Quarantatré metri, per volare sulle cime degli alberi mentre le ruote scorrono veloci, su una superficie frutto del miglior sistema possibile per la viabilità contemporanea. Al di là di ogni considerazione sulle gesta dell’eroe Bellerofonte, che domò il cavallo alato per sfidare la mostruosa Chimera, o l’impiego originale ad opera di Zeus, il quale si dice avesse addestrato l’equino alato al fine di riportare le folgori scagliate fin sopra l’Olimpo, non è difficile comprendere da quale particolare suggestione, gli antichi Greci, avessero effettivamente concepito l’animale mitologico noto col nome di Pegaso, ibrido cavallo degli Dei. Chi non ha provato, in effetti, almeno una volta, quella sensazione di staccarsi momentaneamente da terra? Mentre con mano ferma, manteneva verso l’obiettivo il volante, le briglie o il manubrio del proprio veicolo/animale, la cui velocità crescente riusciva a suggerire l”impressione di un’assenza di peso la quale, almeno in parte, poteva essere riconfermata dalle percezioni di organi sensoriali fin troppo facili da trarre in inganno. Una qualcosa che potremmo affermare di riuscire a provare senza piume sulle nostre ali, in maniera trasformata dai presupposti ingegneristici dell’epoca moderna, guidando per le strade della città che a tale essere parrebbe aver dedicato la sua stessa esistenza con innumerevoli stemmi ed insegne, fin da quando è sorta tra le brulle distese del più grande stato americano. Sto parlando di Dallas, Texas, e della sua intersezione più famosa, ultimata nel 2005 per mostrare al mondo quanto sia possibile arrivare a fare, per riuscire a garantirsi una migliore viabilità da un lato all’altro della città congestionata. Oltre 5 milioni di persone vivono d’altronde, in quest’area metropolitana dove soltanto un paio di secoli fa rotolava l’erba secca tipica del contesto nordamericano, molte delle quali sono rassegnate ad incontrarsi, nell’ora di punta, presso l’incrocio cardinale tra la strada interstatale 635 e la tangenziale centrale US 75, dove nel traffico variabilmente tragico, gli automobilisti venivano chiamati ad espiare le colpe commesse nel corso della loro transitoria esistenza umana. Almeno finché una delle più impressionanti e distintive opere pubbliche di tutto lo stato, portato a termine l’investimento di circa 261 milioni di dollari, non venne finalmente inaugurata al pubblico, con ben due anni d’anticipo sulla tabella di marcia originariamente concessa dall’amministrazione cittadina nel 2002. Questo poiché ci fu un qualcosa di fondamentalmente geniale, non soltanto nella concezione progettuale di quella che avrebbe preso il nome di High Five Interchange, da un gioco di parole tra il famoso gesto celebratorio (“Batti il cinque!”) e l’effettivo numero di livelli di questa struttura alta quanto un palazzo di 12 piani, bensì nel modo stesso in cui era stata predisposta l’opera della sua costruzione ritenuta chiaramente necessaria. Tale da vincolare l’azienda vincitrice dell’appalto, la Zachry Construction, con significativi costi di noleggio del suolo pubblico, che potevano variare a seconda delle ore del giorno e della notte per cui chiudevano lo svincolo pre-esistente tra i 50 e i 110.000 dollari. Dimostrando come, per riuscire a compiere un’impresa straordinaria ai nostri giorni, occorra sfruttare le logiche fondamentali del capitalismo. E che nulla sia impossibile, seguendo l’anelito imprescindibile di ogni realtà aziendale di questo mondo, il guadagno.
La High Five, in quanto infrastruttura creata per sostituire un’obsoleto svincolo a mezzo quadrifoglio precedentemente collocato nella stessa posizione strategica, si conferma d’altra parte come l’ultima intersezione di una lunga serie particolarmente rappresentativa delle soluzioni di viabilità del più grande degli stati, con svariati altri esempi anche soltanto nella stessa area geografica della città di Dallas. Sebbene in nessun altro luogo, le limitate proporzioni ed il particolare contesto operativo abbiano avuto modo di far crescere in altezza la struttura in siffatto modo, fino a sfidare le nubi stesse tra le cime dei grattacieli, con i suoi piloni variopinti e le caratteristiche stelle usate al fine di renderli più visivamente attraenti. Un risultato perseguito in parte, come dicevamo, anche dal bisogno di operare al di sopra di un livello stradale pre-esistente, che venne quindi progressivamente chiuso al traffico e smantellato mano a mano che il sistema del nuovo incrocio prendeva forma stagliandosi verso il cielo distante. Metodologia, quest’ultima, capace di richiedere l’approccio particolare alla sua messa in opera, che invece di affidarsi al convenzionale sistema di lunghe ed ingombranti travi d’acciaio usò per quanto possibile elementi architettonici in cemento pre-fabbricato, assemblati preventivamente a lato della loro collocazione finale tramite delle imponenti gru, prima di essere sollevati in posizione mediante l’impiego di un’avveniristica macchina da cantiere chiamata erector. La quale, presentando l’aspetto di un carrello scorrevole su molte dozzine di ruote dal peso complessivo di 92 tonnellate, veniva fatta procedere a ritmo relativamente sostenuto lungo la parte del viadotto già portata a termine, mentre tirava verso di se i ponderosi componenti disposti in posizione direttamente sottostante a quella finale. Piccolo (grande?) contributo italiano al progetto, vista la provenienza di un simile apparecchio direttamente dai cantieri della compagnia Deal S.R.L, con sede presso Pozzuolo del Friuli.
