Il gigante ingombro di pesanti oggetti ed in navigazione verso una destinazione immota all’improvviso si ferma. E nel giro quello che costituisce, per creature di una simile portanza, poco più che un attimo ovvero la mezza parte di un lasso pomeridiano, esso inizia a constatare una tempesta di febbrile attività antistante. Persone che ne lasciano le alte murate, sfruttando in parte il ponte della pilotina incaricata di guidarlo, a mo’ di pesce remora, fino alle circostanze correnti. Mentre un paio di altre imbarcazioni, persino più piccole, si aggirano febbrilmente intorno per rimuovere detriti galleggianti ed altre amene interferenze future. Poiché l’abnorme scafo nella baia, adesso attentamente sorvegliato sulla riva dai membri del proprio equipaggio, assieme ad una pletora di gente che passava di lì per caso, nel momento del via libera sembra perdere improvvisamente l’equilibrio. Accantonando ogni coerenza con la linea dell’orizzonte, mentre ruota delicatamente in senso anti-orario. Centinaia, se non migliaia di possenti sigari, fragorosamente scivolano in mare.
Dev’esserci sempre una speciale considerazione, per coloro che riescono a superare con tranquilla professionalità le curve e le casistiche dell’esistenza. Così piegandosi, come giunchiglie in mezzo ai refoli di vento, essi assecondano la forza centrifuga, riuscendo a soddisfare l’esigenza di tracciare linee che conducono a soddisfazione il progetto di partenza. Rapidità eminente. Nessun tipo di ripensamento. Tratti caratteriali che potremmo, fatte le dovute proporzioni, attribuire alla creatura oggetto di cotanta meraviglia e senso di stupore sopra il palcoscenico dell’occasionalmente trafficata linea costiera vancouveriana. Columbia Inglese, dunque: terrà di opportunità. Ricca di preziosi materiali, ivi catalogato quel legname di foreste secolari, che un tempo si credeva non potesse mai esaurirsi, indipendentemente da quanto l’uomo andasse a sezionarne per la costruzione delle sue città immote. Tanto che per un paio di secoli almeno, si era giunti in questi lidi alla comune soluzione di lasciar scrosciare tali tronchi lungo l’acqua calma dei canali scavati proprio a tal proposito, affinché fossero soltanto la forza della corrente e della gravità a svolgere il grosso del lavoro necessario al raggiungimento della destinazione d’utilizzo finale. Se non che questi scheletri degli alberi una volta immersi tra i flutti, soprattutto se salmastri, iniziano un percorso di disfacimento che ne tende pressoché immediatamente a diminuire il valore. Tra la gioia dei molluschi e vermi xenofagi che prosperano al prolungarsi di tali errori; dal che l’esigenza, percepita per la prima volta al volgere del primo quarto del secolo scorso, di trovare una soluzione migliore. O per meglio dire 11, la quantità di chiatte da traino costruite in tutta fretta negli anni successivi alla Grande Guerra con legno d’abete insufficientemente stagionato, denominate Ferris, che costituirono a partire dal 1925 la flotta trainata dalle potenti navi pilota a vapore della British Log Transport Company. I margini di miglioramento interconnessi alle procedure di carico e scarico, tuttavia, erano ancora significativi ed il successo commerciale dell’impresa vide l’emersione di un ampio novero di concorrenti…
metodi
Gamberi, venite! E che le pale della mia ruota siano più veloci di un alligatore della Louisiana
Tutt’uno con la natura, al principio dell’inverno la barca borbottante dell’allevatore scivola leggera nella risaia intenzionalmente allagata. Il suo bizzarro metodo di propulsione, scelto per maggiore convenienza in un contesto dove sono il fango e i fili d’erba attorcigliati a farla da padroni, non sembra inficiare in alcun modo l’efficienza dell’operazione, ma piuttosto agevolano il compimento del suo compito quotidiano. Una volta a destra, una a sinistra, l’uomo si sporge fuori dai bordi rialzati, afferrando con le proprie mani le pratiche maniglie di quelli che non possono in alcun modo essere dei semplici frutti della natura. Nonostante contengano una quantità di calorie, e sapore, persino superiori: poiché sono le nasse che lui stesso aveva posizionato, e ciò che si agita all’interno è un’effettiva pletora di gamberi di acqua dolce della Louisiana. Mentre altri rappresentanti