Avventurosa narrazione di un appuntito granchio triangolare

Attraverso valli, monti e foreste gli stregoni viaggiarono lungo le antiche vie dei commerci e le delegazioni diplomatiche tra i regni, alla ricerca del leggendario unicorno. Creatura mistica che come la magia stessa, apparteneva all’universo nebbioso antecedente all’intrappolamento razionale di ogni cosa, secondo un sistema logico che in ottima sostanza potremmo stabilire del tutto arbitrario. Nonché facoltativo. Poiché, chi ha mai deciso che la maggior parte degli animali debbano avere quattro zampe e non dieci? Due corna e non una? Un corpo dalle proporzioni ragionevolmente larghe, al fine di ospitare tutti gli organi con cura? Molti secoli dopo l’abbandono di quel proposito antico, gli esploratori a bordo di potenti navi trovarono quella creatura, ma le cose non erano, esattamente, come descritte negli antichi grimori: così conoscemmo quel mammifero marino, splendido narvalo, dal corpo tozzo e il dente affusolato, simile alla spada di un imperioso guerriero. Rostro, lo chiamarono, ed è un qualcosa che negli ambienti marini, tanto spesso, ricorre. Ma ciò che è grande non è sempre necessariamente “migliore” (qualunque cosa ciò debba voler significare) così come l’articolato ecosistema degli oceani può consentire, a diverse latitudini, altrettante inaspettate applicazioni del concetto all’origine di un simile pensiero. Vedi il granchio freccia a strisce gialle e azzurre Stenorhynchus seticornis dell’Atlantico occidentale, coi suoi 6 cm appena di lunghezza del carapace escluso il lungo corno zigrinato dalla funzione incerta. Ma ben 15 cm in larghezza incluse le zampe, che si aggira operoso tra gli anemoni e i coralli delle barriere nelle ore notturne, in cerca di quei lunghi anellidi policaeti, ovvero vermi dalla testa a spazzola, che una tale parte costituiscono della sua dieta. E nessuno che l’abbracci o l’accarezzi, come facevano le fanciulle dei dipinti preraffaelliti con l’equino mitologico, simbolo di una purezza e pace naturale dei sentimenti. Il che sembrerebbe aver lasciato spazio, nella naturale progressione dei fattori, all’implementazione di un carattere piuttosto aggressivo e territoriale, che porta questi piccoli esseri a respingersi a vicenda nella maggior parte delle circostanze, attaccando oltre ai loro simili qualsiasi altro crostaceo abbia il coraggio di capitargli a tiro.
Il granchio freccia d’altra parte, essere il cui nome anglofono (arrow) rappresenta nei fatti un riferimento all’arma dell’arciere piuttosto che, come potreste aver pensato, l’elemento grafico che indica una direzione, è un agguerrito carnivoro e convinto combattente di chiunque abbia dimensioni comparabili alle proprie, benché dinnanzi ad esseri più grandi non abbia particolari esitazioni a implementare l’efficiente tattica del mimetismo, tramite un approccio particolarmente scaltro alla questione. Inserito informalmente nella categoria dei granchi decoratori, classificazione inter-specie riferita a particolari comportamenti che sembrerebbero implicare un livello di pensiero superiore, S. seticornis è solito raccogliere pezzetti d’alga e raschiarli mediante l’uso delle sue sottili chele simili a pinzette, incrementandone la capacità di aderire al suo carapace. Come un cecchino vestito di verzure nella più immediata e funzionale interpretazione di una ghillie suit, l’esperto camminatore si ritira quindi tra i tentacoli del più vicino anemone spesso appartenente al genere Lebrunia, dal cui veleno paralizzante sembrerebbe aver sviluppato la più efficace immunità. Così come il mitico cavallino con la punta, era solito sfuggire ai cacciatori oltre i roveti della terra dei viventi, per nascondersi oltre gli sguardi di coloro che non meritavano l’incanto della sua presenza, ormai dimenticata…

Due granchi freccia combattono per il territorio, assolutamente indifferenti ai tentacoli protesi dell’anemone su cui si spostano, capace di agire come una sorta d’inviolabile arena. La natura, in silenzio, osserva l’esito della drammatica battaglia finale.

