L’incredibile organo a biglie di Martin Molin

Wintergatan

C’è molto da guadagnare, con l’analogia mimética dei processi musicali. Nel fondamento stesso del concetto di stregoneria, intesa come realizzazione di un qualcosa che trascenda la materia, si può individuare la necessità d’indurre la reazione con un gesto e la parola. Abracadabra, mondo: questo è il mio strumento. Non ce ne sono d’altri uguali. L’altro ieri, sotto gli occhi sempre attenti del pubblico internettiano, il musicista svedese Martin Molin, di 33 anni, ha svelato il molto atteso risultato dei suoi molti mesi di lavoro (14, per essere precisi) ottenendo un successo virale straordinariamente esplosivo, molto al di là di quello mai sperimentato in precedenza dalla sua band sperimentale synth pop, i Wintergatan. Il cui nome significa, letteralmente, Via Lattea, ma nel quale la V è stata cambiata con una W, probabilmente per analogia col termine inglese che vuole dire inverno. Ed i cui membri, in questo caso, hanno deciso di comune accordo di non comparire nel presente video, con l’intenzione probabile di massimizzare l’attenzione del pubblico sul loro capo carismatico e la sua invenzione. Che come per l’appunto dicevamo, ha un che di luce sovrannaturale, o per usare un’espressione anglofona, otherwordly. Il genio della musica ed a quanto pare, anche dell’ingegneria e del fai-da-te, vi compare con un abito scuro degno di una pièce teatrale su Edward Mani di Forbice, mentre gira enfaticamente la maniglia della sua creazione, stagliandosi contro un fondale totalmente bianco che offre il miglior contrasto possibile all’intera scena. Il video nel frattempo, creato dall’amico Hannes Knutsson, vanta una regia piuttosto interessante, che non fa che enfatizzare ulteriormente lo spettacolo del macchinario sferragliante. E che spettacolo, vederli all’opera, l’uomo e il suo fantasmagorico apparecchio, il cui suono ci appare tanto più perfetto grazie ad artifici digitali ed un sapiente uso della post-produzione. Forse, persino, troppo perfetto.
Certo. Puoi suonare l’approssimazione di una sinfonia di Beethoven o Mozart anche al sintetizzatore, attraverso il campionamento di un sistema informatico come lo standard dell’industria, l’ormai vetusto MIDI. E non ci sarà nulla di diverso, in linea di princìpio, tra una tale prassi e quella di un tradizionale organo meccanico, visto come ciascun movimento, ogni fuga e scala e partitura, siano pur sempre il frutto di un’esecuzione “in diretta” ovvero fatta dalla macchina, non registrata. Ma è pur vero che nell’elettronica, per quanto ci sia dato di vedere ad occhio nudo, non c’è movimento, ovvero manca del tutto quella componente estetica che, in perfetta sincronizzazione con i suoni, dovrebbe fornire un utile sostegno all’intrecciarsi dei diversi sensi, vista e udito. Il praticante di arti magiche della scuola di Hogwarts, tanto per usare un luogo di rappresentanza largamente noto, prima di piegare le norme della fisica e la logica, deve necessariamente puntare la bacchetta e pronunciare la sua formula fatale. Senza approssimazione, del gesto con l’effetto, non c’è un senso mistico di meraviglia. Ed è qui, che entra soavemente in gioco, lo splendore tecnico dell’organo basato sulle biglie. Martin Molin afferma, in alcune dichiarazioni riportate sull’articolo del Daily Mail, di aver tratto idee funzionali per la sua ultima creatura da due mondi totalmente differenti: il moderno e l’antico. Il primo, soprattutto, per il tramite della vasta sottocultura delle “macchine per le biglie” un intero mondo di creativi, tra cui alcuni già trattati in questa sede, che hanno dedicato il proprio ingegno a rendere più interessante la giornata di chiunque veda i loro video, mostrando il modo più fantastico (e fantasticamente superfluo) per far muovere un’alta quantità di sferette lungo un tragitto discendente, ancòra e poi di nuovo; viene infatti sempre previsto, al termine del percorso, un ascensore motorizzato che riporti i piccoli passeggeri al punto di partenza. In particolare lui cita come principale ispiratore Matthias Wandel, il giustamente celebre inventore, artista e falegname che dal 2007 ha affascinato YouTube, costruendo ogni sorta di marchingegno o macchina stupefacente. L’altra fonte della sua invenzione, nel frattempo, presentava una genesi ben più remota….

