Il problema spesso sottovalutato delle isole senza una fissa dimora

Lieto di esserti mosso per tempo con la prenotazione, raggiungi il rigoglioso angolo di quello stato con le migliori aspettative per il tuo week-end lungo, un raro attimo di svago e recupero dalle difficili esigenze del tuo lavoro. Il cottage, prenotato su Internet a un prezzo pienamente ragionevole, ha un aspetto ameno che suscita immagini bucoliche nella tua mente: una sera seduti sul patio, discutendo con lei della vita e rimettendo a posto i piccoli problemi della vita di coppia. Il caffè caldo al ritorno dall’ennesima escursione tra i boschi e la spiaggia. Il bianco ed assolato molo, che si protende oltre il velo di giunchiglie, da cui mettersi a sondare con la canna da pesca le invitanti acque artificialmente contenuta del Chippewa Flowage. “Patria di lucci, pesci persici e storioni dalle proporzioni leggendarie” recitava l’inserzione, ben conoscendo le priorità di chi sceglieva di trascorrere una vacanza nella regione dei Grandi Laghi. Fu del tutto naturale dunque addormentarsi, la prima sera, con una serie ben precisa di aspettative per l’indomani. Le quali per forza di cose, non includevano quanto segue: nessuna traccia del pontile nel momento in cui volgi lo sguardo fuori dalla finestra. E a dire il vero, neppure del lago. Ma piuttosto veri e propri abeti ed un prato estremamente lungo e disordinato, la dove le acque s’incontravano con le spaziose coste di un simile pregevole appezzamento. Cosa era successo? Un’isola aveva deciso di ridisegnare il paesaggio. Approdando in seguito, senza un suono, presso un luogo in apparenza privo di alcuna predisposizione al profilarsi di questa particolare sventura. Di situazioni simili qui se ne presentano parecchie ogni anno, a dire il vero, fin da quando nel 1923 l’uomo creò una diga per bloccare e ridirezionare parte del flusso del fiume Chippewa, trasformando un mero acquitrino in luogo adatto alla pratica della pesca, del jetski, dello sci d’acqua ed altre contemporanee modalità di svago. Il che ben presto avrebbe indotto parte della torba depositatasi sul fondo attraverso secoli e millenni pregressi, di staccarsi ed iniziare a galleggiare in mezzo ai lievi flussi dell’acqua stagnante. Aggregandosi ed attorcigliandosi vicendevolmente, con un processo ulteriormente favorito dalla formazione di ulteriori radici dal muschio vivente sopra queste zolle eccezionalmente compatte. Ma è stato soltanto dopo mesi ed anni, sopra questo strato progressivamente incline ad ispessirsi, che i semi trasportati dagli uccelli e dal vento iniziarono finalmente ad attecchire. Creando, come nella profezia shakespeariana, una fitta foresta degna di agire come una vela condannando il regno di Macbeth, tra il crudele sorriso dei suoi nemici. E fabbricare la spiacevole rovina della TUA vacanza…

Operare a margine di un bog può essere pericoloso, per la facilità con cui un individuo umano può essere risucchiato e fuoriuscire al di sotto della massa compatta di erba e detriti. Con un significativo e conseguente rischio d’annegamento.

