L’ultimo samurai del vero tonno giapponese

Alcuni dei più grandi personaggi nei rispettivi campi professionali sono caratterizzati da una lunga serie di aneddoti, ciascuno significativo nel definire le loro specifiche abilità e punti di forza. Persino in tale antologia di successi, tuttavia, ve ne sono alcuni che meritano una menzione particolare. Così è, probabilmente, per la metodologia implementata dal broker Yukitaka Yamaguchi e il suo intervento nella famosa disputa, avvenuta nel 2009, per uno dei più pregiati pesci che abbiano mai posato le loro defunte pinne sul suolo del grande mercato di Tsukiji. Un luogo che potreste conoscere, anche se non siete mai stati a Tokyo: dopo tutto, innumerevoli sono stati i segmenti televisivi, documentari e reportage internazionali dedicati a questo luogo unico al mondo, destinazione turistica irrinunciabile per chiunque ami sushi, sashimi o più in generale la rinomata cultura gastronomica giapponese. Specificando come, tuttavia, la scena in particolare non si sia svolta nel vecchio complesso di edifici in pieno centro cittadino dalla forma angolare, sito a ridosso del costoso quartiere commerciale di Ginza, bensì all’interno del bar di un hotel a Nihonbashi, alla vigilia di un’asta che ci si aspettava potesse superare abbondantemente i 10 milioni di yen (circa 80.000 euro). Immaginate, a questo punto, la scena: seduti al bancone ombroso, di fronte a tre bicchieri di birra due giganti della scena ristoratrice d’Asia: Imada Yosuke, 63 anni, proprietario del prestigioso ristorante Kyubei in pieno centro e Ricky Cheng, 41 anni, general manager della rinomata catena Itamae Sushi con sede a Hong Kong. I due perfettamente in silenzio, mentre aspettano la venuta di colui che li ha convocati lì. D’un tratto i presenti in sala tacciono, mentre dalla porta d’ingresso principale fa il suo ingresso il celebre Yukitaka. L’espressione atteggiata in un lieve sorriso, il passo sciolto di un consumato guerriero di 46 anni pronto a combattere la sua più importante battaglia, il semplice piumino nero e i calzoni da lavoro, come se fosse appena giunto sul luogo di lavoro. Senza proferire parola, egli raggiunge il posto vuoto tra i due convitati e con la massima calma, beve un sorso dal boccale centrale. La matita dietro l’orecchio sinistro, tra i più chiari simboli del suo mestiere, scintilla lievemente per l’effetto delle luci al neon. “Signori, benvenuti. Sarà una lunga serata. Che ne dite, dunque di venire al punto? Questo pesce, dovremo dividerlo a METÀ…”
Procacciatori d’ingredienti, veri chef mancati, esperti mercanti capaci di dominare le offerte con capitali e sponsor dalle risorse virtualmente illimitati. Eppure pronti, ogni qualvolta se ne presenti la necessità, a correre personalmente il rischio, acquistando a carissimo prezzo uno dei cosiddetti “20 tonni” realmente eccezionali, che giungono in queste auguste sale dopo una rapida trasferta da alcune delle più preziose riserve della nazione. I broker di Tsukiji sono questo e molto altro, eppure persino in questa categoria d’illuminati, Yukitaka è una figura tenuta in altissima stima. Poiché nessuno, come lui, avrebbe potuto tagliare lungo l’asse centrale l’equivalente alimentare di un diamante da 100 carati, avendo cura che entrambi i compratori potessero ricevere la stessa quantità di carne pregiata. Un’impresa che richiede, nei fatti, mano ferma e un occhio capace d’identificare immediatamente quali siano le parti adatte a produrre sushi e sashimi del più alto grado, con il coraggio di eliminare quelle imbevute di sangue, potenziali fonti di sapore o aroma fastidiosi. Per non parlare del giusto strumento: un “coltello”, se così vogliamo ancora chiamarlo, lungo all’incirca un metro e 30, non così dissimile dall’arma che samurai come Miyamoto Musashi erano soliti impiegare nel corso delle loro sanguinose battaglie. Il cui impiego, senza alcun dubbio, richiede una quantità assolutamente comparabile di abilità…

Una ensemble di cuochi coreani prepara il tonno all’interno di un ristorante di fama. I coltelli da loro impiegati, benché grossi per gli standard occidentali, non raggiungono tuttavia le proporzioni della spada di Yukitaka.

