Verso gli ultimi anni di conflitto contro le creature aliene provenienti dal gigante gassoso ZX-372, le cose iniziarono a prendere una piega decisamente più favorevole dal punto di vista dello schieramento umano. I coraggiosi marine spaziali avevano scoperto infatti come, proiettando uno schermo fumogeno prima di avvicinarsi ai vermi giganti, questi ultimi andavano immediatamente in confusione, ruotando su se stessi fino all’approssimazione ragionevole del proverbiale nodo gordiano. A questo punto diventati totalmente incapaci di praticare la masticazione mediante i loro denti più lunghi di una spada da samurai, tutto quello che restava era farsi trangugiare intenzionalmente all’interno del loro sistema digerente enorme e longilineo, percorrendolo per l’intera lunghezza grazie all’impiego di un apparato di scivolamento privo di alcun motore. Il che avrebbe sorpreso, in un primo momento, l’intelligente e normalmente pericolosissima creatura, per poi renderla incapace di bloccare la produzione di succhi gastrici progressivamente superiore alla normalità. Impervi ai proiettili, le bombe atomiche, il fuoco ed ogni tipo di assalto psichico da parte degli specialisti della Seconda Ondata, i mostri cosmici a quel punto iniziavano progressivamente a sgretolarsi dall’interno, a patto che una serie senza fine di “pillole troiane”, ciascuna composta da una squadra di quattro soldati, continuasse a fuoriuscire a getto continuo dall’uscita di sicurezza al termine di quel viaggio estremamente educativo. Tra coloro che avevano vissuto una simile esperienza, considerata la sua efficacia e relativa semplicità d’impiego, essa iniziò ad essere chiamata per scherzo: “Lo scivolo da Luna Park” e al ritorno dell’auspicata condizione di pace per le 13 colonie stellari, simili strutture iniziarono a venire costruite in lungo e in largo, incrementando notevolmente i propositi turistici delle diverse località planetarie. Come tende a capitare tanto spesso, quindi, ci fu la solita fuga d’influssi psionici attraverso i condotti retroattivi dei condotti temporali. E nella storia del terzo millennio terrestre, cose del tutto simili iniziarono a fare la loro comparsa in Cina e Polonia.
Ora secondo il tipo di approfondimenti nozionistici di cui possiamo disporre nella nostra esperienza sensibile lungo i recessi dettagliati di Internet, quello che viene ad oggi definito 摇滚巨轮 – 世界上首个自转水上滑道 (Yáogǔn jùlún – shìjiè shàng shǒu gè zìzhuǎn shuǐshàng huá dào*) oppure “Aquaspinner” risulta essere formalmente un’attrazione concepita nella ridente cittadina tedesca di Starnberg, presso il land della Baviera, grazie all’ingegno e l’esperienza della compagnia locale Wiegand Waterrides, specializzata nel manipolare la fisica gravitazionale al fine di creare vari tipi d’esperienze in qualche modo fisicamente memorabili per coloro che ne sperimentano l’utilizzo in prima persona, auspicabilmente accompagnati dai loro amici, familiari e fidanzati/e. Questo perché il primo vantaggio offerto dall’avveniristico acqua-scivolo riguarda soprattutto gli operatori del parco e risulta essere di tipo logistico, dato il volume di persone pari a 480 l’ora processabili, o per meglio dire digeribili, all’interno dell’impressionante groviglio motorizzato lungo 140 metri, suddivise in tre squadre da quattro persone l’una. Ciascuna posizionata nel segmento molto convenientemente colorato da cinesi, per lo meno nel caso della prima versione della strana giostra, in altrettante vivaci tonalità verde, viola ed arancione. Inaugurata nell’estate del 2018 presso il grande parco gestito dall’ente multinazionale canadese Whitewater nelle vicinanze della grande metropoli di Guanzhou, dal nome puramente corporativo di Chimelong Huānlè Shìjiè (Il Paradiso di Chimelong). Verso un’esperienza destinata a rimanere del tutto unica al mondo, per lo meno per un altro paio di anni e fino all’ulteriore propagarsi della singolarità…
acqua
Il lentissimo disastro naturale di una pozza di fango vivente
