L’uniforme bicolore che sorveglia l’albero di acacia: ad ogni garrulo, una vocazione

È sorprendente quante delle distinzioni normalmente attribuite come tratti tipici dell’intelligenza umana possano essere ritrovate nei volatili di questo mondo. Dalla capacità di contare delle umili galline, alla risoluzione dei problemi complessi messa in pratica dai corvidi, all’utilizzo del fuoco da parte del nibbio bruno australiano, che getta rami incandescenti su foreste pronte ad ardere spingendo i piccoli animali a fuggire fuori dai loro ripari. Mentre può essere in un certo senso rassicurante, almeno da un punto di vista elitario, la maniera in cui l’eloquio di pappagalli ed altri sia soltanto una mera imitazione dell’originale, senza l’evidente capacità da parte dei pennuti di comprendere parole o frasi mentre escono dai loro becchi sapienti. Il che esclude in verità soltanto l’uso consapevole di tali suoni, che in realtà non appartengono alla loro classe. Laddove l’uso della comunicazione, come in ogni altra creatura in grado di formare gruppi sociali, può essere importante nella loro vita almeno quanto lo è nella nostra: in qualità di vero ed innegabile strumento di sopravvivenza.
Difficile negarlo, in modo particolare, mentre ci si aggira nelle aride savane di Botswana, Namibia, Zimbabwe, Sudafrica. Tendendo i padiglioni auricolari ad un verso insistente, che per modularità e complessità evidente sembrerebbe assomigliare, più che altro, a un discorso. L’effettiva risultanza, chiara e indisputabile, della lunga eredità evolutiva posseduta dal Turdoides bicolor o garrulo bianconero meridionale, un piccolo passeriforme (75-95 grammi) dalla colorazione estremamente riconoscibile, poiché all’interno di un genere dalle tonalità mimetiche tendenti al marrone, si presenta di suo conto con l’iconica livrea di un panda. Ed una voce dal volume sorprendentemente alto, proprio perché utile a colui che nel gruppo d’individui, tra i due ed i sedici esemplari, ha ricevuto l’importante compito di sorvegliare i dintorni. Posizionato sopra il ramo di un albero scarno, intento a rassicurare con il canto-del-riposo i suoi colleghi intenti a raccogliere risorse sul terreno esposto. I quali potranno, in questo modo, ricevere la consapevolezza che alcun predatore si trovi nei pressi, potendo poi reagire in modo pressoché immediato non appena il rilassato eloquio si dovesse trasformare nel canto-d’allarme. Esso stesso tanto complicato e variabile, quanto possono esserlo gli innumerevoli pericoli di tale ambiente d’appartenenza. In una dimostrazione senza pari d’intelligenza fonetica, e la chiara predisposizione ad usarla…

Chiaramente parte del consorzio di creature che smentiscono il radicato stereotipo secondo cui bird brain sarebbe un’espressione degna d’identificare creature o metaforiche persone dall’intelligenza limitata, questi garruli ed i loro simili del contesto africano meridionale mostrano di loro conto molte altre pratiche dimostrazioni di capacità logistiche e gestionali paragonabili a quelle di una popolazione primitiva umana. Tra cui la suddetta divisione dei compiti, che si estende anche all’iter tipico del loro processo riproduttivo. In cui è una singola coppia dominante, in ciascun gruppo, a produrre il 90% delle covate mentre i loro subordinati, maschi e femmine, si occuperanno a turno di custodire i piccoli garantendo in questo modo una più alta quantità di successi nel raggiungimento dell’età riproduttiva. Esibendo, nel contempo, un comportamento estremamente raro all’interno del mondo animale: l’insegnamento. Studi specifici (Raihani, Nichola J. et al. 2008) hanno registrato in tal senso la maniera in cui i genitori dei garruli siano soliti abituare i nuovi nati ad un particolare suono, simile alle fusa di un gatto, nel momento in cui si occupano di portargli il cibo. Lo stesso verso usato per incoraggiarli a fuoriuscire dal nido, porgendogli soltanto allora il nutrimento, nel periodo in cui essi riterranno sia ormai quasi tempo d’imparare a cavarsela da soli. Allorché lungi da abbandonarli al proprio destino, i genitori continueranno a emettere il richiamo in prossimità dei luoghi adatti al foraggiamento, controllando di essere seguiti dalla beneamata prole. Interessante notare, in tal senso, come questi ultimi dovranno dunque giungere alle loro conclusioni su cosa effettivamente sia un “luogo idoneo” al sostentamento, nel momento in cui immancabilmente si troveranno a spostarsi altrove non potendo più affidarsi al mero nozionismo delle cognizioni acquisite.
Fortemente territoriali e inclini spesso ad instaurare veri e propri conflitti generazionali tra gruppi distinti di co-specifici, gli uccelli del genere Turdoides sono tuttavia inclini a tollerare la presenza di un particolare tipo di drongo, il passeriforme dalla coda biforcuta, Dicrurus adsimilis. Notoriamente incline a trarre giovamento anch’egli dall’impiego di un linguaggio di allarmi complessi, generalmente lanciati per avvisare i pennuti di zona d’incombenti pericoli. Ma anche al fine di condizionare una reazione di fuga, così da poter sottrarre direttamente dai loro becchi in fuga dei preziosi e dispendiosi bocconi di cibo. Così che i garruli, in particolare, imparano a tollerare la sua presenza soltanto quando in numero insufficiente da potersi permettere una propria sentinella. Mentre cercano di allontanarlo se sono in quantità tale da poter svolgere, a rotazione, quell’importante mansione.

Un tipo di trovate e strategie complesse nell’utilizzare il quale, in maniera poco tipica, il garrulo bianconero sembrerebbe condizionato da una serie di fattori esterni. Certamente interessante in tal senso lo studio del 2022 di scienziati della Royal Society (Soravia, J. Ashton et al.) in base a cui le femmine di questi uccelli mostrerebbero un marcato declino cognitivo con l’avanzamento dell’età, quando biologicamente inclini a deporre una quantità superiore di uova e per questo investire risorse maggiori nella riproduzione. Idea compatibile con l’altro studio degli stessi autori, questa volta pubblicato nel 2023, in cui si nota la maniera in cui un calo temporaneo d’intelligenza tenda a verificarsi con l’aumento esponenziale delle temperature degli ambienti di appartenenza. Un ulteriore richiamo urgente a beneficio della conservazione ecologica, se mai ce n’è stato uno, a contrastare per quanto possibile la preoccupante deriva del mutamento climatico terrestre. A beneficio di una specie che pur non essendo ancora formalmente considerata a rischio, potrebbe fare da sentinella in più di un senso al benessere futuro d’intere coorti animali. Così da continuare auspicabilmente a ricordarci, per molti secoli a venire, quanto non-unici e non-benedetti siamo, tra le coincidenti espressioni comunicative del consorzio dei viventi. Tutti egualmente inclini a farsi capire ed essere capiti, per il beneficio della collettività, indipendentemente dalla cultura (o specie) di provenienza.

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