Il signore degli anelli sotterranei ed il maggior fallimento scientifico degli Stati Uniti

Chi è stato a costruire un massiccio complesso di uffici poco fuori la storica cittadina di Waxahachie, nel Texas settentrionale? Chi ha scavato in vari punti nei dintorni, attorno a depressioni e asperità del territorio, profonde voragini verso destinazioni ignote? E chi l’ha poi riempite con migliaia d’ettolitri di acqua, pompate in quello che parrebbe essere a tutti gli effetti un singolo ambiente interconnesso al di sotto delle aride distese del Gigante? Non proprio la controparte antropomorfa di questa metafora toponomastica, sinonimo del più vasto ed il secondo più popoloso tra i 52 stati nordamericani. A meno di voler attribuire tale termine in maniera figurativa, sulla base delle sue mansioni, all’uomo che siede a Washington all’interno dello studio ovale. Dove si costruiscono e distruggono, tra l’ora di colazione e il pranzo nelle sale della residenza, i destini degli uomini e delle nazioni. Oltre a quello, almeno in un singolo caso, dell’Universo stesso. O per meglio dire (facciamolo!) della nostra COMPRENSIONE, di quello stesso spaziotempo. Per il tramite del migliore e il solo metodo di cui possiamo disporre: far scontrare cose molto piccole, in maniera straordinariamente veloce.
Tutto ha inizio con l’elaborazione del cosiddetto Modello Standard, elaborato in varie fasi nel corso del XX secolo ad opera di grandi personalità della fisica come Steven Weinberg, Abdus Salam e Peter Higgs. L’idea secondo cui le interazioni basilari della materia fossero in un certo senso governate da tre forze (debole, forte ed elettromagnetica) e l’influenza reciproca di due tipologie di microparticelle: i quark ed i leptoni. Il che avrebbe presentato un problema non indifferente da risolvere, poiché le seconde risultavano essere, da ogni punto di vista concepibile, inizialmente prive di alcun tipo di massa. Da qui l’idea che potesse esistere un qualche tipo di meccanismo, ed un sostrato di entità ancor più minute, in grado di aggregarsi e trasferirvi in qualche modo la loro stessa essenza. Per tutti i loro validi contributi all’avanzamento delle scienze quantistiche a partire dagli anni ’50, tuttavia, i primi sincrotroni o acceleratori ad anello costruiti al mondo non riuscirono a provarne l’esistenza. Il problema di quello che avremmo infine conosciuto con il nome di bosone di Higgs o “particella divina” è che come ogni altro elemento fisico di tali infinitesimali dimensioni, esso non può essere osservato direttamente, ma soltanto tramite gli effetti che riesce ad avere sulla materia circostante. Ma a differenza della stragrande maggioranza delle sue controparti, le caratteristiche specifiche che lo definiscono tendono a richiedere per i relativi esperimenti una quantità di energia, e conseguenti risorse, assolutamente fuori da ogni scala ragionevole presunta. Ed è proprio questa la ragione per cui trasformare in comprovata verità la semplice teoria, elaborata dal 1964 dall’omonimo scienziato britannico, avrebbe richiesto un periodo di 48 anni fino al 2012, e l’impiego del più grande sincrotrone sotterraneo esistente: il Large Hadron Collider alias acceleratore di particelle del CERN di Ginevra. Ciò che non tutti sanno, tuttavia, perché nessuno ama parlarne, è che la stessa scoperta avrebbe potuto essere anticipata di oltre vent’anni. Se soltanto gli Stati Uniti avessero potuto fare affidamento sul massiccio complesso scientifico passato alla storia col bizzarro soprannome di Desertron. Massiccia opportunità perduta della storia, infusa del tipico linguaggio delle ucronie…

Uno degli errori organizzativi commessi nella progettazione del Desertron sarebbe stato individuato, in seguito, nell’averlo teorizzato come struttura completamente indipendente dal Fermilab di Batavia, Illinois. Con conseguente aumento delle cifre oggetto dell’investimento.