Sappi dunque che persistono più cose, sopra e sotto terra, di quante possa comprenderne la vostra geologia. Ed ingegneria. Ed architettura. E fisica delle cause e degli effetti. Cose che ribollono possenti, emergono, propagano se stesse. Distruggendo ogni possibile ostacolo sul loro cammino: c’è infatti un solo geyser, nell’arida pianura energicamente rilevante di Niland, non troppo lontano dal “mare” di Salton, il bacino idrico creatosi accidentalmente all’inizio del XX secolo per uno straripamento del fiume Colorado. Ma per danni e costi incorsi al fine di gestirlo, potrebbero anche essere due dozzine. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare tuttavia, questo punto di collegamento con le inaccessibili profondità non ribolle per l’immenso calore, né getta vistosi pennacchi d’acqua verso i recessi luminosi del cielo. Bensì lascia lentamente sgorgare, un poco alla volta, copiose quantità di fango. Eppure nonostante la sua natura apparentemente letargica, non può essere in alcun modo cancellato o bloccato da mano umana, mentre continua a ritmo sostenuto a spostarsi verso un’area molto rilevante dal punto di vista delle infrastrutture esistenti. Avendo già costretto a effettuare la deviazione di un tratto ferroviario, di una strada provinciale ed il sollevamento a mezzo tralicci di una costosa linea di fibre ottiche, utilizzate per collegare i vicini comuni di Estelle e Calipatria.
La prima nota in merito al geyser di Niland compare verso la metà degli anni ’50, quando viene immediatamente classificato come uno dei numerosi vulcanelli di fango che si affollano nella regione, prodotto collaterale di quella stessa faglia di Sant’Andrea che, attraversando questa specifica regione sotterranea, costituisce la minaccia incombente dell’intera area più popolosa della costa Ovest degli Stati Uniti. Ma all’epoca si tratta di poco più che una nota a margine, per la voragine del tutto statica nell’assoluto mezzo del nulla, giudicata del tutto incapace di arrecare alcun tipo di problema nei confronti degli abitanti locali. Almeno finché nel 2007, per ragioni ancora in parte misteriose, essa inizia gradualmente a spostarsi in direzione Sud/Sud-ovest, a una velocità di pochi centimetri la settimana. Ma il suo progresso è inesorabile e soprattutto, sembra lievemente accelerare, finché entro il 2018, alla stima apprezzabile coi nostri stessi occhi, si sarà spostata di un totale di circa 85 metri. Verso uno scenario ormai radicalmente differente, in cui lo strano fenomeno è già costato alla contea oltre 20 milioni di dollari, investiti dapprima nel vano tentativo di controllare la pericolosa voragine semovente, quindi di spostare, o in qualche modo proteggere, le preziose strutture situate sul suo cammino. Una cifra spesa con validi criteri e al tempo stesso rivelatosi almeno parzialmente superflua, quando si considera la facilità disarmante con cui il geyser ha oltrepassato, verso la fine del 2018, una poderosa barriera costruita con cemento, placche d’acciaio e pesanti rocce sepolte al di sotto della superficie fino alla profondità di 23 metri, sgorgando con la stessa placida forza all’altro lato e costringendo alla dichiarazione dello stato di emergenza. Per una situazione diventata ormai del tutto ingestibile, come narrato in un’ampia serie di video servizi del telegiornale e video scientifici di approfondimento, come l’ultimo qui mostrato della YouTuber e divulgatrice Physics Girl alias Dianna Cowern, originaria del distante arcipelago delle Hawaii. Rimasta colpita ed affascinata, come molte altre insigni menti tecnologiche, dalle notevoli caratteristiche del sottosuolo californiano. Ed il suo senso d’incombente disastro, in alcun modo mitigato dai processi graduali che gravano sullo stato persistente di tali sfortunati luoghi…
Vanuatu: il canto delle donne che usano l’oceano come strumento musicale