Museum Speelklok
Ogni tipo di suono può essere meccanizzato. La soluzione scelta, se adeguatamente complessa, nobilita l’intera esecuzione. Come si può desumere dalla notevole selezione offerta nel museo.

Non ci è chiaro quando Martin Molin, forse durante una tournée coi suoi compagni di concerti, oppure magari nel corso di un viaggio di piacere, ha avuto l’occasione di visitare il museo Speelklok di Utrecht, nell’omonima provincia dei Paesi Bassi. Mentre ci viene ampiamente spiegato come proprio l’aver preso visione della vasta collezione di strumenti automatici ivi custoditi, tra cui carillon, orologi musicali, organetti di Barberia e organi a rullo, sia stata ulteriore causa scatenante del suo ambizioso progetto, per il quale in origine, nell’ormai distante dicembre del 2014, aveva previsto al massimo due mesi di lavoro. Ma che invece nel suo procedere, attraverso un processo di progressivo aumento della complessità creativa ritenuta necessaria, si è prolungato fino ad oggi. Con risultati, certamente, da encomiare: il cuore della macchina, o il suo orecchio compositivo, per così dire, si nasconde nel suo rullo principale, una ruota in legno sulla quale l’autore ha applicato un nastro con una matrice di forellini, a misura per l’inserimento rapido di 13 file di pioli in plastica, del tipo comunemente usato dalle costruzioni della Lego. Ciascuno di essi, quindi, nel ruotare del marchingegno, si troverà ad agire su un sistema di leve, concepite per far sollevare altrettanti fermi, ciascuno mirato a far cadere una singola biglia, e non di più, verso un bersaglio attentamente designato. Ce ne sono di diversi: il principale, un vibrafono di tipo apparentemente metallico, elemento usato per la melodia principale, si trova in posizione tale da attrarre subito l’attenzione dello spettatore, anche in funzione del singolare sistema usato per raccogliere ciascuna pallina (in realtà, si tratta di cuscinetti a sfera) successivamente all’assolvimento della sua mansione musicale: un piccolo imbuto, collegato ad un sistema di tubi. I quali conducono ad una piccola vetrina frontale, da cui le palline, per l’effetto della gravità scivoleranno inesorabilmente fino a una rotaia incurvata verso l’alto. Da cui una serie di sollevatori a pettine, fatti funzionare dalla stessa rotazione della manovella principale, si occuperanno di riportarle nuovamente verso l’alto, affinché la musica non giunga mai, idealmente, a fermarsi. Benché lo stesso Molin, nel corso del video, decida di fermare temporaneamente l’esecuzione, per mostrarci il possibile funzionamento manuale delle leve.
Altrettanto ingegnoso è il sistema di smistamento delle biglie, a cui tra l’altro viene dedicato un intero video tra la cronistoria in 7 capitoli della creazione della macchina, disponibile sul sito ufficiale della band. Le palline, una volta riportate in cima dall’ascensore, si troveranno infatti a alle prese con un susseguirsi di deviatori a T invertita, che l’autore chiama meccanismi a flip-flop (sembrano componenti orologistiche) finalizzati a deviarle in modo alternato su una serie di binari differenti. Ciò assicura un’equa circolazione dei minuscoli fondamentali musicisti, vero fluido funzionale dell’insolito, ineccepibile meccanismo.