Soluzioni personalizzate a problemi estremamente specifici, come quello affrontato essenzialmente dal concetto di un’intersezione a cinque livelli. Quando si tenta di comprendere l’utilità di un simile sistema stradale, infatti, occorre ricorrere all’immagine mentale delle quattro possibili direzioni inclusa l’inversione di marcia, ciascuna delle quali idealmente percorribili da un veicolo che affronta l’incrocio, il quale diventa inerentemente capace di smistare una quantità maggiore di automobili nel momento in cui a ciascuna di esse viene fatta corrispondere una differente corsia sopraelevata. Detto ciò quale può essere, in effetti, la funzione del quinto livello? Tali rampe particolarmente amate nello stato della Stella Solitaria, pur risultando stranamente poco frequenti altrove, non sono altro che la traslazione iperborea delle strade a percorrenza locale, al cui funzione diventa quella di prevenire il problematico fenomeno del weaving, termine tecnico riferito al rallentamento della viabilità per l’eccessiva vicinanza di una rampa d’ingresso a quella d’uscita, un problema che grava in maniera particolarmente evidente, ad esempio, presso svariate uscite del Raccordo Anulare della città di Roma. Differente il caso invece dell’unica intersezione a livelli sfasati capace di vantare sei livelli, collocata nel distante Oriente presso la città di Shanghai, dove l’ulteriore rampa si trova situata trasversalmente sotto l’incrocio principale ed attorno al pilone centrale dedicato alle figure mitologiche dei Nove Draghi, con la funzionalità di ponte pedonale e strada di servizio per opere di manutenzione più o meno ordinaria. Difficile per non dire impossibile, nel frattempo, risulta essere trovare online l’altezza di questo svincolo di Yan’an esistente dal 1995, al fine di verificare la cognizione secondo cui quello di Dallas risulti essere, ancora oggi, il più alto della Terra.
Ciò che possiamo affermare senza dubbio in merito alla spettacolare High Five, così come le effigi del cavallo alato che campeggiano sugli antistanti grattacieli, è che costituisca la perfetta soluzione ad un problema che nessuno, in precedenza, riteneva di avere. Semplicemente in quanto tali vette della viabilità metropolitana, fino a pochi decenni a questa parte, non potevano essere comprese né ritenute raggiungibili, come del resto continueranno ad esserlo in molti altri paesi del mondo, ancora per parecchi anni a partire dalla data della sua solenne inaugurazione. Anche per la difficoltà della gestione di simili strutture in particolari contesti climatici, vista la rapidità con cui il Dipartimento dei Trasporti texano deve intervenire ogni qualvolta la temperatura scende sotto lo zero, per assicurarsi che neppure la minore traccia di ghiaccio possa aumentare esponenzialmente la pericolosità degli stretti viadotti sopraelevati. E sempre tenendo a mente come, in simili apparati, talvolta un singolo incidente possa paralizzare completamente ed irrimediabilmente l’intera viabilità cittadina (nella maniera successa nel giugno del 2018 sull’High Five, quando un camion trasportante resina industriale si cappottò, causando un’interruzione del servizio durata un’intera, caotica mattinata).
Ma sapete come si dice: se non vuoi sacrificare almeno un toro bianco a Poseidone ogni tanto, come potrai mai aspirare a guadagnare una cavalcatura in grado di sfidare i crismi imposti dalla prigionia terrena? Anche questa, la saggezza che caratterizza il corpus mitologico del mondo classico se l’osserviamo con la lente del moderno quotidiano. E certi desideri dell’umanità, difficile negarlo, presentano pochissime ragioni di cambiare…