della specie gli sciamano rapidi attorno, schivando il peso dello scafo che praticamente tocca sul fondale, o della ruota posta in fondo a un braccio che ricorda un ibrido tra un macchinario da miniera ed un iconico ferry boat del fiume Mississippi. Echi di piacevoli grigliate o bolliture di famiglia, di quartiere, degli amici della scuola o della festa dell’ufficio con l’artificiosa e ormai distante aria condizionata, svaniscono d’altronde nel momento in cui qualcosa di… Più grande viene soverchiato dal passaggio dell’intruso frutto della società industriale. Poiché come la savana ha il suo sovrano dalla lunga criniera, e così il signore ursino dei boschi dell’Oregon, anche gli acquitrini del profondo Sud possiedono il loro sovrano. Che con un sobbalzo preoccupante, emerge assieme ai longaroni della ruota in questione, essendo diventato almeno in apparenza una parte stravagante, o decorazione imprescindibile, della struttura stessa. Attaccato per i denti e a una pressione di 149,4 kg per centimetro quadrato, corrispondente all’energia del morso dell’alligatore. Molto meglio, ancorché più preoccupante, di un semplice cane che ricorre l’automobile di fronte al territorio domestico dei suoi padroni. E cosa fare, a questo punto, se non accelerare repentinamente, muoversi a zig-zag premendo con i piedi il singolare sterzo dell’imbarcazione! Nient’altro che un lunedì come qualsiasi altro, per un esperto allevatore di gamberi della Louisiana.
Questa è una di quelle scene, documentate per il pubblico di Internet nella forma non necessariamente esaustiva di una breve animazione senza contesto, che si offre di mostrarci la natura ed il funzionamento di un’industria a cui pensiamo fin troppo raramente. Alle sue tecnologie, ed i pericoli che implica la produzione di cotante delizie, che riempiono le nostre tavole nelle occasioni davvero speciali…
Il vortice ingegnoso che corrobora e infeltrisce la lana dell’Est Europa
L’invenzione della lavatrice ha per lungo tempo costituito una di quelle meraviglie della tecnica capaci di cambiare la società in maniera trasversale ma profonda, liberando le persone dalla reiterata incombenza di una serie di gesti e operazioni particolarmente ripetitive, inclusa la trasferta fino al torrente o fiume più vicino. E ciò senza neppure calcolare il tipo di problematiche che tendevano a derivare dal vecchio metodo, con la contaminazione arrecata da sostanze saponate, dalle origini più o meno naturali, liberate in quantità commisurata dalle comunità crescenti del mondo civilizzato contemporaneo. Ma se volessimo effettivamente risalire all’invenzione di un simile strumento, anche tralasciando il requisito caratterizzante dell’elettricità, il vapore o altro ausilio energizzante utilizzabile a comando, difficilmente potremmo andare oltre l’anno 1752, con il primo brevetto del professore, naturalista ed ingegnere tedesco Jacob Christian Schäffer, consistente essenzialmente in un barile fornito di apparecchiatura di mescolamento con pratica maniglia disposta verticalmente. Sottintendendo un risultato ragionevolmente efficace, sebbene derivante dall’investimento di copioso olio di gomito e minuti ed ore delle proprie preziosissime giornate su questa Terra. Un punto debole apparentemente imprescindibile, finché non si prende come riferimento un singolare approccio professionale dell’industria tessile della Romania, i cui produttori avevano scoperto e utilizzato, a quel punto ormai da secoli, il vantaggio offerto da una delle forze maggiormente universali a questo mondo, già studiata dai filosofi dell’Antica Grecia: la tendenza delle acque a scorrere verso il basso, attirate dalla gravità terrestre. Gravità, ne avete mai sentito parlare? Come quella veicolata in modo partecipativo, tramite l’impiego di canali e scivoli degni di una fontana rinascimentale, all’esterno dell’edificio principale del mulino meccanizzato di La Vâltori nelle vicinanze del villaggio di Brașov, presso il corso del fiume Lisa nel bel mezzo della Transilvania. Con una scena diventata virale su Internet negli ultimi giorni, forse tramite una gif animata condivisa su Reddit, in cui vengono mostrati alcuni abiti o coperte gettate senza troppe cerimonie all’interno del recipiente di assi di legno in fondo al suddetto sentiero delle