PS3, Xbox 360 game review: Bayonetta

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L’iter evolutivo degli action game trova connotazione nella duplice deriva contrapposta delle sue potenzialità espressive. Ad un’estremo dello spettro si trova il tentativo di coinvolgimento diretto del giocatore, attraverso la piena ed immediata riconoscibilità delle situazioni proposte.
In questi casi è opportuno che il protagonista del racconto sia incolore e facilmente riconducibile all’uomo comune. Dovrà indossare una divisa, uniforme o armatura, non verrà inquadrato a meno che abbia un casco sulla testa, è di poche parole e si relaziona di preferenza attraverso l’uso indiscriminato di armi. Non porta gli occhiali da vista, non ha la barba o altri segni di riconoscimento. Non dispone di risorse in aggiunta al suo addestramento militare o alla preparazione fisica individuale, e viene attentamente motivato a combattere nemici della collettività come il terrorismo, i soldati tedeschi, gli alieni, i demoni fiammeggianti non-morti, i robot pieni di astio verso i loro creatori o le bestie selvagge preistoriche.
Bayonetta invece è una strega immateriale che uccide schiere di angeli dorati e consegna le loro aureole al signore dell’inferno. I suoi tacchi sono pistole, salta con ali di farfalla,  cammina sui muri e ferma il tempo. Evoca strumenti di tortura, brandisce serpenti vivi, si trasforma in pantera, pipistrello o corvo ed avvia le motociclette infilandoci due dita della mano e girandole di 90 gradi. Il suo sangue è fatto di petali di rose, e quando viene ferita si riprende succhiando caramelle a bastoncino. I suoi capelli formano in un qualche modo imperscrutabile il tessuto dell’abito aderente che indossa, ma spesso prendono vita come draghi o mostri colossali. Non fanno le due cose allo stesso tempo.

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Il 12 ottobre 2006 i vertici dirigenziali della CAPCOM decidono per lo scioglimento del gruppo indipendente Clover Studio.  Ciò significa liberarsi senza preavviso dei creativi che sotto la guida di Shinji Mikami (director del primo Devil May Cry nel lontano 2001) e del veterano Atsushi Inaba (ex-designer presso Irem ed SNK) avevano saputo creare in appena un paio d’anni tre delle proprietà intellettuali più eclettiche della passata generazione di console: Viewtiful Joe, l’ingenioso platform a scorrimento basato sulla cultura supereroistica nipponica; Okami, l’action esplorativo in stile Zelda che univa gli antichi miti del Kojiki al fascino della calligrafia orientale; ed infine God Hand, divertente quanto difficile beat’em’up che dava una bizzarra reinterpretazione dell’estetica di Ken il guerriero.
Nonostante il grande e motivato successo di critica per almeno due di questi titoli, ed a fronte di vendite oggettivamente meno che eccezionali, i Clover sono così costretti a rivendersi al miglior offerente. Nel 2007, attraverso la fusione con un’altra compagnia e sotto l’egida del colosso decaduto SEGA, il dream team viene ricostituito nella sua quasi totalità con il nome PlatinumGames, e dalla sua sede di Osaka rimette in moto una fucina creativa ed innovatrice che nel suo paese di origine ha ben pochi concorrenti. Tre progetti in meno di un anno, ed il terzo senza dubbio è il più importante dal punto di vista del budget e delle aspettative: questa imprevista, caotica ed inconfondibile Bayonetta.

