Una dimostrazione pratica del primo fucile Gauss portatile prodotto in serie

Assolutamente cruciale nel tipo di scenari generalmente utilizzati nella fantascienza speculativa è un qualche tipo di superamento del tipo d’implementi bellici di cui al giorno d’oggi possiamo disporre. Quasi come se nel lancio esplosivo di proiettili figurasse un qualche tipo di limitazione inerente, concettualmente insuperabile, tale da lasciare l’unico spazio evolutivo di d’iniziare nuovamente da capo. O forse si tratta dell’inclinazione naturalmente creativa della mente ingegneristica, perennemente in cerca di un qualche margine per rivoluzionare ciò che pur non risultando necessario, riesce ad essere così dannatamente interessante. E cosa c’è di più interessante a questo mondo, dell’oggetto più pericoloso in assoluto? Un’arma “da fuoco”, per così dire, in cui effettivamente il terzo elemento non figura, a meno di considerarlo trasformato nella sua accezione elettrolitica e all’interno della dura scocca di un agglomerato di litio ed altri materiali oggi del tutto indispensabili nel mondo della tecnologia applicata. Eppure non è un mero sfoggio di competenze, o il tipico esperimento di YouTube condotto per attrarre l’attenzione, quello offerto nel presente video da Ian McCollum, A.K.A. Gun Jesus di Forgotten Weapons (così soprannominato per i capelli lunghi e la barba, anche se ultimamente porta il pizzetto) che una volta mostrato l’orpello da ogni angolazione immaginabile compie senza esitazioni il passo successivo, trasportando il GR-1 “Anvil” nel poligono di tiro, dove lo usa con successo per bucare da parte a parte il classico bersaglio dalla forma vagamente antropomorfizzata. Senza la necessità di mettersi alcun tipo di protezione alle orecchie, perché qui siamo di fronte senza usare mezzi termini al tipo di arma teorizzata per la prima volta dal matematico del XIX secolo Carl Friedrich Gauss, e che potremmo definire con un termine più descrittivo coilgun, ovvero il cannone a bobina. Una soluzione… Interessante, per scagliare il proiettile verso l’obiettivo selezionato, senza nessun tipo di esplosione e superando alcuni delle più basilari implicazioni del concetto stesso di “fucile”, in quello che potremmo piuttosto scegliere di definire un vero e proprio acceleratore di massa. In primo luogo perché in questo rifle, per citare lo stesso Gun Jesus, manca per l’appunto il rifling (rigatura della canna) facendone più che altro una sorta di evoluzione del concetto di shotgun o bocca da fuoco a canna liscia, inerentemente meno precisa, come non può mancare di utilizzare questo esperto tiratore dalle innumerevoli esercitazioni di sparo pregresse. Pur restando nondimeno colpito da diversi aspetti dell’avveniristica e ingombrante arma, non ultimo dei quali la sua naturale somiglianza a quanto fatto figurare all’intero d’innumerevoli opere d’ingegno e d’intrattenimento, non ultima la serie di sparatutto interattivi Halo, che il recensore giunge a citare espressamente nel corso della propria trattazione. Benché persino gli sviluppatori ed i designer di quel mondo ad anello, e tutto il conflitto interstellare che gli ruota attorno, avessero pensato di collocare simili implementi nelle mani di super-soldati dalla forza sovrumana, armando la comune fanteria con carabine e mitragliatrici di un tipo maggiormente maneggevole e familiare…

Leggi tutto

Startup dimostra le notevoli potenzialità ricreative di un drone personale gigante

