Il camion-talpa e l’altro metodo per costruire un arco

Archlock Zipper Truck

Un centimetro alla volta, emettendo rombi dal motore, il grosso veicolo procede nel suo tunnel largo esattamente quanto lui. Solo che tale spazio, visibilmente, costituisce una virtuale non-esistenza. Giacché la parte posteriore, in effetti, è già coperta dalla terra attentamente compattata. Quella centrale, risulta occupata interamente dalla massa, assai considerevole, del veicolo in questione. E dinnanzi a lui… Non v’è ancora nulla di edificato, solamente il cielo, il Sole, un poco di vegetazione ormai del tutto sradicata. Uomini e ruspe, nel frattempo, lavorano alacremente, tutto attorno alla sua emblematica presenza. Un grosso mattone alla volta, come stessero manovrando dei Lego ipertrofici, costituiscono la parte superiore di una volta a botte. Che dovrà poggiare con l’intero proprio peso, fino alla deposizione di un certo numero di chiavi di volta in ripida successione, sopra il coraggioso quattro-ruote semi-sotterrato. Da qualche parte, nei pressi, un singolo cartello: Lock Block Ltd, questo cantiere è gestito da […] Finché alla fine, chiaramente, l’opera non sia compiuta. E come farà, a quel punto, tale sostegno veicolare ad emergere e scappare via? Ma è semplicissimo! Sgusciando come una mera tartaruga serpentina, grazie all’uso delle innumerevoli, piccole rotelle sul suo dorso. Siamo nell’area di Cascadia, presso la città canadese di Vancover. Dove, in un giorno all’apparenza come gli altri, si rimescolano i rapporti tra le connessioni di una delle strutture più importanti della storia umana…
Facevano bene i Greci, che una volta costruite due colonne, vi sovrapponevano l’elemento classico dell’architrave, il componente singolo a sviluppo orizzontale e largo esattamente o almeno quanto la distanza tra le stesse. Perché era un sistema semplice, che non permetteva di commettere un errore di progettazione. Nonché, concettualmente intuitivo: mi pare ovvio che se posizioni un qualcosa di largo e rigido, sopra lo spazio di una luce chiaramente definita, la struttura complessiva giunga ad acquisire un certo grado di stabilità. Tra l’altro gli antichi ben sapevano, per lo meno da un punto di vista puramente intuitivo, che una forza direzionata verso il basso, come per l’appunto è il peso, tenda naturalmente a propagarsi in parte ai lati. Oggi chiamiamo tale tendenza, il momento meccanico. E cosa c’è di meglio, per agevolare un simile processo, che la forma di una superficie ad U invertita, con due angoli retti nei punti in cui s’incontrano le superfici… Beh, mi pare ovvio che C’È di meglio. E ciò perché la pietra, intesa come materiale di costruzione, ha una notevole resistenza alla pressione verso il suo interno, ma ne vanta una comparabilmente assai inferiore all’incremento delle forze che tendono a modificare la sua forma. Piuttosto che piegarsi, si spezza. E questo non è mai auspicabile, in ingegneria.  L’aspetto spesso trascurato per quanto concerne gli archi, una struttura comunemente viene associata all’urbanistica dei Romani, che ne fecero un uso frequente per i loro grandi anfiteatri ed acquedotti, è che tali elementi decisamente efficienti ma poco utilizzati dai predecessori dell’Egeo non costituivano affatto un’evoluzione successiva del loro concetto dell’architrave, ma piuttosto coesistevano con esso, e in determinate particolari espressioni edilizie, lo precorrevano, persino. Non era affatto infrequente dopo tutto, tra le antiche civiltà della Mesopotamia e dell’Egitto, ritrovare un qualcosa di molto simile a quanto dimostrato dalle ruspe e dal camion della moderna Lock Block Ltd. Benché naturalmente, i mezzi a disposizione avessero un ordine di grandezza decisamente diverso.

