Si possono capire molte cose, osservando lo skyline di una piccola città: ovvero quel profilo superiore, disegnato dalle sue strutture che si stagliano dinnanzi al cielo. Grigio per lo smog, oppure azzurro come quello dello Utah, sotto il quale sorge, dentro il rosseggiante declivio di un paesaggio dallo stesso nome, l’isolata comunità di Castle Valley. 324 anime disseminate su uno spazio di oltre 20 Km quadrati (perché anche la solitudine ha la sua importanza) qualche fattoria, l’emporio e le immancabili villette non-poi-tanto-a-schiera. Il tutto sovrastato dalla sagoma svettante di un’impressionante grattacielo sopra un cono, il cui nome programmatico risulta essere, per l’appunto, Castleton Tower. Strano, ma vero: 456 metri di quadrangolare imponenza, più altri 304 di basamento geometrico in solida arenaria locale, la piatta superficie superiore che somiglia a un eliporto (facente funzioni). Neanche l’ombra di una singola finestra. Ma fessure e crepe in abbondanza, lungo tutto l’estendersi di quel rugoso volto, affinché novelli Spiderman, o aspiranti tali, possano impegnarsi nell’ardito e incomparabile cimento. Personaggi questi, scalatori ed alpinisti, la cui propensione a mettersi in pericolo non rientra propriamente nel curriculum dello scienziato medio. Ed ecco la ragione per cui l’ultimo studio pubblicato dal professore associato di geologia dell’Università dello Utah Jeffrey R. Moore con il suo staff risulta affrontare un argomento estremamente poco battuto, in grado di aprire la discussione accademica in un campo nuovo: quello relativo a quale sia, esattamente, la voce delle antiche pietre. E cosa abbiano da dire.
Perché già, pensateci: poter disporre dei sismografi e microfoni nelle diverse posizioni rilevanti a tal fine include, inevitabilmente, la scalata della monade compatta, con tutte le vertiginose implicazioni che ciò comporta. Ed ecco perché senza dubbio fu il verificarsi di una fortunata sinergia, la maniera in cui una volta giunta sul posto, la squadra scientifica titolare sia riuscita ad acquisire la collaborazione di una coppia di scalatori esperti, Kathryn Vollinger e Natan Richman, disposti a trascinarsi dietro nel corso di un pomeriggio tutta l’apparecchiatura necessaria, ben protetta all’interno di grosse valige antiurto. Permettendo, dopo aver confrontato i dati raccolti con quelli di una serie di apparecchiature di riferimento situato a terra, di arrivare all’intrigante conclusione: che non soltanto Castleton oscilla, per l’effetto di eventi atmosferici come il vento, lo spostamento d’aria prodotto dal passaggio degli aerei e le distanti vibrazioni d’impercettibili terremoti. Ma tende a farlo con un periodo regolare di circa 0,8/1,0 hertz, grossomodo corrispondente al periodo del battito cardiaco umano. Il che da luogo per tutto il tempo necessario, e in maniera inevitabile, a quel suono basso e regolare (ascoltabile a questo indirizzo, ma si consiglia di alzare il volume) che può essere paragonato alle corde più spesse di un’invisibile chitarra maximus, ovvero il respiro in musica di una mastodontica creatura addormentata. Richiamo che potrebbe, a conti fatti, tornarci sorprendentemente utile…
valli
Pensionato cinese costruisce in 20 anni il castello della Creazione
È stato affermato, da generazione di filosofi, studiosi e scienziati, che i Tre Esseri Pellucidi (ovvero semi-trasparenti) della somma Trinità taoista siano del tutto privi di forma, e quindi impossibili da identificare. Ma nessun tabù, attraverso la storia della Cina, è mai stato emanato in merito alla creazione di un loro ritratto. Yuanshi, l’Immortale di Giada; Lingbao, l’Universalmente Onorato tra tutte le divinità e i tesori; Daode, Somma Purezza, personificazione trascendente del più saggio tra gli umani (Laozi): secondo la reiterata opinione degli antichi popoli, tre distinti uomini di mezza età, di cui soltanto il terzo sufficientemente anziano da possedere quel segno di suprema sapienza, una lunga barba bianca appuntita nello stile di Gandalf o mago Merlino. Ma nel corso delle generazioni, a seconda delle necessità delle alterne dinastie, essi hanno acquisito molti altri aspetti: quelli di guerrieri, imperatori celesti, condottieri dei popoli e sommi amministratori. O per Song Peilun, il visionario possessore di un ampio appezzamento di terra nella verdeggiante valle di Yelang, nella regione meridionale cinese di Guizhou, gigantesche teste di pietra, con lo sguardo fisso verso l’orizzonte. Che cosa staranno scrutando, i loro occhi granitici, sostenuti da vertiginose cataste di blocchi tenuti assieme dal solido cemento? E che dire degli altri infiniti Dei e Spiriti eretti per fargli compagnia…. Sarebbe in effetti scusato, il visitatore esterno di questi luoghi, se dovesse credere momentaneamente di essere stato trasportato in un altro regno o paese, tra i ponderosi resti di un’antica civiltà costruttrice di monumenti di tipo religioso, vedi i Maya, gli Incas o il popolo degli Khmer. Ma non c’è niente di realmente antico, negli straordinari bastioni ornati da statue di questo castello, costruito dalle maestranze locali sotto la guida, non sempre così stringente, di questo personaggio decisamente fuori dal comune. Eppure nessuno potrebbe affermare che manchi di quella preziosa scintilla, un remoto grado di autenticità.