Chiunque, tra gli amanti della letteratura fantascientifica “di tutti i giorni” sia incline a lamentarsi della prolungata mancanza in questo mondo di automobili volanti, jetpack, hoverboard, intelligenze artificiali, robot antropomorfi che fanno le faccende domestiche, nanotecnologie, la clonazione umana, cyborg ed esoscheletri militari, dovrebbe guardarsi un attimo intorno e fare i conti con la realtà. Perché sebbene l’attuale società non sia esattamente simile a quella mostrata nei film degli anni ’80 come Robocop, Blade Runner o Aliens (mancano, in modo particolare, mostri xenomorfi ansiosi di deporre le proprie uova nello stomaco della gente) molti dei voli pindarici ed immaginifici relativi al tanto atteso nuovo millennio hanno a 20 anni di distanza assunto forma pienamente pratica e apprezzabile, sebbene siano ancora ben distanti dal fare parte inscindibile della nostra vita. Questo perché molte delle aspirazioni sin qui citate, nella realtà dei fatti, erano tutt’altro che adatte ad entrare a far parte dell’universo delle cose pratiche: chi desidera realmente un maggiordomo scintillante, quando un semplice aspirapolvere autonomo può svolgere la stessa mansione? Chi rinuncerebbe a un arto o organo con cui è venuto al mondo, per avere braccia allungabili, occhi capaci di vedere la notte, un stomaco capace di digerire il fegato di squalo? E i “cani” dal lungo collo della Boston Dynamics sono tutto quello che avevamo sognato in materia di compagni artificiali domestici, tranne per il piccolo dettaglio di un costo di 74.500 dollari. E per quanto riguarda l’aspirazione di spostare il traffico cittadino parzialmente sopra i cieli, basti prendere effettivamente in considerazione ciò che implica una tale scelta logistica ed operativa. Laddove le persone che risultano abbastanza prudenti e ragionevoli da usare la propria patente stradale sono già inferiori al 100%, dal che vi lascio immaginare i risultati di concedergli l’equivalente di un moderno brevetto di volo. Con aeroutilitarie che sfrecciano su più livelli, ed aeromacchine sportive che s’insinuano e sorpassano quando dovrebbero aspettare il proprio turno. Per non parlare degli aerofurgoni sempre in ritardo per la consegna, terribile pericolo per chiunque abbia mai provato a circolare su un’aerostrada di scorrimento che collega due quartieri all’altro lato del tentacolare agglomerato cyberpunk. Eppure non c’è dubbio che un sistema di trasporto personale in grado di sfuggire temporaneamente all’attrazione gravitazionale mantenga molto del fascino che si era guadagnato ancor prima dei fratelli Wright, nelle illustrazioni dei primi racconti e antologie speculative del Novecento. Ed ecco la portata, superficialmente dirompente, che accompagna la nuova invenzione della startup svedese Jetson, denominata proprio in base al celebre cartoon degli anni ’60 e ’70, nato come risposta futuribile alla strana esistenza domestica de “Gli antenati” (i Flintstones). Così pensando a George e Jane che circolavano al di sopra di Orbit City con i loro due figli nella propria vettura a forma di bolla, il fotografo e costruttore di droni polacco Tomasz Patan si è incontrato con l’esperto amministratore di venture motoristiche Peter Thernstrom nel 2017, per iniziare a perseguire la realizzazione fisica di quel sogno. Approdando ad un qualcosa che, sebbene non risulti effettivamente identico, sembra possedere buona parte dello stesso spirito, o quanto meno le due fondamentali funzionalità di partenza: poter andare là, dove osano le aquile a partire dal vialetto di un villino schiera del tipo statunitense, e non richiedere avanzate tecniche di pilotaggio, frutto di molte ore di pratica pregressa ai comandi. Questo perché il Jetson One, come è stato ribattezzato dopo l’appellativo preliminare di PAV (Personal Air Vehicle) non si presenta nella tipica configurazione elicotteristica bensì quella di un vero e proprio drone, con otto motori ad elica a passo fisso in configurazione accoppiata due-a-due, nonché avanzati sistemi di stabilizzazione giroscopica e un abitacolo compatto e maneggevole, al punto da richiamare l’istantanea attenzione di tutti gli amanti degli sport estremi. Costantemente in cerca di un nuovo sistema valido per mettere in pericolo se stessi e (potenzialmente) gli altri…

Leggi tutto

Funghi del futuro: il mondo immerso nella plastica che ricomincia dal suo micelio