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Inguainata in una tenuta latex-accessoriata a metà tra la segretaria sexy e la dominatrix mutante, caratterizzata da proporzioni stranamente seducenti quanto esagerate e vagamente mascoline, la strega di Mikami è per certi versi la perfetta controparte femminile dello stile “cool and sylish” di Dante in Devil May Cry. Bayonetta è praticamente sempre in posa: se si trova ferma in un punto ha le gambe incrociate, avanzando con una pistola puntata ancheggia vistosamente, quando aziona le leve sparse per gli ambienti di gioco sembra una ballerina di lap-dance.
La sinuosa strega viene presentata fin dalle prime caotiche scene come la discendente amnesìaca del clan delle Streghe di Umbra, antica sorellanza centro-europea di mistiche dedite alla venerazione della luna. Nel flashback di apertura, mentre già ci si trova a combattere dozzine di avversari su un quadrante di orologio in caduta libera nel cosmo, apparentemente staccatosi dal Big Ben, viene narrata della loro lunga faida contro i Saggi di Lumen, loro avversari solari e diurni.
Parrebbe che a causa della misteriosa scomparsa di due antiche gemme sacre, gli Occhi del Mondo, entrambe le potenti fazioni sianto state quasi completamente sterminate da terribili angeli vendicatori armati di lance di fuoco e spade fiammeggianti.  L’avventura di gioco, lunga più di una 15ina di ore e meritevole di almeno un secondo play-trough, porterà il giocatore a sconfiggere un’antica rivale, sventare l’apocalisse universale e ricongiungersi con un’importante parente smarrita.

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All’inizio della storia Bayonetta, risvegliatasi ormai da qualche tempo a seguito di un lungo sonno ristoratore, viene mostrata in abiti da religiosa nel mezzo di un cimitero. L’incredibile dinamismo e lo stile particolarissimo dei primi cinque minuti di gioco non fà che preparare la strada ad un crescere continuo ed inarrestabile di sequenze mai viste prima: l’occasione mostrata è infatti una trappola tesa alle forze angeliche. Le splendenti creature celesti stanno per prelevare lo spirito di un presunto deceduto, il mercante d’armi Rodin. L’imponente e luciferino individuo viene però liberato a sopresa da Bayonetta con un calcio sulla lastra di marmo della sua tomba, e con un gesto imperioso fa comparire tutto intorno un cumulo di pistole e fucili. A questo punto, sulle note di una melliflua versione dance di Fly me to the Moon, la strega inizia a danzare e combattere contemporaneamente. Lo stile di lotta utilizzato nel gioco è in una certa misura simile a quanto visto nella serie di Devil May Cry, ma ancora più veloce e caotico. Non c’è nulla dei misurati tatticismi di un gioco come Ninja Gaiden, ne viene fornita la possibilità di parare o deviare i colpi dei nemici.  Il giocatore realmente abile sarà sempre all’attacco: ogni schivata riuscita regala infatti qualche secondo di witch time, momento in cui i nemici vengono rallentati e resi vulnerabili. Le combo riuscite caricano inoltre il potere magico, tramite il quale sarà possibile scatenare gli attacchi speciali di Bayonetta. Questi non saranno mai semplici mosse finali con colpi di spada o pugni, quanto l’impiego spettacolare di oggetti pericolosi a danno del nemico: seghe a nastro, ghigliottine, ruote dentate, vergini di Norimberga… ciascun avversario incontrerà un destino differente altrettanto esagerato, truculento e spettacolare. I più imponenti tra loro poi, richiedendo per essere sconfitti l’utilizzo delle trasformazioni demoniache dei già citati capelli stregoneschi della protagonista, verranno letteralmente divorati da tarantole o vermi giganti, il tutto come sfondo di una Bayonetta vestita ormai solo di un turbine di energia. Una versione ridotta dell’effetto sarà elemento fondamentale di alcune delle combinazioni di attacchi migliori, in cui parti dell’abito di Bayonetta diventeranno mani o piedi giganti evocati a percuotere il nemico di turno. 