“C’è una cultura guerriera, alle origini della nostra civiltà” Afferma la portavoce del gruppo di cantanti vestite in semplici abiti di foglie di palma, i fiori tra i capelli, i folti capelli ricci che ricadono corti al di sopra delle spalle: “Ma il nostro è un messaggio di speranza, e di pace.” Quindi dopo l’essenziale attimo di silenzio, iniziano all’unisono a percuotere la superficie trasparente della loro vittima designata. L’acqua salmastra da cui emerge cacofonico un frastuono all’apparenza privo di un significato, il quale gradualmente assume un ritmo, e inizia a tratteggiare il fluido mutamento di una melodia: “Cascate e vapori di fuoco / o e a e o e — o e o a e a e / geysher che sgorgano dal vulcano / O e o e, a e o e o e — ooo. La lingua usata è quella della tribù dei Titi, presso l’isola di Motalava, terza più grande dell’arcipelago delle Banks. Per una traduzione che si rende assolutamente necessaria, visto come nel territorio di questa singola provincia esistano, all’ultima stima linguistica, più di 20 idiomi differenti. Ed oltre 100 nell’intera nazione-arcipelago delle Vanuatu, situata in bilico tra il continente d’Oceania e la “coda” finale dell’Indonesia, dove un tempo giunse e si stabilì l’antica cultura perduta del popolo dei Lapita. E in seguito ad eventi e condizioni non del tutto note, nonostante la via dell’approfondimento intrapresa più volte, resta ignoto il motivo di una simile varietà di caratteristiche comunicative ed identità di una popolazione, tra le più diversificate nonostante gli appena 300.000 abitanti, nell’intero novero delle nazioni terrestri, oceaniche o meno. Sin da tempo immemore (che diventa parzialmente tale dopo appena qualche secolo, data l’assenza di tradizioni scritte sull’arcipelago) la gente delle Vanuatu si è perciò servita di un strumento particolare per trasmettere i propri sentimenti oltre i confini del singolo nucleo familiare, tribale o l’intera popolazione del villaggio E quello strumento risulta essere, neanche a dirlo, la musica: con strumenti come grossi idiofoni in legno d’albero e bambù, sonagli legati a polsi e caviglie, rudimentali cordofoni e piccoli flauti e fischietti, ma anche l’attrezzatura più moderna fornita successivamente alla venuta e conseguente colonizzazione religiosa ad opera dei Portoghesi, a partire dal XVII secolo. Eppure non sarebbe affatto esagerato affermare che in questo luogo remoto, come ogni altro, la vera musica venga dal profondo del cuore ed in conseguenza di ciò non necessiti d’altro che una mente pensante, una bocca cantante e l’ambiente stesso in cui si muovono gli esecutori, fornitore di un’ampia gamma possibile di memorabili e conturbanti suoni. Vedi il caso del più grosso e pesante strumento musicale mai concepito, quello che circonda e racchiude ogni singolo territorio abitato della Terra.
Particolarmente diffuso nelle isole settentrionali di Banks, che con i loro appena 8500 abitanti sono state più volte riconfermate essere “il luogo più felice delle Vanuatu” l’antico sistema chiamato Ëtëtung nella lingua Mwerlap dell’isola di Merelava, consiste dunque nel saper trovare un modo per estrarre quel vasto potenziale privo di una forma, ed in qualche modo veicolarlo all’interno dei propri racconti ed esecuzioni di tipologia canora. Attraverso una serie di forme e metodologie che sappiamo per certo essere state codificate e messe per iscritto soltanto negli ultimi 50 anni, a partire da una comprensibile necessità d’istruire le nuove generazioni e rendere riproducibili determinate esecuzioni. Con finalità che potremmo definire economiche e turistiche, almeno quanto finalizzate al mantenimento della più preziosa ed intangibile delle eredità trascorse…
L’antichissima città sommersa intenzionalmente dalle acque di un vasto lago in Cina