Persino il nome, incute terrore: maguro kiri bōchō (鮪切り包丁) letteralmente “affetta-tonno” scritto con lo stesso carattere che in questa lingua indica “tagliare” ma anche il concetto tipicamente samuraico delle vittime di un colpo di spada. Perché concettualmente e nei fatti, che cosa definisce effettivamente l’arma più celebre del guerriero pre-moderno, in molte culture elevata a simbolo stesso della cavalleria? Una punta acuminata, un doppio taglio, un’elsa per proteggere le mani. Mentre una katana, la spada spesso considerata sacra da chi intendeva percorrerne l’ardua Via marziale, essendo un’arma pensata originariamente per l’uso a cavallo, ha una lama curva e tagliente soltanto davanti, essendo concepita per menare quasi esclusivamente fendenti. Credo che la somiglianza con il coltello da tonno, a questo punto, sia straordinariamente evidente.
Veniamo ora alla mattina successiva del fatidico incontro. Sono circa le 5:00, 5:20 di mattina. In una delle sale principali di Tsukiji, illuminata a giorno da potenti fari al neon, un capannello di persone si affolla attorno al primo carico stagionale dei tonni selvatici provenienti dalla prefettura di Aomori. Gli intermediari, per convenzione professionale, toccano, annusano e tastano i diversi esemplari, tutti appartenenti alla categoria oggi protetta dei tonni a pinne blue, o per essere più specifici alla specie nipponica del Thunnus orientalis. Tutti tranne Yukitaka, che non ne ha bisogno. Lui sa già, grazie ai suoi contatti fidati tra i pescatori, quale animale dovrà aggiudicarsi, affinché i principali due clienti rimangano pienamente soddisfatti. All’inizio dell’asta, la situazione si fa concitata: secondo una credenza folkloristica infatti, mangiare i primi tonni di primavera concederebbe ai clienti di un ristorante una fortuna destinata a durare fino in autunno, ragione per cui questi carichi tendono ad aggiudicarsi delle somme d’asta occasionalmente comparabili a quelle di un’auto sportiva o persino, un piccolo appartamento. Quando si giunge quindi al grosso tonno che considera il suo obiettivo da almeno tre quintali e mezzo, indubbiamente il migliore della sala, il broker inizia a rilanciare l’offerta ancora ed ancora. Ben presto il prezzo supera i 5 milioni di yen, mentre la maggioranza del pubblico tace in rispettoso silenzio. È ormai chiaro che la somma raggiungerà una cifra da record. Alcuni dei compratori più agguerriti, tuttavia, continuano a competere con lui, finché raggiunti i 9,8 milioni, finalmente, si devono tirare indietro. A quel punto, la prima fase della sua missione è compiuta. Ora veniva la parte, per così dire, saliente.
Manovrare il maguro kiri bōchō, specie se del tipo più lungo di 100 cm, è un’impresa che richiede normalmente due persone. Eppure gli associati e assistenti di Yukitaka sapevano bene che, quando il maestro assumeva una simile espressione, nessuno aveva il permesso di avvicinarsi. Come da accordi presi, d’un tratto nella sala periferica fanno il loro ingresso i due daimyō del pesce, ciascuno proveniente da un diverso mondo culinario, Cina e Giappone. Voltandosi brevemente a 45 gradi, l’uomo con la spada li guarda e annuisce. Senza un attimo di esitazione e perfettamente all’unisono, Imada e Cheng rispondono con un cenno d’assenso. Senza un suono, la lama attraversa l’aria, piantandosi nettamente in corrispondenza della spina dorsale del gigantesco nuotatore dei mari.

La pesca dei tonni pinne blu è una prassi soltanto in parte sostenibile, condotta nei più remoti angoli del mondo, come nel caso di questa imbarcazione dei mari del Sud. Tutti sanno, ad ogni modo, l’imprescindibile verità: che circa l’80% del pescato globale, ogni anno, viene destinato a venduto al solo Giappone.

Successo totale. Tagli impeccabili. Apoteosi. Tutti conoscono la leggendaria attenzione ai dettagli giapponese, nonché l’orgoglio che gli appartenenti a questa cultura riservano nella pratica di qualsiasi arte o mestiere, non importa quanto umile all’apparenza. Così che l’autista di taxi, il capostazione, il vigile urbano, persino il ragazzo che consegna i pacchi di Amazon, si sentono gli ultimi depositari di una linea ininterrotta e senz’altro degna di stima, che ha elevato gli standard dei rispettivi mestieri fino all’eccellenza dei nostri giorni.
Figuratevi quindi, il rispetto concesso nei confronti di chi maneggia il più nobile e pregiato dei cibi, preparandolo per la lavorazione finale da parte di un’altra figura fondamentale: il cuoco. Il mercato di Tsukiji, in questo, non è che un’altra eccezionale scatola ricolma dei misteri dei kami (esseri superiori che albergano all’interno di cose o situazioni). Che è potuta diventare ciò che tutt’ora rappresenta, soprattutto grazie alla dedizione continuativa dei suoi principali eroi. Figure per cui impugnare la spada, persino in quest’epoca di rinunce, costituisce un gesto ricco d’implicazioni profonde. Cosa volete che sia, di fronte a tutto questo, il rischio di pesca eccessiva nei confronti di un’intera genìa di pesci? Che cosa, l’insostituibile vita di una balena o di un intero branco di delfini? Il vero guerriero sceglie con cura che cosa sacrificare. Ma essendo sempre pronto alla morte, non sempre è in grado di mettere le cose in prospettiva. Finendo per dimenticare, ahimé, il domani.

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