Tra i cultori degli onirici recessi, appassionati di mistiche ed alternative dimensioni, esiste un detto: “Non tutti gli incubi vengono per nuocere”. Allorché la mente, libera da restrizioni situazionali quali ragionevolezza o il tempo necessario a elaborare, può aprirsi come il rotondo portello di un sottomarino. Lasciando penetrare, uno alla volta, notevoli emissari degli oscuri abissi marini. Terrestri? Spaziali? Perché imporre al mondo una suddivisione categorica che in senso cosmico, essenzialmente, non gli appartiene? Animali e mostri, dopo tutto, non sono poi così diversi. Una volta che si accetta la possibile sovrapposizione di determinati aspetti interspecie. Come si ritrovò suo malgrado a fare il già celebre scultore di Città del Messico Pedro Linares, apprezzato tra gli altri da Frida Kahlo e Diego Rivera, quando all’età di 30 anni si ritrovò affetto da una grave febbre causata da peritonite. E nel suo letto di malato, ribaltandosi tra le coperte, venne trasportato nella mistica foresta dell’immaginazione. Tra tronchi colossali ed acquitrini, dove uno alla volta, sfilarono dinnanzi a lui presenze misteriose: là, un leone con la testa di cane. Ed ecco l’ombra di un asino alato! È un pollo, quello, con corna da toro? Finché affollandosi al suo cospetto, le creature eterogenee cominciarono ad emettere all’unisono un singolo verso. La cui onomatopea, tentando di trascrivere ogni cosa, non poteva essere resa in altro modo che: “Alebrije!”
Questo il nome e questa la parola, priva di etimologia in quanto inventata di sana pianta, utilizzata per riferirsi a una particolare forma d’arte nata in quel fatidico anno 1943, attraverso il linguaggio e i metodi della cartonería, antica tecnica di matrice tipicamente messicana per impostare addobbi festivi figurativi mediante l’utilizzo della cartapesta. Un lavoro praticato con fervore da Linares già da una vita, con particolare specializzazione nel campo dei Judas, le figure antropomorfiche o diaboliche bruciate durante le feste del suo paese. E nel quale avrebbe raggiunto vette precedentemente inesplorate, provando a dare forma alle creature scaturite dal suo sofferto periodo di contatto con l’altro mondo. Elaborando un concetto, in linea di principio, non così diverso dagli spiriti guida dei Nahual seguìti dai Maya ed Aztechi, benché scevro d’impliciti contenuti religiosi ma piuttosto concentrato nel creare un’immagine capace di restare impressa, stimolando ed invitando la fantasia. Animali compositi, dunque, letterali mostri ma pur sempre carichi di un profondo significato spirituale. Poiché non necessariamente malefici, o ferocemente invisi all’umanità…
mostri
Dalle tenebre con occhi di braci, il gatto demone dei monti Appalachi
Un criptide costituisce, nella maggior parte dei contesti storici o contemporanei, la manifestazione ipotetica di una paura collettiva, conseguenza della suggestione collettiva in merito a ciò che potrebbe anche persistere, da epoche o momenti ormai perduti tra le nebbie del tempo. In questo senso simili creature, abitando lo spazio insostanziale tra sogno e realtà, perseguitano i popoli sia da svegli che nelle ore oniriche, palesandosi tra il sottobosco con caratteristiche fuori misura, difformi o improbabili dal punto di vista evolutivo pregresso. Fa eccezione da questo punto di vista il wampus, presenza folkloristica tradizionalmente menzionata in luoghi ancora parzialmente incontaminati come gli stati nordamericani del Maryland, la Pennsylvania, la West Virginia. Dove il tradizionale quanto inevitabile “spauracchio” utilizzato per costringere i bambini all’obbedienza, piuttosto che assumere la forma fin troppo familiare di un rapitore oscuro o demoniaco, si aggira con passo felpato attorno alle dimore avìte, producendo quando necessario un verso del tutto simile al terribile ululato di un segugio infernale. Perciò si dice che esso sia una sorta di ibrido tra cane e gatto, benché la somma complessiva delle sue caratteristiche lo porti decisamente a soggiornare nella metà felina del cielo. Terribile, spietato nell’opinione di alcuni, del tutto inoffensivo fatta eccezione per il