L’attrazione vietnamita del Sukhoi che ha ricevuto l’anima di un motoscafo

Guerra non è sempre o necessariamente il conflitto insanguinato tra ordini o visioni differenti del mondo. Talvolta contrappore la necessità di alcuni e le distinte preferenze operative vuole dir mettere in campo armi, mezzi e sistemi per combattere, al solo fine di mostrare la capacità di farlo. Le forme in più di un caso iconiche create dal bisogno dei paesi alla conservazione della propria identità circostanziale, più che mera e insussistente apparenza. Allorché scrambles (decolla in gran carriera) il demone dalle ali a freccia e il doppio impennaggio di coda, la riconoscibile livrea mimetica nei confronti del cielo, allorché si erge nel futuro prossimo l’eminente occorrenza di quel rombo e quel potere… Dei cieli. Ma se l’elemento dell’etereo è irraggiungibile, così come può capitare in molte circostanze per la gente comune, allorché occorre andare in cerca di una valida sostituzione. E non c’è aria (secondaria) più calzante della mera acqua (bagnata) che costituisce l’intricata ragnatela idrografica di un luogo come questo. Dong Thap, Long An, delta del Mekong. Parte sita in prossimità dell’estrema punta meridionale della penisola, ove spostarsi su uno scafo è l’effettiva equivalenza di una doppia coppia di pneumatici nella stragrande maggioranza delle democrazie automobilistiche d’Occidente. Con la significativa differenza che qui non è la rete dei trasporti ad aver dettato la forma dell’agglomerato, bensì l’esatto opposto (e di che grandezza stiamo parlando? 1,8 milioni di persone in un’area poco superiore ai 3 Km) così come capisce molto bene Hoàng Thanh, il titolare, direttore e probabilmente erede di un particolare tipo di realtà aziendale. Costruttore su misura di piccoli motoscafi ad uso personale; difficile immaginare un ambito più vietnamita di questo. Con una certa indiscutibile passione per la rule of cool, quell’ideale estetico contemporaneo mirato alla riproduzione, ogni qual volta si renda possibile, del parco veicoli capace di ottimizzare o difendere il pianeta umano. Come per l’appunto, il Sukhoi Su-35 alias Flanker-E direttamente dagli hangar più avanzati del famoso bureau di Begovoj, zona settentrionale di Mosca. Che poi non sarebbe in condizioni normali un idrovolante, ma d’altronde qui non è neppure volante. Bensì l’unione soprattutto pratica e sapiente di un diversificato cumulo di rottami, parti di altri battelli, l’immancabile legno di balsa tagliato a misura ed un plurimo quanto accurato strato di doppia verniciatura impermeabilizzante. Il tutto tenuto assieme con quella che la descrizione al video chiama “colla a caldo” benché non sia del tutto chiaro a quale prodotto l’autore stia facendo riferimento. Almeno non quanto il suo numero di telefono e la promessa di accettare ordini per un’opera del tutto simile, alla modica cifra di 90 milioni (di Dong) – 3.640 dollari. Al tempo stesso una cifra importante, ma anche molto meno di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi…

Dopo tutto Thanh lavora, per sua stessa ammissione, una quantità media di un centinaio di giorni al completamento di uno dei suoi “pezzi” ciascuno dei quali la diretta risultanza di una comunione trasversale tra utilità e superflua quanto memorabile apparenza. Vedi anche l’interessante ibrido tra una powerboat ed auto Formula 1 prodotto nei colori del team Haas la scorsa estate, a partire da una moto d’acqua fortemente modificata e per questo meno fedele, nella forma, all’oggetto ispiratore di partenza. Non che ciò lo privi di alcun fascino anzi, dando luogo alla congiunta sussistenza d’influenze contrastanti nel produrre un tipo di strumento semovente che potrebbe figurare al centro di un moderno videogame. E le prestazioni, almeno a giudicare dai lunghi ed esaustivi video di presentazione al pubblico internazionale, non lasciano in alcun modo delusi. Internet è in fondo molte cose per persone diverse, ove sussistono influencer che lavorano in base a crismi e finalità divergenti. Che non sono sempre, o necessariamente mutualmente contrapposti. Ed è in tale contesto totalmente non specifico che riesce a emergere, in mezzo al vasto catalogo delle offerte dei discorsi fatti sugli stili di vita diversi e singolari, l’utile testimonianza di chi, come costui, vive e respira l’universo del grande Fiume. In almeno due canali ove il secondo, intitolato semplicemente Hoàng Thanh, mostra episodi della vita propria e della sua famiglia. Inclusa l’impressionante avventura sperimentata dalla sorella, che si era trovata in mare 2 anni fa con un carico di pietre per impiego edilizio, all’avvicinarsi di una preoccupante tempesta. O la dettagliata dimostrazione del funzionamento di una benna per il dragaggio del fondale, all’interno di quella che potrebbe essere la propria o una simile officina per i lavori a secco. Ed ancora la dimostrazione implicita, quanto interessante, di come la tendenza a usare forme o caratteristiche dei mezzi volanti per la navigazione fluviale non sia iniziativa soltanto sua nel territorio peninsulare circostante. Come rappresentato dall’agricoltore con tanto di livrea personalizzata e sito internet visitato e intervistato l’anno scorso a bordo della sua carlinga riammodernata, di un ex-aereo passeggeri diventato l’equivalente locale di una tipica narrowboat, la casa galleggiante dei canali inglesi. Invero, il fascino vietnamita per le cose scintillanti o veloci non parrebbe essere nato con l’attuale ed ultima generazione dei ri-costruttori…

Ri-ciclo, ri-attivazione, ri-torsione dei modelli parametrici di partenza. Dal consumatore alla discarica e da quest’ultima, in condizioni ideali, all’atelier d’artista. E non c’è forse insegnamento più importante che potremmo trarre dall’Internet delle cose contemporanee, come via d’accesso ad uno stile di vita maggiormente sostenibile ponendo sempre al centro delle cose la bellezza in quanto tale, figlia di officine dal consumato bisogno d’espressione immanente. Giacché non c’è niente di più magnifico a questo mondo che un caccia multiruolo Sukhoi capace di navigare senza l’uso di una portaerei, proprio perché in conseguenza di ciò esso non è più un sistema o piattaforma d’arma! Bensì la mera ed apprezzabile espressione di qualcosa che funziona… Nel migliore dei modi. Potendo sopravvivere, in tal senso, all’esigenza eventuale di farne uso contro i propri nemici.
Abbiamo già abbastanza problemi, potrebbe affermarsi a tal proposito, anche senza andare sempre in cerca del motivo per bombardarne di nuovi. In Vietnam ben conoscono il problema che deriva da un simile fraintendimento. Non che i responsabili supremi, al comando, risentano comunemente delle conseguenze delle decisioni prese “per il bene degli altri”.

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