La sua sigla ufficiale era SSC (Superconducting Super Collider) ed il primo a proporlo sarebbe stato il professore di Stanford Stanley Wojcicki, alla guida del gruppo di studio costituito nel 1983 per “Portare ad una posizione di preminenza il programma di studi della fisica degli Stati Uniti” Espressione che potrebbe anche essere tradotta, alla maniera di molte altre cose in quegli anni, come “Far vedere all’Unione Sovietica che siamo più bravi” nel modo che tendeva a garantire, a innumerevoli progetti a investimenti a vantaggio della collettività umana, fondi virtualmente illimitati per la costruzione di magnifici castelli e cittadelle capaci di sfociare nella stratosfera. Qualche volta anche letteralmente: vedi l’ISS o Stazione Spaziale Internazionale, ovvero il progetto spesso paragonato sottovoce, per spesa necessaria ed importanza stimata nel garantire il miglioramento a lungo termine delle nostre prospettive planetarie, alla casistica purtroppo destinata a deragliare dell’ancor più spropositato SSC. Difficile immaginare a tal proposito l’iniziale reazione del Congresso, alla proposta del budget di un 1987 già economicamente sofferto, secondo cui una quantità iniziale di 4,4 miliardi di dollari sarebbero stati accantonati al fine di scavare un tunnel circolare di 87 Km poco fuori Waxahachie e disporvi una serie di colossali magneti sotterranei, al fine di accelerare e far scontrare le particelle. E di certo l’idea sarebbe naufragata, senza l’entusiastico supporto pubblicamente dichiarato del presidente e del suo diretto successore, George H. W. Bush. L’idea alla base del Desertron era tuttavia condizionato dalle problematiche di una sostanziale idiosincrasia di fondo. Ovvero il desiderio e la necessità, col progredire del progetto, di ottenere fondi addizionali dalle istituzioni scientifiche internazionali, pur restando a tutti gli effetti un progetto finalizzato ad accrescere il prestigio e l’immagine degli Stati Uniti. Che nel frattempo ci tenevano a mantenere la propria egemonia politica, come quando l’implementazione di una serie di norme sull’importazione di automobili dal Giappone avrebbe portato al ritiro di quest’ultimo dal gruppo di sostegno al grande acceleratore. Il che avrebbe portato tra le altre cose all’inizio degli anni Novanta, con già un imponente complesso di uffici costruito ed oltre 27 Km di tunnel a partire da essi, dislocati tra le colline antistanti la città, ad un progressivo rallentamento ed infine arresto dei lavori, mentre si tentava in qualche modo di correggere il tiro. Ma l’emorragia di fondi non sembrò arrestarsi in alcun modo… Un audit particolarmente significativo venne effettuato nel 1992, con la commissione relativa in grado di accertare spese non giustificabili da parte dei responsabili delle risorse accantonate fino a quel momento, tra cui 12.000 dollari per feste di natale, 25.000 per il catering e 21.000 per l’acquisto di piante decorative per gli interni. E cosa ancor peggiore, almeno 203 milioni di dollari erano scomparsi, mentre l’investimento stimato necessario per il completamento del sincrotrone era cresciuto fino a 8,4 miliardi. Semplicemente troppo perché fosse ancora ragionevole pensare di completarlo, il che avrebbe portato ad ottobre di quell’anno, con palese ed esasperato rammarico, l’allora presidente Bill Clinton a firmare la ratifica della sua cancellazione. “Un piccolo passo indietro per una nazione, ma un buco nero di proporzioni galattiche per l’avanzamento della fisica delle particelle.” Avrebbe potuto dire; ma non lo fece, ahimé.

Esistono progetti appena abbozzati per la trasformazione dei tunnel di Waxahachie in cose come fattorie per i funghi o data center, ma resta effettivamente plausibile la presenza di tecnologie classificate all’interno della loro struttura. Rendendo il governo particolarmente poco propenso a fornirvi l’accesso incondizionato a terzi.

E adesso volete sapere la ragione per cui raramente, negli Stati Uniti o all’estero, si parla di questa monumentale opportunità mancata? Ovvero del piccolo, trascurabile dettaglio, dei circa due miliardi di dollari spesi, al conto del 1993, per un’opera d’ingegneria incompleta che non sarebbe servita a nulla, né giunta in alcun modo al completamento. Un po’ come le molte guerre, esponenzialmente più costose, condotte a partire dalla prima metà del secolo scorso. Ed è singolare a tal proposito la maniera in cui nessun uomo politico, da quel momento in poi, avrebbe anche soltanto menzionato l’opportunità di resuscitare il progetto l’SSC, drenando le copiose quantità di acqua pompate all’interno del tunnel ad anello per chiudere infine il cerchio iniziato quattro decadi fa. Tanto da rendere lecita la conclusione che dopo la caduta dell’Unione Sovietica, ed il conseguente bisogno di “fare di più” rispetto allo storico rivale, l’umanità abbia finito per perdere quello spirito competitivo di cui il capitalismo statunitense, nell’accezione di struttura sociale dedita al progresso della scienza senza un immediato ritorno dell’investimento, non poteva semplicemente fare a meno.
D’altra parte a raggiungere quel bosone dove la nazione più potente del mondo non era riuscita ad arrivare, ce l’avrebbe fatta un ventennio dopo quella maggiormente neutrale: la Svizzera con i finanziamenti di mezza Europa. Il che contiene un qualche tipo di lezione importante sulla natura umana e quella funzionale dei progetti distribuiti… Ma come per la scoperta della cosiddetta particella divina, non è semplicemente possibile osservarla direttamente. Né riuscire ad ascoltarla, sotto il suono roboante e implacabile dei fondamentali, imprescindibili eserciti della Storia.

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