suo aspetto terrificante in base a quanto riportato da altri, questo peloso abitante dei boschi montani ha caratteristica di essere rimasto per lo più un’ipotesi aneddotica per secoli, fino a una sorta di frenesia iniziata negli anni ’20 del Novecento, quando alcune morti sospette di animali domestici, bestiame e persino una guida umana di nome John Andrews, indussero diversi abitanti di comunità isolate all’organizzazione di grandi cacce, culminanti con la cattura presso Benton, Tennesse di un misterioso animale simile a una pantera. Il quale sarebbe scappato, a quanto si narra, soltanto tre giorni dopo, lasciando mere menzioni orali e prevedibilmente neanche una fotografia per cementare a beneficio collettivo il suo presunto aspetto. Non che manchino estensive descrizioni, spesso contrastanti, in merito a come potesse effettivamente presentarsi la suddetta creatura: un felino muscoloso ed imponente simile quasi ad un orso, dalla lunga coda usata per controbilanciare la sua massa durante le agili svolte tra gli alberi, con testa squadrata, orecchie triangolari ed un paio di occhi straordinariamente luminosi, capaci di assomigliare a fiamme fluttuanti tra gli alberi della foresta. In altri termini, nella sua accezione maggiormente razionale, possibilmente un puma (P. concolor) o jaguarundi (Herpailurus yagouaroundi) predatori effettivamente presenti in simili recessi territoriali, benché alcune delle prerogative esposte risultassero effettivamente incapaci di collimare con questa tesi. Vedi l’eccezionale ingegno dimostrato nell’eludere i cacciatori umani e catturare, ogni qual volta se ne presentasse la necessità, le grandi aquile di mare, da cui in base a leggende locali fosse solito strappare le piume della coda, lasciandole in giro o addirittura portandole in dono ai nativi delle tribù Cherokee, che in seguito le utilizzavano per realizzare i loro celebri copricapi. Un rapporto apparentemente amichevole benché esistano almeno due leggende, finalizzate a rendere più chiaro un simile collegamento, capaci di donare in quel contesto entico connotazioni ben più minacciose al wampus, facendone un ostinato nemico delle loro discendenze ben più antiche della nostra venuta. A patto di dimenticare come l’etimologia stessa del gatto in questione sembri renderlo, più che altro, una creazione successiva degli europei, alle prese con una natura largamente incontaminata e del tutto diversa da quella di cui avevano conoscenze pregresse…
Casa, mostri e meraviglie dell’artista che credeva nel libero arbitrio
Essere o avere? Credere o pensare? Vivere… O immaginare? Scelte inconcludenti quando il sentimento riesce a prendere il controllo della narrativa, ovvero il filo conduttore che determina la progressione funzionale delle idee. È forse proprio questa la ragione per cui l’arte costituisce, nell’immaginazione di molti, l’abbandono della razionalità e l’ingresso tra le forme che delimitano zone contrapposte alla coscienza. E regni magniloquenti, proprio perché spiegano in maniera estesa le impreviste alterazioni del rapporto tra causa ed effetto. Ma per ogni spazio fuori dallo scibile, occorre un guardiano. Il Cerbero massiccio delle circostanze ovvero, in altri termini, il dragone. Una creatura dalla bocca spalancata ed occhi attenti, artigli usati per sorreggere il supremo simbolo del suo potere, come avviene per il Lóng dell’Asia Orientale. O per meglio dire in questo caso, due di questi oggetti: il dado bianco e quello nero. Poiché pur non costituendo un demone, la statua più famosa del Musée Robert-Tatin dedica il proprio compito alla protezione di ogni cosa buona. E ciascun principio opposto, affine al male. Questa era la vita e la profonda verità di un uomo, colui che ha dato il nome a questo luogo mentre si trovava ancora in vita. Avendo percepito l’effettiva possibilità di un lascito, un’eredità per noialtri e tutti quelli che volessero incontrare la sua personale concezione del gesto d’artista. Così come si giunse ad inserirlo, grazie ai critici, tra il novero dei massimi esponenti della corrente naïf, dedicata all’espressione spontanea e senza filtri di una