Ora questa problematica, in realtà diffusa in una buona parte della zona settentrionale degli Stati Uniti e parte del Canada, induce a sollevare alcune interessanti questioni e spunti d’analisi. Sappiamo ad esempio che la parte ancora vivente delle isole di torba (chiamate in lingua inglese semplicemente bog) è composto soprattutto dal muschio Sphagnum, specie monotipica capace di prosperare senza la necessità di affondare le proprie radici in alcun tipo di sostrato esistente. Accompagnato da piante erbose come la Rhynchospora alba, il Dulichium arundinaceum simile al bambù ed il fiore bianco di San Giovanni o Hypericum virginicum. Ma cosa sono, esattamente, questi alberi simili ad abeti, che sarebbero notoriamente condannati da un’eccessiva umidità posta a ridosso delle loro approfondite radici? Una sola possibilità tende a profilarsi, consultando gli elenchi della flora di questa regione con le sue regole dall’alto grado di specificità: il cosiddetto Tamarack o larice americano (L. laricina) un albero che non soltanto prospera in questa tipologia di condizioni, ma spicca per la sua natura decidua e conseguente tendenza a colorarsi d’oro al sopraggiungere dell’autunno, per poi spogliarsi totalmente dei suoi aghi durante il corso dei mesi invernali. Un ulteriore ammasso, incline ad aggiungersi alla materia prima dell’isola sottostante. Arbusto per inciso, il cui nome significa in lingua Algonchina “legno usato per costruire le racchette da neve” perfettamente in grado di trarre il proprio nutrimento dallo strato anossico del proprio suolo incline alla liquefazione. Sopravvivendo anni, o persino decadi all’eventualità indesiderabile di sprofondare nella palude.
E se è vero che le isole di torba riescono in simili recessi a resistere indefinitamente, comunque riformarsi dopo essere state fatte a pezzi dai “guardiani” della natura, l’unica soluzione è l’impegno e la dedizione pressoché costanti. Vedi l’iniziativa autogestita qui mostrata in apertura, in cui diversi possessori d’imbarcazioni e gommoni si sono riuniti nel problematico punto d’approdo del Forty Acre Bog, per l’ennesima volta corrispondente al fondamentale ponte che unisce le due rive del Flowage, per spingerlo e ruotarlo tutti assieme alla maniera dei Mobile Suit che deviavano l’impatto pseudo-asteroidale della Colonia Spaziale sulla Terra, scongiurando in questo modo il piano dei terroristi. Un’impresa che necessita, in questo caso, di essere ripetuta quasi ogni singola primavera, mentre le correnti e i flussi del vento inducono di nuovo a suonare il campanello d’allarme. Sebbene, anche in questo modo, gli imprevisti possano pur sempre presentarsi…

Il problema principale delle comunità soggette a questa sfida ricorrente è che non hanno in genere diritto ad alcun tipo di aiuto fornito dal governo. Poiché le formazioni di torba sono assolutamente naturali, endemiche e persino caratteristiche delle loro regioni d’appartenenza. Nonostante i seri problemi che possono causare a viabilità ed economia.

Vedi il caso di un altro bacino idrico dalle plurime isole galleggianti nella stessa regione, il North Long Lake vicino Brainerd, in Minnesota. Dove gli operatori di una popolare spiaggia usata per l’addestramento dei giovani scout della Legione Americana si trovò a dover fare i conti, nel 2017, con una delle masse di torba più ingombranti nella storia degli Stati Uniti. Con un peso stimato attorno alle 1.000 tonnellate ed una profondità di 10 metri sotto il livello delle acque, pressoché impossibile da spostare mediante l’impiego di metodologie convenzionali. Mentre ogni sincero tentativo di farla a pezzi si sarebbe dimostrato chiaramente inconcludente, a meno di poter ricorrere all’impiego di materiali esplosivi non facilmente reperibili in tale contesto. Il che avrebbe indotto i numerosi membri iscritti localmente alla Legione, coadiuvati dalla North Long Lake Association e il Dipartimento Nazionale delle Risorse (DNR) ad istituire uno sforzo congiunto con trattori stradali dotati di pali spingenti, assieme a barche utilizzate per rimorchiare una speciale “collana” di tronchi incatenati tra loro, disposta preventivamente attorno all’isola di torba. Per una spesa complessiva stimata attorno ai 10.000 dollari, nonostante molta della manodopera fosse offerta spontaneamente, che riuscì entro la fine della primavera successiva a spostare l’ingombrante iceberg di muschio e terra. Mentre già le notizie iniziavano a ricorrersi della nuova formazione di strutture simili, in diverse zone del lago e in attesa di essere trasportate innanzi dalla corrente.
Poiché alla natura non interessano in alcun modo le nostre priorità e in definitiva la creazione di una nuova superficie, tutt’altro che effimera nonostante le premesse, può costituire il punto di partenza per un habitat utile ai volatili, piccoli mammiferi ed altri animali. Per non parlare della flora, che non a caso tende ad alimentarne e massimizzarne l’effettiva proliferazione. E dove ce n’è una, ne capiteranno anche delle altre. Con buona pace di tutti coloro che pensavano ai laghi come una caratteristica immutabile del paesaggio. E mai e poi mai si sarebbero aspettati di vedere una terra emersa spostarsi, come i leggendari insediamenti costruiti sulla schiena di Jasconius, il pesce-isola dei bestiari medievali. Forse un’anticipazione speculativa di ciò che doveva ancora essere compreso grazie all’uso del metodo scientifico. Ma che non avrebbe mai davvero perso la sua patina di meraviglia e surrealismo al di sopra delle aspettative presenti.

Lascia un commento