Perché chiamarlo “volante” se non lo avessero usato sugli aeroplani?

Serenamente intento in una delle attività che preferisce in assoluto, il famoso aviatore statunitense Kermit Weeks dimostra il funzionamento di un’attrazione del suo parco/museo Fantasy of Flight, situato ad appena 30 Km dal celebre Walt Disney World, patria del topo antropomorfo più famoso della Florida (e del mondo). Ma questa cosa inusitata, assai diversa da quanto ci si aspetterebbe di vedere nei cieli dei nostri giorni, non è certamente il tipo di arnese che i visitatori vengono chiamati a godersi in prima persona, allacciando la cintura di sicurezza dopo aver pagato il prezzo ragionevole di un “giro”. Così come il suo stile d’intrattenimento, inerentemente diverso da quello di chi sceglie d’indossare la testona imbottita e il costume di Pippo o Paperino, risponde a una più raffinata interpretazione del concetto d’intrattenimento, su una strada parallela al senso oggettivo della Storia. Sareste tuttavia perdonati nel pensare quanto scomodo, e pericoloso, possa sembrare il sedile su cui egli trascorre i fatidici 30 minuti, ereditato direttamente da un’epoca in cui fluttuare nei cieli, a bordo di un velivolo più pesante dell’aria, era ancora un concetto nuovo e decisamente fuori dalla logica dell’autoconservazione umana.
Siamo a bordo, dopo tutto, della fedele replica di un Curtiss “Pusher” Modello D, uno dei primi aeroplani ad essere prodotti in serie a partire dall’ormai remoto 1911. Tanto per mettere in prospettiva le cose, esattamente otto anni dopo che i fratelli Wright avevano avuto modo di compiere la loro monumentale impresa, dimostrando il funzionamento di questa futura branca dei trasporti su medio e lungo raggio, grazie al suono ritmico di un motore a 4 cilindri capace di raggiungere appena i 48 Km orari. Quasi nulla in effetti, rispetto ai 97 utilizzati come velocità di crociera dall’efficiente invenzione del loro collega e concorrente commerciale dello stato di New York, Glenn Hammond Curtiss, diventato famoso pochi anni prima per avergli soffiato con il suo June Bug (a.k.a. Aerodrome #3) il record di “Primo aereo ad aver percorso più di un chilometro negli Stati Uniti” (soltanto perché i due costruttori dell’appena più iconico Flyer, temendo lo spionaggio industriale, avevano effettuato molti dei loro voli in segreto). Una rivalità che trova una piena rappresentazione nell’effettivo funzionamento del suo velivolo più rinomato, in cui molte delle soluzioni tecniche erano state selezionate appositamente per non incorrere negli spazi occupati dai brevetti di chi era venuto prima, incluso il metodo di controllo basato sulla deformazione delle ali, mediante l’uso di pedali, sostituiti da ben più pratici e funzionali alettoni. Ma la vera domanda allora, per chi un simile apparecchio doveva venderlo alla marina, i facoltosi scavezzacollo e chi di lavoro faceva il corriere, era: come convincere tutti che si trattasse di un sistema “sicuro” e al tempo stesso, facile da utilizzare? Ovvio: sarebbe bastato dimostrare che pilotarlo era esattamente la stessa cosa che mettersi al comando di un’automobile. Anche se in effetti, i guasti al motore potevano avere conseguenze di tutt’altra portata gravitazionale…

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Le impeccabili riprese di un Gran Premio a Monaco negli anni ’60