tubazioni. Dove, per l’effetto di una dimensione attentamente calibrata, ruotano spontaneamente ancora e ancora, mentre l’acqua viene rimpiazzata e defluisce con un flusso continuo. Coronamento posto al termine di una serie di passaggi degni della migliore tecnologia in stile Rube Goldberg, con la lana pronta per la tessitura che viene districata automaticamente tramite un rullo sospeso sopra un letto di chiodi. Capite le reali implicazioni di tutto questo? Siamo in un’epoca in cui si studia il calcolo matematico e la programmazione informatica. Eppure sono pronto a scommettere che la stragrande maggioranza degli individui iscritti al Mensa International, posti dinnanzi alla saliente problematica, faticherebbero ad elaborare una soluzione altrettanto efficiente. Questo perché la sapienza popolare, come una creatura frutto dell’evoluzione terrestre, nasce e cresce per il tramite delle generazioni, rafforzandosi grazie al passaparola fino all’eliminazione pressoché totale di qualsiasi inefficienza o principio di spreco. Poiché è importante sottolinearlo: di “lavatrici” come questa, l’intera Romania rurale riesce ad esserne letteralmente piena…
Viaggiando sull’onda di Radcliffe, autostrada galattica del braccio di Orione
L’equilibrio perfetto della rotazione di un fluido può riuscire a generare alcuni dei sistemi maggiormente stabili noti alla scienza umana. L’acqua che circola in una turbina, il sangue all’interno del labirinto venoso, le correnti ventose di un pianeta gassoso. Basta osservare un corpo astrale come Urano o Saturno, in effetti, per comprendere l’elevata occorrenza in natura di cerchi perfetti, disposti attorno al perimetro visibile di una sfera. Ma è nel preciso momento in cui lo sguardo si sposta verso l’esempio principale di quel tipo d’ambiente all’interno del Sistema Solare, la sfera rossastra del grande Giove, che le cose iniziano a farsi complicate. Poiché sussiste su di esso la macchia spropositata, sufficiente a inglobare tre volte la Terra, che costituisce una tempesta inesauribile da almeno 300 anni. Chi, o cosa, può averla causata? In che modo lo spostamento lineare della materia è stato condotto fuori dal suo binario, generando una tale cospicua, ingombrante irregolarità? Ma soprattutto, se una cosa simile può verificarsi su scala così ampia, fino a che punto l’ordinata massa dell’Universo può dirsi davvero prevedibile, ovvero una danza che risponde a crismi e regolamenti rispondenti alla logica dettata dagli astrofisici dei nostri giorni…
Non poi così lontano, è stato scoperto nel recente 2020, grazie ai dati raccolti nel corso della missione spaziale Gaia, così reinterpretati da un team internazionale composto, tra gli altri, da João Alves, Alyssa A. Goodman, Catherine Zucker. I quali si sono ritrovati ad annunciare tra l’incredulità dei presenti, durante un convegno ad Honolulu dell’inizio di quell’anno, la maniera in cui le nostre immediate vicinanze all’interno della Via Lattea apparissero caratterizzate, all’insaputa di tutti fino a quel particolare punto di svolta, da uno schema spaziale inaspettatamente preciso, battezzato per l’occasione e in onore dell’istituto di appoggio “l’onda di Radcliffe”. Una vera e propria struttura della lunghezza approssimativa di 9.000 anni luce e una larghezza di 400, distante “appena” ulteriori 500 dal nostro piccolo angolo di galassia. Il che suscita nei lettori di fantascienza l’immediata immagine all’inizio della Guida Galattica di Douglas Adams, in cui la collettività umana rischia di essere spazzata via per il vezzo di costruire uno svincolo della grande rete stradale interstellare. Ed è di questo, niente meno, che stiamo parlando: una ininterrotta concatenazione, o filo di perle dislocato in senso sinusoidale, di corpi luminosi alimentati dall’energia atomica, intervallati dalla stessa materia gassosa che permea le loro indistinte corone fiammeggianti. Il che potrebbe in ultima analisi farne, nell’opinione degli studiosi, la potenziale nursery o “forgia” mai osservata fino a questo momento storico, dimostrando ancora una volta l’importanza di mantenere una giusta prospettiva. Coadiuvata da una possente, inarrestabile marea di pixel, all’interno di sistemi tecnologicamente irraggiungibili ai nostri insigni predecessori col telescopio…



