodotto in proporzione agli acri coltivabili, senza per questo causare la decrescita del contenuto proteico necessario al benessere dei consumatori quadrupedi finali. Grazie ad un altra particolare genìa del mondo animale, a suo modo addomesticata e soggetta alle volontà storiche mediante la semplice e posa in essere di condizioni funzionali allo scopo: quella dei batteri, bacilli e clostridia, che cooperano nella disgregazione delle cellule vegetali. Consumando ossigeno, per produrre zuccheri tutt’altro che nocivi…

Il silaggio con drive-over è una tecnica messa in atto secondo la stessa procedura in ogni paese in cui venga praticato l’allevamento intensivo su larga scala, come apprezzabile in questo video relativo al grosso cumulo di alfalfa (Medicago sativa) di un importante polo agricolo siberiano.

Il tipo di insilaggio dimostrato nel video della Green Earth Ag Services appartiene quindi alla classe definita dei drive-over (letteralmente, “percorribili mediante veicolo”) che costituiscono l’espressione più basilare e spontanea di un tale intento. Sparito il complesso e costoso edificio del silos verticale, che nel caso specifico avrebbe probabilmente dovuto raggiungere l’altezza impossibile di un grattacielo, ma anche in assenza del sistema altrettanto popolare del silo-bunker, consistente in una buca orizzontale nel terreno o spazio delimitato da mura, entro cui premere e compattare le copiose quantità di mais, avena, segale o erba medica, prima di procedere alla necessaria copertura e protezione dall’aria. Perseguendo in modo assai più semplice la mera costituzione di un vero e proprio cumulo, affinché sia il peso stesso del cereale a generare la fitta e impenetrabile coltre, al di sotto della quale possa compiersi il miracolo auspicato della fermentazione. Naturalmente, c’è una certa quantità di spreco in questo approccio funzionale, dovuto all’incipiente e progressiva marcescenza degli strati superiori, che tuttavia può essere adeguatamente mitigata tramite l’applicazione di una formula matematica precisa, che conduca al consumo progressivo di una certa quantità d’insilato attraverso il progredire del tempo. Il che lascia desumere, non visto durante il video d’apertura, un letterale esercito bovino in attesa di essere nutrito per l’intero anno a venire, grazie all’applicazione di una siffatta metodologia, l’unica realmente funzionale allo scopo. In condizioni ideali, dunque, l’insilaggio di tipo drive-over non prevede la perdita inevitabile di quantità superiori al 10% dell’intero raccolto, la così detta DM (dry matter loss) mentre la pratica inadeguata è una ricetta certa per la marcescenza inevitabile di quantità persino superiori ad un terzo del totale. E questo ammesso che un controllo adeguato da parte degli operatori, in fase di rimozione o feedout, permetta di notare il pericolo in tempo utile a gettare via la materia vegetale compromessa. Prevenendo il rischio sempre presente di avvelenamento delle mucche per contenuto tossico, o ancor peggio la liberazione in aria di una letale quantità di anidride carbonica ed altri gas nocivi, capaci di causare perdita di conoscenza e nei casi più estremi, persino la morte.
Ecco perché la gestione dell’insilato è stata fatta oggetto, negli anni recenti, della redazione di una lunga serie di linee guida e regolamenti, a cui le fattorie sono tenute ad adeguarsi per poter legalmente disporre di una simile importante risorsa. A partire dal riempimento inziale, che prevede la manovra dei trattori in condizioni di possibile cappottamento, per ogni fase d’ispezione procedurale successiva, da effettuare sempre almeno in coppia, affinché risulti possibile soccorrere il collega in caso di necessità. E soprattutto una volta raggiunto il momento estremamente critico del feedout, quando problemi potenziali ereditati all’inizio della stagione potrebbero, idealmente, causare crolli dalle conseguenze estremamente facili da immaginare. Ecco spiegata la ragione, dunque, per la presenza di una ruspa dotata di braccio idraulico sulla scena del timelapse, la cui benna potrà essere sostituita in seguito con lo strumento assai specifico del silage defacer, una testa rotante in grado di erodere la parte verticale della pila, senza per questo dare luogo a fessure entro cui l’aria possa penetrare, disturbando l’opera dei batteri benevoli custoditi all’interno.

La ricerca di un metodo realmente efficace per praticare il defacing dell’insilaggio ha costituito una notevole spinta al progresso tecnologico, rispetto alla tecnica storica che prevedeva il semplice impiego manuale del rastrello.

C’è soltanto un certo orizzonte temporale, quindi, che sia possibile raggiungere mediante l’approccio estremamente ragionevole dello stoccaggio all’interno di un fienile. Talmente prossimo e irrisorio, da poterlo chiaramente definire inadatto alle pretese implicite dell’attuale economia di scala. E come sarebbe mai possibile, a questo punto, poter garantire lo sfruttamento continuativo di una delle tecniche più antiche della sopravvivenza umana, l’allevamento? Antecedente addirittura all’implementazione di uno stile di vita stanziale, sebbene la scelta umana di trovare un luogo in cui trascorrere l’intera vita fosse destinata a portare, attraverso il trascorrere dei secoli remoti, a molti significativi vantaggi. Tra cui la scoperta che si perde nella nebbia dei tempi, secondo cui costruire fitti cumuli può essere la chiave d’accesso a incomparabili segreti e vaste soddisfazioni.
Sempre, s’intende, mediante l’impiego di quel sistema di processazione biologica, capace di trasformare l’erba in carne, che prende comunemente il nome di bovino. Forse il più grande amico donatoci dalla natura, proprio in forza del supremo sacrificio che è chiamato a compiere… Come membro involontario ma segretamente stimato, dell’enorme labirinto di formiche che è la suprema verità dei nostri tempi.

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