E se adesso dovessi dirvi che non soltanto i viaggi nel tempo esistono, ma che qualcuno li ha già effettuati almeno in un caso, con il solo scopo di riprendere un evento sportivo risalente alla metà di un secolo a questa parte? Con il fine specifico di attirare l’attenzione del web, caricandone riprese in 4K sul suo canale YouTube! Sono pazzi, questi esperti della fisica quantistica applicata ai grandi misteri dell’universo… Ebbene immagino, sarebbe facile per voi cascarci, dinnanzi a quello che tende ad apparire come un assoluto anacronismo digitale: questa riproduzione video a colori del GP di Formula 1 tenutosi a Monaco nell’anno 1962, con tanto di camera car lanciata sul circuito durante le prove, angoli d’inquadratura multipli e vertiginosi campi lunghi dall’elicottero, lanciato in una serie di evoluzioni degne di un moderno film di James Bond. Il che riesce ad esprimere a pieno titolo almeno due aspetti estremamente contro-intuitivi: il primo è che le più avanzate tecnologie audio-video di allora erano in effetti molto superiori a quanto si tende a credere oggigiorno. Ed il secondo è che una scena come questa non può essere, semplicemente, riprodotta grazie all’uso della grafica 3D. O per meglio dire, visto che tutto è possibile IN TEORIA, potremmo affermare che nessuno ha mai pensato di provarci, in campo cinematografico né altrove, riconfermando in questo modo l’esistenza di un contesto che ci sembra vero su pellicola, ancor più di qualsiasi battaglia storica o scena gladiatoria del genere sangue & arena. Eppure potremmo ben dirlo senza esitazioni: in certi casi cellulosa canta, una canzone che è la pura ed assoluta verità.
Il fraintendimento, del resto, resta lecito a suo modo. Quando persino gli eventi sportivi risalenti agli anni ’80 e ’90 tendevano a essere ripresi con un tipo di telecamera tutt’altro che eccellente, per poi sopravvivere all’interno degli archivi digitalizzati di emittenti di vario tipo, con una qualità persino inferiore all’originale. Laddove questa sequenza, di contro, proviene dal caso atipico di un vero e proprio documentario per il cinema, l’ingiustamente oscuro Flying Clipper – Traumreise unter weissen Segeln (Viaggio da sogno sotto le vele bianche) girato da Hermann Leitner e Rudolf Nussgruber quasi vent’anni prima, allo scopo di chiamare l’attenzione del pubblico verso un’importante innovazione tecnologica di quegli anni: l’enorme schermo curvo del Cinerama. Il che portava, per la prima volta, a un uso ad ampio spettro di cineprese con obiettivi da 70mm, le stesse utilizzate da grandi maestri come Hitchcock, Kurosawa e Kubrick nei loro film. E c’era un po’ di tutto, nelle oltre due ore di reportage in giro per la Costa Azzurra ed altri luoghi antistanti al Mediterraneo, tra città storiche, operazioni aeronautiche militari e scampagnate. Ma la scena più notevole, ovviamente, resta quella del GP di quell’anno, di cui i due autori tedeschi finirono per catturare la singola testimonianza più notevole ed ancora attuale, per lo meno in termini di qualità. E che incredibile occasione di costituire un ponte ininterrotto col futuro, sarebbe stato proprio quel particolare, indimenticabile e caotico evento…

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La macchina capace di trasformare in musica 2 Km di filo

Mentre l’odio dell’umanità nel confronto dei propri vicini stava raggiungendo l’apice, con l’Europa semi-distrutta, il Pacifico in fiamme e le moltitudini soffrivano massacri inusitati a causa di questo o quell’ideale, come nell’ultima strofa di un poema mitologico anche i fantasmi vennero messi in condizione di dire la loro. I primi furono gli Alleati, con la costituzione nel 1942 della cosiddetta Ghost Army, un gruppo di forze speciali americane incaricate di far comparire eserciti immaginari sulle mappe logistiche dei propri nemici. Carri armati gonfiabili, manichini e i suoni inconfondibili della guerra, riprodotti attraverso dei grossi altoparlanti amplificati. Mentre dall’altra parte delle barricate del Reich, con l’evidente realizzazione che la guerra non sarebbe stata facile né breve fino al punto a cui era stata fin’ora pubblicizzata, i discorsi del führer stavano diventando sempre più frequenti. Ma ciò che riusciva, più di ogni altra cosa, a coinvolgere il popolo era come un simile personaggio riuscisse a parlare quasi contemporaneamente in luoghi estremamente distanti, lasciando sospettare che avesse in qualche modo guadagnato il dono dell’ubiquità.
Entrambe situazioni che sarebbero state assai difficili da decifrare per i rispettivi ufficiali di intelligence, se ciascuna delle due controparti non avesse potuto disporre di un tipo di stregoneria speculare, parimenti finalizzata all’immagazzinamento e riproduzione elettronica del suono. O per essere più precisi, niente che assomigliasse direttamente al vecchio sistema inventato da Thomas Edison, il fonografo risalente al 1877 coi suoi grossi e delicati cilindri di cera, né tanto meno l’alternativa piatta e larga in vinile. Perché dico, ve l’immaginate un soldato col giradischi o il grammofono, in marcia tra i pericoli del campo di battaglia? No, ciò che gli schieramenti avevano riscoperto, portandolo fino alle sue più estreme conseguenze attraverso strade sostanzialmente diverse, era il segreto per cristallizzare la voce (o i suoni) attraverso il magnetismo. L’evoluzione diretta di quanto messo assieme, per la prima volta, da un’altra figura di scienziato assai meno noto alle a livello internazionale, forse perché di provenienza “soltanto” europea: Valdemar Poulsen di Copenaghen, con il suo rivoluzionario telegraphone del 1898, quello che viene generalmente descritto dalle cronache ingegneristiche come il registratore a filo.
Strade alternative o possibili della storia, come narrato dal tipo più classico di ucronia. Che cosa sarebbe successo se gli Alleati avessero vinto la guerra… Della registrazione audio? Già perché dal punto di vista tecnologico, c’era in effetti molto che la Germania potesse insegnare al resto del mondo, se soltanto non avesse avuto una leadership tanto ferocemente nazionalista, ed il sistema del registratore magnetico impiegato dagli agenti dello Zio Sam era di un tipo che oggi può far sorridere, per il suo funzionamento arcaico e limitato. Antecedente, persino, all’invenzione del sistema superiore del nastro. Come appare più che mai chiaro da questa dimostrazione pratica ad opera dell’appassionato di elettronica vintage Techmoan, già autore d’innumerevoli brevi documentari sulla storia moderna della tecnologia. Il quale sembrerebbe aver ritrovato dopo “oltre due anni di ricerche” un esemplare perfettamente funzionante di Webster-Chicago modello 18 risalente alla metà degli anni ’50. Nient’altro che la versione perfezionata, e ad uso preferibilmente civile, di quanto aveva saputo dimostrarsi strategicamente utile nel corso della seconda guerra mondiale. Ed emerge chiaramente dopo pochi significativi minuti, quel senso di trovarsi di fronte a un letterale capolavoro d’ingegneria e design, capace di lasciare il segno nel corso della sua epoca di commercializzazione almeno quanto sono riusciti a farlo in epoca più recente il CD-Rom ed il formato digitale MP3. Se soltanto non fosse stato importato subito dopo, tra gli altri trofei di guerra, l’approccio d’un sistema innegabilmente migliore…