Si racconta che l’origine dell’idea sia venuta, a costui, durante un viaggio negli Stati Uniti effettuato in giovinezza, durante il quale ebbe l’occasione di vedere coi propri occhi la statua incompleta di Cavallo Pazzo nel Sud Dakota, il progetto iniziato negli anni ’40 dallo scultore Korczak Ziolkowski per emulare i quattro volti presidenziali del celebre e non troppo distante Monte Rushmore. Un monumento tanto affascinante, ai suoi occhi, da portarlo a chiedersi se non fosse possibile onorare in maniera simile le antiche etnie del suo distante paese. E in particolare il popolo spesso bistrattato dei Tujia, dal quale aveva sempre ritenuto discendere se stesso e il resto della sua famiglia, originaria della Cina centro-meridionale. Fu così che, esattamente al culmine di una lunga carriera di docente universitario e designer, decise di andare in pensione, abbandonando per sempre quella vita urbana che aveva sempre trovato scomoda e inadatta a lui, per andare a vivere tra le montagne come fatto dai suoi antenati e mitici ispiratori: quegli eremiti taoisti totalmente slegati dal concetto di razionalità, che danzando sulla cima dei picchi montani, elaboravano a giorni alterni le più supreme ed eterne verità. E tutto questo, attraverso il tramite di una dottrina, o per meglio dire una religione, ormai relegata in molti luoghi ai libri di storia e le antologie folkloristiche compilate dagli studiosi: il culto del Nuoismo, spesso associato all’esorcismo degli spiriti malvagi che infestano questo mondo. Secondo cui, all’origine di ogni umano su questo pianeta, esistevano due capostipiti, Nuogong e Nuopo (Lord e lady Nuoh) prima che incolpati ingiustamente dall’Imperatore del Cosmo di una immaginaria trasgressione, venissero decapitati, sacrificandosi per permettere alla loro discendenza di sopravvivere e prosperare. Discendenza tra cui figuravano i già citati Tre Esseri, ma anche gli dei patroni del Cielo (Fuxi, il primo cacciatore ed addomesticatore di animali) della Terra (Nuwa, la donna serpente della creazione) e dell’umanità (Shennong, inventore della medicina) per non parlare delle cinque Direzioni Cardinali, associate ad altrettanti colori, e il Dio che Risiede sul Trono, ovvero di volta in volta, la somma figura politica del territorio cinese. E costoro figurano tutti, in una forma o nell’altra, tra gli altri bastioni di questo tentacolare edificio, il misterioso castello nella valle di Song Peilun…
Avventure a pedali sulla strada norvegese dei troll
Niente definisce il senso di un paese e il suo rapporto con la natura, quanto il flusso inarrestabile del cambio di stagione. Vi sono luoghi, prossimi ai tropici o situati nell’emisfero meridionale, in cui esso viene percepito come poco più che una semplice data sul calendario, corrispondente a un periodo di particolari feste o ricorrenze tradizionali E poi c’è… La Norvegia. Dove l’arrivo dell’autunno rappresenta il fronte di una terribile, per quanto familiare tempesta, che spazza via dai fiordi le navi da crociera e chiude nella sua morsa le splendide valli verdeggianti, imponendo sulla gente che discende dai vichinghi l’influsso del più profondo e assoluto gelo. È un fattore che tende progressivamente a raggiungere la vetta del contesto situazionale, man mano che ci si sposta progressivamente verso il grande Nord. Oslo, Buskerud, Oppland, Sogn og Fjordane e poi Møre og Romsdal, che si affaccia sulle acque gelide del mare norvegese. Non siamo ancora oltre il circolo polare artico, che inizia in Nordland, ma siate certi di una cosa: il clima è alquanto freddo, per usare un eufemismo di contesto. Così tanto che tra ottobre e novembre, normalmente, una significativa parte dell’efficientissima