Animusic Machine
È difficile, osservando la nuova macchina in legno, non ritornare con la mente alla creazione di tipo industriale commissionata dalla Intel nel 2011, con la finalità di dare forma fisica al celebre cortometraggio di Animusic, Pipe Dreams.

Il processo costruttivo dell’intero marchingegno viene qualificato dallo stesso Molin, nel contesto dell’intervista concessa per l’articolo della rivista Wired, come un’applicazione del princìpio del moulage, ovvero la “applicazione/apposizione”. Ciò a dire, con il proseguire dei lavori, egli si è curato di aggiungere ulteriori elementi all’idea generativa in corso d’opera, lasciando che la sua invenzione crescesse senza una chiusura progettuale definita. Ciò ha portato, nel corso dei lunghi mesi, ad aggiunte particolarmente utili, come il cimbalo attivato da un ulteriore binario periferico, ottimo per chiudere gli assoli, o il meccanismo per far modulare la frequenza delle note del vibrafono, muovendosi in alternanza da una parte all’altra. Per non parlare del tamburo dal suono sordo, una vera e propria voce ulteriore, a disposizione di qualsiasi abile musicista. E di altre meno fondamentali, quali l’intera chitarra imbullonata sul frontale della macchina, probabilmente inclusa con finalità di tipo primariamente estetico, benché sia possibile immaginare, dopo un periodo di iniziale acclimatamento con l’astruso macchinario, l’operatore che strimpella qualche nota accompagnando il suono reiterato delle biglie. Benché tale momento possa in effetti non giungere mai, visto come egli abbia in effetti dichiarato la comprensibile intenzione, in un prossimo futuro, di smontare la macchina e ricrearla in maniera più trasportabile, affinché sia utilizzabile durante i concerti della band.
Un’opera con un fine ulteriore particolarmente nobile, dunque: di condividere il risultato della propria sapienza costruttiva con i vecchi amici, sfruttarla assieme a loro per portare avanti il nome di una band, precedentemente nota soprattutto nel suo paese, ma che certamente adesso farà strada. Anzi, sta risuonando proprio in questi giorni da un lato all’altro del globo, grazie alla singolare invenzione di Molin. C’è molta creatività, e mestiere, nell’intero show, e non soltanto di tipo manuale, al contrario di quanto sembrino pensare molti dei commentatori. Perché intanto l’orecchiabile composizione suonata dalla macchina, in effetti, si regge anche su strumenti di accompagnamento che partecipano in playback (questo dovrebbe essere chiaro, ma piuttosto stranamente, non sembra esserlo online) ed anche per il fatto che il suono estremamente limpido prodotto da ciascun componente sia, in effetti, il frutto di un sistema di post-produzione in tempo reale, che pulisce le note e le amalgama idealmente tra di loro. C’è quindi, una certa componente simulata in ciò che siamo chiamati ad ascoltare. Il che, ad ogni modo, veniva anche ampiamente spiegato in uno dei video precedenti. Che non tutti hanno guardato.
Si ma, cosa importa… L’immaginazione è importante nell’apprezzare una tale meraviglia, almeno quanto l’orecchio musicale, e la capacità d’inserirla in un quadro storico dalle ampie ramificazioni. Forse in passato, qualcuno si è mai lamentato dell’acustica di un teatro che fosse “troppo perfetta” o facilitasse il mestiere dei musicanti? Ogni ausilio all’arte dovrebbe essere profondamente ben voluto. Ivi inclusa, l’elaborazione informatica del suono. Anche perché se si considera per un attimo, come fatto poco sopra, la precedente approssimazione di questo stesso macchinario, il famoso Pipe Dreams di Intel, non si può fare a meno di citare le testimonianze di chi la ha visto in funzione di persona, presso il centro visitatori della grande azienda tecnologica, in cui si parla di come le note fossero sempre corrette nella melodia, anche quando le palline mancavano il bersaglio. Mentre qui siamo all’apparenza, almeno per quanto abbiamo visto fino ad ora, molto più vicini alla realtà.

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