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Edgley Optica: il ritorno di una libellula per tre passeggeri

Forma e funzione, il più delle volte, trovano corrispondenza nel mondo dell’aviazione. Come dimostrato da una linea guida che può applicarsi egualmente all’ambito naturale, per cui un qualcosa di affusolato è immancabilmente svelto e agile, come un falco pellegrino, mentre un ponderoso cilindro dotato di ali finisce per corrispondere all’aquila reale, adeguatamente appesantita dal carico di una preda quadrupede ghermita tra l’erba delle pianure. Esiste tuttavia un campo in cui l’umana tendenza a presumere tende a seguire spunti d’analisi formalmente scorretti e questo sarebbe, senza lasciare la via metaforica, quello degli artropodi volanti. Insetti: imenotteri, ortotteri… Odonati – strana parola, quest’ultima! Quasi come se la creatura corrispondente, tipica esploratrice delle acque stagnanti con il suo duplice paio d’ali, appartenesse a un’insieme del tutto diverso nell’ambito delle creature sottodimensionate, un ordine antico e altrimenti dimenticato. E sapete qual’è la parte migliore? Che effettivamente non siamo affatto lontano dalla realtà. Potremmo anzi dire d’averla centrata in pieno, sia per quanto riguarda l’essere, che l’aeroplano.
Già, perché sarebbe in effetti difficile, a distanza di esattamente 44 anni, tentare d’individuare a cosa stesse effettivamente pensando l’inventore e progettista aeronautico inglese John Edgley, quando propose ai suoi finanziatori l’idea per l’Optica, il buffo velivolo “capace di sostituire l’elicottero” facendo fronte a un ampio catalogo di necessità e funzioni. Sarebbe stato difficile tuttavia non notare l’abitacolo vagamente sferoidale, con ampi pannelli tondi simili ad occhi composti, seguìto da una parte centrale il cui diametro ampliato ricorda quello dell’addome volante e le ali dritte e sottili con la duplicazione di un elemento diverso e quanto mai inaspettato: la coda (qui occorre ammetterlo: niente di simile esiste nel mondo degli animali). Ovvero un ventaglio di caratteristiche funzionali, ed aerodinamiche, finalizzate a garantire una velocità di volo continuativa di appena 130 Km/h, abbastanza bassa da permettere di osservare il paesaggio in ogni sua minima caratteristica, o sorvegliare direttamente un principio d’incendio e/o sospetto criminale.
Esattamente come il tipico mezzo a decollo verticale fornito della prototipica coppia di eliche eppure, impossibile negarlo, con alcuni vantaggi assolutamente rivoluzionari: tanto per cominciare, la stabilità. E chiunque abbia mai puntato uno strumento scientifico o telecamera dal sedile passeggeri di un tale apparecchio, ben conosce le vibrazioni prodotte dal classico occhio-nei-cieli, tali da invalidare molti degli approcci più approfonditi ai possibili sondaggi compiuti in volo. L’Optica risulta essere, inoltre, comparativamente assai più silenzioso e SOPRATTUTTO, molto più facile da pilotare. E questo è il fondamentale nesso della questione perché, come in molti tendono a sapere fin troppo bene, all’elicottero non piace affatto volare. Ragione per cui il suo pilota, ad ogni intervento sui comandi, deve apprestarsi a compensare almeno due tipi di derive mediante l’applicazione di forza su ciclico, collettivo e manetta della potenza, pena l’imminente perdita di controllo e conseguente schianto potenzialmente letale. Mentre pilotare un piccolo aereo come questo può essere paragonato, sostanzialmente, al tenere il volante di un’automobile, benché le possibili complicazioni siano di un tipo a cui è decisamente più difficile porre rimedio. E caso vuole che fu proprio un problema di questo tipo, verificatosi alle origini della storia commerciale dell’Optica, a decretare il fallimento del sogno custodito dal suo creatore…

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