rete stradale di questi luoghi, famosa per l’alto livello di manutenzione e percorribilità, viene inevitabilmente chiusa, sotto uno strato di svariati metri di neve. È l’inizio di una stagione fatta di lunghe notti, in cui nessuno mette il capo fuori casa, e il sole sembra essersi ritirato dietro gli alti picchi montani, permettendo il risveglio un qualcosa di antico e misterioso. Come ciò che avverrebbe, secondo la leggenda, in prossimità dello Stigfjellet, il passo montano che collega il comune di Rauma (poco più di 7.000 abitanti) a Sylte (all’incirca 1.400) dove dal 1916, per volere del parlamento nazionale del re, passa una tortuosa strada che chiamare leggendaria, sarebbe niente più che una normale osservazione dei fatti. Perché è qui ogni anno, tra settembre ed ottobre, che si risvegliano i possenti Troll, creature selvagge dalla vaga forma antropomorfa, che fanno risuonare per le valli i loro richiami e i colpi dati sugli scudi, per chiamare a gran voce i propri simili dal più profondo letargo. E peccato che non ci sia più nessuno, in tale data, per vedere i pesanti macigni che si smuovono, prendendo vita e ritornando ciò che fondamentalmente, erano sempre stati. Un lungo inverno trascorre, dunque, tra temperature che oscillano talvolta tra i -15 ed i -20 gradi. Finché attorno ai primi di maggio, come da programma, la strada non inizia lentamente a scongelarsi, e l’allungarsi delle giornate non costringe i troll ad assumere l’aspetto di grandi macigni, casualmente disseminati tutto attorno alla carreggiata. Ed è allora che alcuni degli spazzaneve più efficaci d’Europa iniziano il loro lungo lavoro, percorrendo gli 11 tornanti e i 12,2 chilometri della celebre strada statale, per prepararla nuovamente all’utilizzo dell’uomo. Nulla, del loro passaggio, è visibile dalla superficie, fatta eccezione per l’arco disegnato dallo spruzzo della neve lanciato fuori dal percorso asfaltato. E lentamente, gradualmente, assieme alle auto qui ritornano i ciclisti.
È una sorta di miracolo incomprensibile, vista la natura straordinariamente ardua di questo tragitto, con una pendenza media del 12% e molto spesso una sola corsia, fin dalla cima fin quasi al fondo del burrone. Rigorosamente percorribile in entrambi i sensi! In un territorio caratterizzato dal pericolo di frane, allagamenti e tempeste. Dove basta un minimo errore, per perdere l’equilibrio a causa di qualche pozza residua del profondo inverno, e scivolare gravosamente verso il traffico in arrivo, o magari oltre il guard rail, nel baratro profondo che ti scruta con la sua spropositata immensità. Ma come si sa, in un inversione del famoso detto di un filosofo, non è possibile essere scrutati dall’immensa vastità del nulla, senza scrutarla di rimando e concentrare in essa l’attenzione delle idee. Per notare finalmente, la dissolversi della foschia mattutina, l’incredibile vista che si offre agli occhi di chi osa spingersi fin quassù. Che sono non a caso, molte, moltissime persone: fino a 2.500 autoveicoli al giorno nel periodo estivo. Ed un numero imprecisato di moto, camper, biciclette. Giunte per assistere, tra una curva e l’altra, la maestosa scena del risveglio e scongelamento del Re, della Regina, del Vescovo (qualcuno ha dato nomi dinastici a queste montagne) per non parlare della ripida Trollveggen (la Parete dei Troll) ove scorre la scrosciante cascata di Syv Søstre, le Sette Sorelle. Che ci invita, con il suo richiamo, a stringere il manubrio e lasciare indietro i preconcetti responsabili, cognizioni acquisite. Trasformate in carburante da bruciare e infondere in ciascuna pedalata, via, lontano dal mondo e le preoccupazioni di una vita fatta di lunghi e fin troppo insipidi minuti.