Irraggiungibile potrebbe rivelarsi, col procedere e con l’inasprirsi delle condizioni presenti, l’agognato azzeramento dell’impronta di carbonio di una società prettamente industriale come la nostra, per cui il consumo di risorse, d’acqua e l’emissione di sostanze innaturali nell’atmosfera rappresentano effettive conseguenze inevitabili, così come la produzione di anidride carbonica lo è dell’atto stesso di respirare. Ma c’è un qualcosa, nella lenta progressione del pianeta verso l’auto-annientamento, che potrebbe avere conseguenze irrimediabili in un tempo ancor più breve: e questa è la saturazione dell’ambiente con il tipo di prodotto “collaterale” che frequentemente incontra la definizione di spazzatura. È stato stimato ad esempio, dalla Ellen MacArthur Foundation in collaborazione con il World Economic Forum, che gli oceani della Terra conterranno 937 milioni di tonnellate di spazzatura contro 895 m.d.t. di pesce, confermando e definendo un capovolgimento che potrà soltanto continuare a peggiorare. Questo in forza di quel materiale, più di ogni altro, nato da macromolecole e additivi frutto della scienza chimica, assolutamente non biodegradabile e per questo in grado di durare ancor più a lungo di un reperto preistorico di pietra d’ossidiana. Eppure se osservando la storia nel suo complesso, potremo ragionevolmente osservare la sopravvivenza della specie umana per molti millenni potendo contare su sostanze forse non altrettanto impermeabili o indistruttibili, ma comunque funzionali ai suoi bisogni primari: la ceramica, il legno, il cemento… Fino alla creazione, in epoca moderna, di una ricca serie di contesti in cui è proprio la plastica, con la sua notevole praticità e versatilità d’impiego, a giustificare la sua stessa imprescindibile essenza. Al punto che sarebbe sembrato totalmente impensabile, al principio degli anni 2000, immaginare un mondo che si sposta in avanti, sostituendo tale pilastro con un qualcosa che sia meno problematico nei confronti del nostro singolo ambiente. Poi è arrivata la Evocative di Green Island, NY, e le cose hanno iniziato a prendere una piega del tutto inaspettata.
Dev’essere d’altronde stata un’esperienza notevole, quella vissuta all’epoca degli studi dal futuro laureando in botanica e futuro CEO Eben Bayer, in occasione della presentazione al suo professore dell’Università della California di un progetto teorico per la coltivazione con finalità industriali di diverse specie di funghi, durante un forum accademico per le invenzioni e l’innovazione da parte delle nuove generazioni. Occasione nella quale, non soltanto l’accademico in cattedra si dimostrò entusiasta dell’idea, ma consigliò caldamente al giovane di percorrere un tale sentiero fino alle sue estreme conseguenze, poiché avrebbe rappresentato un letterale barlume di speranza per tutti coloro che avessero finito per supportarlo. Così incontrandosi col suo collega scienziato Gavin McIntyre, Eben decise di lasciare il mondo del lavoro da dipendente in cui era entrato subito dopo la conclusione del suo percorso di studi e fondare assieme a lui nel 2007 la spesso rischiosa impresa di una start-up, chiamata in un primo momento Greensulate. Un’iniziativa destinata a confermare la sua correttezza con il primo conseguimento di un premio da 16.000 dollari entro lo stesso anno e soprattutto un finanziamento in quello successivo di 700.000, ricevuti a seguito della vittoria nella Picnic Green Challenge, evento europeo tra le più grandi riunioni comparative di nuove invenzioni tecnologiche nel campo dell’imprenditoria sostenibile. Abbastanza da stabilire i confini entro cui l’azienda avrebbe operato con l’assunzione di un certo numero di dipendenti e la costituzione del primo stabilimento operativo, presso Green Island, progressivamente riempito da contenitori dall’umidità controllata, ed un misterioso cubo gigante al centro esatto del suo cavernoso ambiente di lavoro. Forma nella quale, con laborioso e continuativo impegno, i suddetti avrebbero inserito mero materiale di scarto dell’industria agricola, assieme all’ingrediente segreto, per dar forma all’evidente aspetto candido di un materiale del nostro domani…