Imponenti, immortali eppure non eterne appaiono le montagne, che per antichi eventi geologici si ergono dal fondo pianeggiante dei vasti territori, variabilmente abitati dalle pregresse generazioni umane. La cui esistenza continuativa nel tempo è apprezzabile dall’utilizzo, per i suddetti picchi, di un nome particolarmente evocativo: vedi il Picco dei Cinque Leoni nella contea di Chun’an, regione di Zhejiang, capace di ergersi per qualche centinaio di metri sopra un importante zona per il transito e l’interscambio dei beni commerciali, almeno dall’epoca della dinastia degli Han Occidentali (206 – 24 a.C.). Ma taluni rilievi orografici, in determinate circostanze, spariscono ancor prima che che gli effetti millenari dell’erosione ed il riassorbimento paesaggistico possano produrre i propri effetti, mutando piuttosto in qualcosa di ragionevolmente differente. Come una ridotta terra emersa, proprio nel bel mezzo di un lago che ad oggi ne possiede una quantità decisamente superiore alla media. Sto parlando del bacino artificiale del Qiandao Hu (千岛湖 letteralmente “Lago delle Mille Isole”) con un’estensione di 573 Km quadrati conseguenza inevitabile della costruzione, non troppo attentamente pianificata, della diga e stazione idroelettrica del fiume Xin’an. Il 1959 era in effetti un’epoca non troppo equilibrata, tra i bisogni alla base della piramide di Maslow (fisiologia/sicurezza) rispetto a quelli posti nei ripiani superiori (appartenenza e stima) soprattutto in Cina, paese che dopo una rivoluzione comunista, ed la conseguente sconfitta ed esilio del generale Chiang Kai-shek, aveva appena intrapreso il complesso piano di riforme economiche e amministrative che sarebbe stato chiamato dai politici il Grande balzo in avanti. Senza entrare troppo nel merito della pressoché contemporanea carestia e conseguente morte di una quantità calcolata secondo alcuni attorno ai 45 milioni di persone, questione che sfugge alla portata di questo articolo, sarà opportuno a questo punto definire i termini operativi delle molte opere pubbliche di natura idrica, che il governo di Mao volle fortemente far costruire direttamente alla manodopera locale, sotto la guida di molti inesperti quadri del partito. Senza l’assistenza, molto spesso, di veri e propri ingegneri, che potessero ad esempio far notare come, nonostante la necessità di alimentare elettricamente le vicine città di Jinhua, Quzhou e Huangshan, inondare un’intera area densamente abitata da un periodo di oltre 1500 anni non fosse esattamente la strada migliore per riuscire a farlo. Così quello fu uno di quei casi in cui la costante ricerca di un percepito “progresso” riuscì a spuntarla sui bisogni della minoranza, collettività rappresentata nello specifico dalle “appena” 290.000 persone, suddivise in 6 villaggi, che dovettero trasferirsi prima di finire inabissati con le loro 290.000 abitazioni e 50.000 ettari di terreni, spesso riccamente coltivati sotto la guida amministrativa e politica dell’allora commissario regionale Tan Zhenlin. Possibilità che molto prevedibilmente non fu d’altra parte offerta, causa insuperabili ragioni di contesto, alle antiche pietre e monumenti di almeno cinque città storiche: He Cheng, Weipi, Gangkou, Chayuan e la grande e magnifica Shi Cheng (狮城 – Città del Leone) un tempo centro nevralgico e reale capitale de facto dell’intera regione. A partire dalla sua fondazione semi-leggendaria verso la fine del periodo dei Tre Regni, ad opera del generale al servizio dello stato di Wu, He Qi. Che per tanti anni aveva combattuto, senza esclusione di colpi, contro il selvaggio e fiero popolo delle tribù Shanyue, finché nel 205 d.C, conseguita la sua difficile vittoria, non tirò fuori due pezzi degli scacchi per metterli sopra una mappa militare. Proprio tali oggetti sarebbero quindi diventati, a distanza di pochi anni, rispettivamente le sedi governative di Chun’an e Sui’an, all’ombra dello svettante picco dei Cinque Leoni.
Ma il tempo transita e non sempre la memoria degli eventi trascorsi viene mantenuta in alta considerazione. Così ciò che un tempo riceveva l’abbagliante luce del sole, può trovarsi un giorno ricoperto dalle acque oscure di un profondo lago…