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Le armi ad uso continuativo della protagonista sono poi altrettanto bizzarre: dopo la classica spada da samurai, il giocatore verrà dotato di una nutrita collezione di strumenti di distruzione più simili ad attrezzi di scena che ad oggetti per la lotta. Ciascuno di questi ausilii fiammeggianti, elettrificati, ghiacciati o velenosi richiederà il ritrovamento di un numero variabile di pezzi di un LP musicale sparsi per uno specifico livello di gioco, non garantendo in effetti che tutti i giocatori riescano a reperire l’intero arsenale.
Le schiere angeliche oggetto della furia di Bayonetta sono altrettanto affascinanti ed originali: una collezione incredibilmente varia di cherubini perversi, cavalieri trasformabili in armature elaborate, troll giganti con la faccia da neonato e draghi dorati simili a lombrichi.  Ciascuno viene introdotto con un nome in latino dalle assonanze fortemente bibliche, ed i più potenti corrispondono alle virtù cardinali e teologiche della tradizione cristiana. I combattimenti con i boss, in particolare, sono spettacolari ed apocalittici come un disaster-movie americano, ma allo stesso tempo pienamente interattivi e giocabili.
Lo stile originale di Mikami non pervade unicamente i personaggi e le creature del gioco: ogni singola situazione è un vero trionfo di creatività. Il giocatore si troverà, ad esempio, a percorrere il lato convesso di una torre circolare mentre l’interno della stessa si riempie di lava; a saltare da planetoidi rotanti sull’asse verticale verso piattaforme eteree di luce semi-trasparente sospese in un mare di stelle. O ancora, in un certo capitolo,  il combattimento per salvaguardare un gigantesco aereo in volo porterà il giocatore al suo interno, sulle ali dello stesso ed infine sulla superficie del mare, dove una creatura terribile e potentissima lo avrà portato a schiantarsi. In un livello stradale ambientato su automobili e camion in movimento qualcuno arriverà a riconoscere le note Magical Sound Shower, il più famoso brano musicale del classico automobilistico OutRun. Qualche scena dopo, a cavallo di un missile, si assiste ad una vera e propria ricostruzione audio-visiva ed in chiave moderna di Space Harrier, gioco di SEGA tra i primi shooter spaziali in soggettiva.
Le concessioni all’estetica ed alle meccaniche dei classici videogame arcade finiscono per caratterizzare lo stesso stile di gioco  e la sua occasionale difficoltà. Benchè non al livello dei terribili Ninja Gaiden o Demon’s Souls, Bayonetta richiede anche al suo livello “medium” una certa abilità da parte del giocatore, per lo meno nell’impiegare in modo efficace i diversi power-up offensivi e di recupero. Una modalità semplificata permette invece di avvicinarsi all’azione con l’impiego di due soli tasti, attraverso un pratico meccanismo di combo automatiche.

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Dal punto di vista tecnico Bayonetta è un gioco multi-formato non perfettamente ottimizzato, ma comunque competente. La grafica, nonostante l’elevatissimo livello artistico, scade talvolta in imprecisioni tecniche che mai si sarebbero viste nei titoli first o second party delle software house più blasonate. La versione PS3 in particolare, come esemplificato dalla famosa recensione del magazine giapponese Famitsu, risente di un frame-rate molto più basso e di tempi di caricamento allungati a causa dell’impossibilità di installare il gioco. Ciò non ha comunque impedito a quest’ultima di vendere molte più copie del gioco in versione X-Box 360, per lo meno nel suo paese di origine. Fortunatamente si parla da qualche tempo di un’imminente patch risolutiva: la semplice aggiunta di una feature di caching da disco rigido sarebbe già un significativo passo avanti.

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In origine il controllo diretto dell’azione seguiva l’unica possibilità espressiva a disposizione, con giochi simili a prove di abilità o sport virtuali. Il protagonista non era allora niente più che un semplice agglomerato di pixel rappresentante la palla, l’astronave, l’automobile. Era l’epoca d’oro dei videogame arcade. Verso la fine degli anni ’80, con l’esportazione del nuovo mezzo espressivo al di fuori degli Stati Uniti, l’introduzione di console per uso casalingo e la nascita di figure artistiche specializzate, venne proposta la possibilità di controllare personaggi contestualizzati più o meno immaginifici,  in cui convergevano elementi del fumetto, del cinema e della letteratura.
Bayonetta rappresenta in quest’ottica l’epoca post-moderna dei videogame: è una protagonista talmente perfetta nel suo contesto che non potrebbe mai funzionare altrove. Ed è parte fondamentale di un’avventura così fuori dal comune da portare un significativo avanzamento all’intero sotto-genere degli stylish action games.

 Consigliato a chi: vuole sconfiggere gli stereotipi del presunto realismo di gioco

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