Leggi tutto

Stampanti 3D come vespe giganti, per una casa ecologica priva di compromessi

Compare all’improvviso quando e dove non te l’aspetti: l’agglomerato marrone di terra e saliva d’imenottero alato, simile ad un piccolo vasetto d’argilla. Ogni primavera e lungo i mesi caldi d’estate, in cucina, dietro i quadri, tra le travi, in mezzo alle tende. È questo il segno della tipica vespa vasaia, operosa volatrice di un ampia varietà di territori, tra cui quello italiano. L’immagine evocata dalla nuova costruzione in corso d’opera in quel di Massa Lombarda (Ravenna) è di una tipo ed una scala radicalmente diverse. Poiché per la legge dell’inverso del quadrato (la grandezza fisica è in modulo inversamente proporzionale alla distanza) e la specifica struttura biologica degli insetti, nulla che abbia antenne e strisce in elegante alternanza gialla e nera potrebbe vantare una dimensione tale da poter costruire un habitat di fango alto 6 metri e dal doppio diametro di 10, a meno di metterci qualche dozzina d’anni, l’equivalente per lei di svariate generazioni. E ciò senza contare come Tecla, questo il nome dell’insolita struttura preso in prestito dal romanzo sperimentale di Calvino su “Le città invisibili” (1972) sia in sostanza la creazione quasi momentanea di un’impresa tecnologica, dalle tempistiche paragonabili a quelle dei leggendari ponti, muri o costruzioni cosiddetti “del Diavolo”, per l’intervento di una forza sovrannaturale nella loro architettonica implementazione finale. Questo perché non è stata una comune Sceliphron spirifex a creare tutto questo bensì una WASP, acronimo anglofono che mira a riassumere la locuzione vagamente idealista World’s Advanced Saving Project (Il Progetto di Salvataggio Avanzato del Mondo!) un termine mirato ad identificare la stupefacente startup italiana di Massimo Moretti, e per antonomasia la sua speciale concezione di stampanti 3D di grandi dimensioni, costruite per assolvere ad uno dei bisogni più antichi e irrinunciabili dell’umanità: uno spazio, valido, conveniente ed ecologico, che possa essere chiamato casa.
Ecco dunque, perché il nome scelto per il piccolo edificio totalmente in materiali naturali creato assieme alla ditta d’architetti Mario Cucinella MCA è stata prelevato dall’eterno cantiere di questo ipotetico luogo letterario, in realtà non particolarmente dissimile da certi ambienti urbani contemporanei, in cui l’intera popolazione è continuamente impegnata in un cantiere senza limiti procedurali o di contesto, senza nessun tipo di progetto o intento finale tranne allontanare continuamente la marcia inesorabile dell’entropia. Una visione non dissimile da quella della vespa programmata dall’evoluzione e che potrebbe essere, di contro, molto più proficua ed utile qualora l’unico a vìverne gli aspetti maggiormente faticosi fosse un singolo ed omni-comprensivo robot. Così nasce, e indubitabilmente cresce, il grosso vaso simile a un’igloo fatto di strati sovrapposti, ciascuno progressivamente deposto dalla rotazione dell’apposita testina montata sul lungo braccio. E a pochi metri di distanza, ne opera un secondo, per la prima opera in ensemble di due stampanti WASP, programmate per lavorare in accordo alla stessa interessante creazione: una villa, una magione, il perfetto castello dei nostri tempi che sia totalmente riciclabile, eppure nondimeno isolato dal freddo, il caldo e soddisfacente in ogni minimo dettaglio. La dimostrazione che l’uomo preistorico, e i suoi più attenti eredi, sapevano perfettamente cosa stavano facendo. Ancor prima d’iniziare a utilizzare la calce, il cemento e i mattoni…

Leggi tutto