Come membro maggiormente significativo, ed unico ad essere stato effettivamente fatto oggetto di studi scientifici nell’intero genere degli Stenorhynchus, composto da quattro specie in tutto (debilis, lanceolatus, yangi e per l’appunto, seticornis) il granchio freccia striato delle Bahamas ne costituisce anche la tipologia più diffusa, con un areale dimostratosi capace di estendersi dalla North Carolina statunitense fino all’Argentina, inclusa una gremita popolazione nelle accoglienti acque del mar dei Caraibi, dove costituisce una visione particolarmente comune. Probabilmente tanto vasto più che altro in funzione degli ottimi presupposti migratori dello stato larvale dell’animale, costituito da una zoea segmentata che tende a fluttuare verso il pelo dell’acqua venendo trasportata via dalle correnti dell’Oceano, mentre continua a nutrirsi dei microrganismi soggetti allo stesso destino. Fino alla graduale trasformazione, con il trascorrere delle settimane, in megalopa o forma immatura del granchio, che gradualmente aumenta nelle dimensioni e guadagna il suo essenziale corredo di lunghe zampe. Il granchio freccia quindi, che vive in media circa un anno, una volta raggiunta l’età adulta attraverso una serie successiva di mute si accoppia nel corso dei mesi invernali, mediante un rituale che consiste nella deposizione dello spermatoforo da parte del maschio sul carapace della femmina, che provvederà quindi a fecondarsi da sola mediante una tecnica affilata attraverso le generazioni. Una volta deposte le sue uova, dunque, ella continuerà a portarle con se fino alla schiusa attaccate alle zampe posteriori, più corte e larghe proprio al fine di svolgere adeguatamente una così rilevante funzione. Studi approfonditi hanno dimostrato come, a tal fine, i fattori maggiormente rilevanti nel prevedere il numero di eredi messi al mondo siano la temperatura dell’acqua e le dimensioni di lei, molto variabili a seconda della dieta da cui ha potuto trarre giovamento nei periodi antistanti della sua breve, ma intensa vita. Tornando a parlare del comportamento predatorio di questi crostacei, particolarmente interessante è la loro capacità di creare una relazione simbiotica con talune specie di murene, labridi o altri feroci predatori della barriera corallina, che puliscono con i loro arti di precisione ricevendo in cambio gli avanzi di cibo, un approccio certamente coraggioso al problema alimentare, quando si considera come tali specie siano normalmente avverse a granchi di queste dimensioni, di cui tanto spesso si nutrono a loro volta senza nessun tipo di esitazione. Particolarmente amato da chi pratica immersioni nonostante gli orari di attività notturni, il granchio freccia viene quindi spesso fatto oggetto di fotografie o riprese, data la notevole maniera in cui si sposta da un luogo all’altro, in bilico su zampe tanto lunghe da esser quasi comiche, nella loro nondimeno chiara efficienza. Il che sembrerebbe aver portato, nelle ultime decadi, al problema inaspettato della raccolta sistematica per la vendita e collocazione negli acquari, una pratica non sempre messa in atto responsabilmente, iniziando a costituire una minaccia per particolari popolazioni isolate di questa creatura. Le quali forse un giorno, nemmeno eccessivamente lontano, potrebbero ritrovarsi ad essere minacciate nei loro presupposti di sopravvivenza futura. Perché conoscere un qualcosa, per un certo tipo di mentalità, significa immediatamente tentare di possederla. E noi tutti sappiamo a quanti drammatici problemi, ciò avrebbe portato gli estimatori e ricercatori dei più impossibili bestiari medievali!

Amici/nemici e qualche volta, concorrenti: in questo particolare frangente, il seticornis stringe con forza un pezzo avanzato dalla consumazione di una piccola seppia, che l’anemone Lebrunia aveva già afferrato, iniziando ad assaggiarne l’inebriante sapore. Purtroppo il video s’interrompe e ciò rende difficile capire, alla fine, chi l’abbia spuntata.

Come il Santo Graal dei primi naturalisti della Terra, la ricerca dell’unicorno avrebbe costituito una sorta di obiettivo irraggiungibile, capace di spronare l’umanità a continuare il suo studio appassionato delle cose antecedenti all’inizio della nostra lunga e travagliata avventura. Con una significativa differenza, tuttavia, rispetto alla questione di vermi-toro, grifoni ibridi e imponenti ciclopi: il destino di essere, prima o poi, Trovato.
Poiché non c’è drago o strano essere appuntito (equino o di tutt’altro tipo) più magnifico, di quello che davvero esiste nella tangibile terra dei viventi. Pur se si presenta lungo appena 15 cm e continua scaltramente a respingere, con le appuntite chele, ogni possibile tentativo d’incapsularlo in categorie già definite. Come si confà all’arcano possibile famiglio, di streghe o stregoni degli abissi, in un’Atlantide completamente trascurata dalla storia.

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