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Metodo cinese per sostituire un ponte in 36 ore

Rapid bridge replacement

Nulla dura per sempre, tranne il concetto di necessità. Attraverso le generazioni, per le sua essenziale predisposizione, la città di Pechino è stata al centro della storia della sua regione: imperatori, generali e funzionari di partito, in tempi più recenti, gli eredi degli antichi mandarini, hanno varcato le sue porte a piedi o a cavallo, all’interno di carrozze con l’effige del dragone oppure semplici automobili, fin’anche tramite le macchine volanti dell’irraggiungibile modernità. Come un tempo sulle ripide strade tra le brulle montagne di Jundu, impresse nella mente delle guide locali, o tra i verdeggianti colli di Xishan, progressivamente trasformati in zona suburbana, così adesso lungo quei sentieri, in ferro e asfalto, che costituiscono le superstrade. Un metodo veloce. Un sistema estremamente efficiente. Che tuttavia comporta, inerentemente, una problematica di fondo: l’usura. Ed era stato proprio un simile fattore, negli ultimi anni, a condizionare l’utilizzo dell’importante viadotto di Sanyuan (三元: dei tre assi astrali, oppure in modo più prosaico, delle tre monete da uno Yuan ciascuna) collocato a partire dal 1964 sul terzo raccordo cittadino, con lo scopo ritenuto fondamentale di collegare la strada verso l’aeroporto internazionale con la Jingshun Road per raggiungere Shenyang, Liaoning. Tanto importante, per il quadrante nord-orientale della metropoli, da dover sopportare il passaggio giornaliero stimato di approssimativamente 200.000 autoveicoli, una cifra che difficilmente può trovare una corrispondenza altrove, persino nelle grandi città americane. Il Manhattan Bridge, per dire, ne raggiunge “appena” 70.000. E se persino l’acqua e il vento, in secoli e millenni, possono erodere le più alte montagne, immaginatevi allora l’effetto che possono avere tali e tante tonnellate quotidiane, sulla sezione sopraelevate di uno svincolo a quadrifoglio di questa strada, i cui petali vengono percorsi anche soltanto per fare inversione di marcia, ovvero, dalle auto che procedono sul viale perpendicolare. Studi effettuati in epoca recente l’avevano dimostrato: lentamente, inesorabilmente, i pilastri del sovrappasso andavano sprofondando nel suolo del quartiere periferico circostante, denominato niente affatto casualmente Sanyuanqiao, come la primaria strada in questione. Urgevano interventi di riparazione.
Si, ma come fare? Potrete facilmente immaginare le problematiche architettoniche ed ingegneristiche di un qualsivoglia intervento conservativo su una simile struttura, per sua stessa natura semplice, eppure estremamente sofisticata. Applicare puntelli, aggiungere paletti, consolidare colate cementizie, sono tutti approcci che potrebbero servire in casi specifici di vario tipo, ma che in nessun modo potevano aiutare a contrastare l’effetto della gravità. L’unica speranza era, letteralmente, smontare il ponte e poi ricostruirlo da capo, mediante l’impiego di tecnologie edilizie più moderne. Un’impresa, innanzi tutto, costosa, ma che ancor più gravemente avrebbe condotto alla chiusura prolungata di una simile arteria stradale, semplicemente irrinunciabile alla vita quotidiana di innumerevoli persone. Ed è qui che entra in gioco l’invenzione, una tecnica semplicemente straordinaria. In questo video, comparso improvvisamente sul canale della CCTV America e presto ripreso da numerose testate internazionali, si può osservare un’implementazione super-efficace dell’approccio definito ABC, ovvero Accelerated Bridge Construction, mediante il quale una di queste strutture può essere sostituita, letteralmente, nel giro di un singolo week-end. Prima di iniziare a intavolare comparative poco lusinghiere coi processi che abbiamo visto in atto in prossimità delle nostre rispettive abitazioni, ad ogni modo, sarebbe opportuno fare una precisazione: questa procedura di far camminare 1300 tonnellate di acciaio e cemento tramite l’impiego di SPMT (Self-propelled Modular Transporters, mezzi enormi con dozzine di ruote) semplicemente non è adatta a tutte le diverse circostanze. E poi, costa molto, molto di più: secondo quanto riportato dalla news agency Xinhua, la sostituzione ha comportato una spesa approssimativa di 39 milioni di Yuan, equivalenti a 6,1 milioni di dollari americani. Forse abbastanza da giustificare la sopportazione di qualche piccolo disagio, laddove, diversamente dalla spropositata Pechino, ne sussista la possibilità.

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