specifica visione del mondo. Laddove Tatin non si considerò mai parte di alcun movimento e d’altra parte, basta approfondirne brevemente la vicenda biografica per comprenderne a pieno titolo l’effettiva ragione. Molti anni prima che si stabilisse nella villa della Loira che attualmente porta il suo nome, l’autore nacque dunque nel 1902 a Laval, da una famiglia per lo più composta di donne e il padre allestitore di fiere circensi in giro per l’intero paese. Così trasferitosi a Parigi nel 1918, fece molti lavori mentre studiava alla Scuola delle Belle Arti disegno e pittura, prima di prestare il servizio militare a Chartres. Sposato con la prima moglie a due anni di distanza, egli avrebbe dunque costituito un’impresa di costruzioni dal notevole successo, che continuò a costituire la sua principale occupazione per tutta la decade degli anni ’30. Prima d’intraprendere una serie di viaggi tra Europa, Africa e Nordamerica, appena prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale relegandolo a ruolo di geniere sul fronte della linea Maginot. Non è dunque del tutto impossibile pensare che sarebbe stata, fondamentalmente, proprio tale esperienza a cambiarlo…
La prova che abbiamo nella nostra mente il potenziale genetico del pesce vampiro
Soddisfazione può essere trovarsi, nelle migliori circostanze immaginabili, attaccati saldamente ad un involucro fluttuante. La scagliosa superficie esterna che ricopre, in molti casi sussistenti, l’effettiva forma idrodinamica di una creatura degli abissi. Pesce o pasto, se vogliamo, di colui e coloro che di un tale approccio hanno saputo fare una missione esistenziale. Grazie all’impostazione programmatica del progressivo corso dell’evoluzione. Che rende ogni creatura più complessa o in casi opposti, elimina il superfluo chiaramente non-necessario. Chi ha mai davvero concepito come indispensabile, del resto, una mascella? Molti sono i modi per nutrirsi alternativi alla masticazione, soprattutto quando rientri geneticamente nell’universale gruppo degli agnati. Creature che dimostrano il possesso di colonne vertebrali ma non quello di altre ossa giudicate, nella maggior parte delle circostanze, utili (…Essenziali). Non c’è perciò parecchio da meravigliarsi, se per lunghi anni di ricerca l’effettiva commistione di fenotipi e comportamenti della tipica lampreda di mare (Petromyzon marinus), mostri lunghi fino a un metro utilizzati da scienziati di ogni parte del mondo come modelli di riferimento, grazie alla maniera in gli riesce di essere allo stesso tempo simili, e diversi. Mentre soltanto nello studio pubblicato all’inizio di questa settimana da scienziati dello Stowers Institute a Kansas City (MO) sembrerebbe sussistere in maniera largamente preponderante il primo caso piuttosto che il secondo. In quel particolare aspetto spesso sottovalutato dei processi mentali, intesi non come linea di ragionamento, bensì l’effettiva conformazione e metodologia di sviluppo dei loro piccoli e altrettanto funzionali cervelli. Ma c’è davvero una differenza? Il pesce vampiro nasce, cresce, desidera ed ottiene soddisfazione. Quindi persegue con tutte le proprie non trascurabili energie l’obiettivo fondamentale di giungere a riprodursi, generando i presupposti di un latente quanto inesplicabile senso di affinità con noialtri esseri umani. Soltanto adesso ci è dato di comprendere, per la prima volta, il perché. Ciò grazie all’approfondita ricerca genetica condotta su questi animali dal team di Bedois, Parker e colleghi, abilmente mirata in modo tale da identificare il ruolo preponderante dell’acido retinoico nella formazione del lobo temporale di questi pesci. Un importante metabolita che permette l’utilizzo della vitamina A nella replicazione sistematica di cellule specializzate, come per l’appunto quelle di tipologia neuronale. Il che significa, in altri termini, che la mente dell’instancabile succhiatore nasce, cresce e si sviluppa esattamente nello stesso modo di quella dei mammiferi di terra, come conigli o topi. O guarda caso quella molto più complessa, di coloro che hanno la prerogativa d’interessarsi e scrivere sul tema dell’esistenza…