L’uomo nel suo laboratorio versa con la massima attenzione polveri e pigmenti in una forma di metallo, previa mescita di quantità precisamente definite. Quindi come fosse il gesto di un prestigiatore, solleva la sovrastruttura dal recipiente prima di spingere quest’ultimo sotto l’ombra di una pressa idraulica incrostata da anni d’utilizzo. Ed è soltanto allora, con la pressione di una leva presa in prestito direttamente dal laboratorio del Dr. Frankenstein, che la magia potrà riuscire a compiersi, senza fuoco, fiamma, né alcun tipo d’inganno contrario all’ordine imposto dalla natura…
Costituisce una mera e reiterata conseguenza dei processi culturali del mondo, la maniera in cui stili e correnti passate in secondo piano prima o poi ritornano, perdendo quella patina di vetustà per diventare all’improvviso moderni, di tendenza trendy, à la page. Ed è così che in questi ultimi anni senza neanche passare dalle riviste di arredamento, ma potendo contare piuttosto su letterali migliaia di fotografie di Instagram, Pinterest e Facebook, le case più recentemente sotto i riflettori hanno ripreso ad esser caratterizzate da una significativa nota di colore, quella derivante dall’impiego scenografico di pareti, decorazioni e pavimenti che non di certo non avrebbero potuto sfigurare su un catalogo del primo terzo del Novecento: armonie o contrasti, quadrati e strisce sovrapposte, rombi, fregi ripetuti, che parrebbero talvolta mera risultanza di una carta da parati. Ma che risultano piuttosto essere, a uno sguardo maggiormente ravvicinato, parte inscindibile del rivestimento architettonico stesso, senza la necessità di far ricorso neanche a quel sottile strato di smalto. Questo poiché tali pannelli quadrangolari riconoscibilmente opachi, stuccati in posizione usando metodologie del tutto simili a quelle della tipica maiolica da interni, sono in effetti la diretta risultanza di un processo produttivo del tutto diverso che ai tempi della sua genesi, ormai quasi un secolo e mezzo fa, fu prontamente considerato l’onda del progresso, risultando in altri termini predestinato a sostituire qualsivoglia tentativo di decorazione edile pre-esistente. Ed in effetti sono davvero molti, i vantaggi di quella che tutt’ora viene definita mattonella encaustica o, in maniera ancor più semplice, soltanto mattonella di cemento. A partire dal suo altissimo grado di resistenza al calpestio ed i graffi, la longevità nel tempo (purché adeguatamente mantenuta) e giungendo in dirittura d’arrivo a quell’aspetto caratteristico così strettamente legato, nell’immaginario di diversi paesi, ad un gusto estetico dal fascino particolarmente retrogrado ed “europeo”. Ma soprattutto, il possesso di un quantum ineffabile, quella preziosa peculiarità che viene dal configurarsi come una creazione artigianale di pregio, direttamente nata dalle mani di un processo artigianale che trae beneficio dall’esperienza, nell’ininterrotta linea di maestri ed apprendisti lunga quanto l’invenzione della tecnica stessa.
La nascita della mattonella encaustica, il cui nome fa riferimento al sistema di pittura del Mondo Antico basato sui pigmenti squagliati a cera persa su una vasta serie possibile di superfici, viene fatta nello specifico risalire ad un tempo non poi così drammaticamente remoto, grazie all’esportazione in tutto l’Occidente a partire dalla metà del XIX secolo, partendo dalla regione spagnola della Catalogna. Evento a seguito del quale non tardarono le imitazioni francesi, inglesi ed americane, in forza di una tecnica produttiva che poteva essere facilmente dedotta dall’aspetto del risultato finale. Coadiuvata dalla diffusione sempre più dilagante di quel nuovo e adattabile tipo di materiali, che gli anglofoni avrebbero iniziato ben presto a definire per antonomasia “cemento di Portland”, benché trovasse ben ampia attestazione anche prima della chiara fama acquisita dall’eponima fabbrica del Pacific Northwest. In una serie di gesti e precisi passaggi, che oggi risultano chiaramente apprezzabili nell’opera documentata degli artisti ed artigiani di YouTube…
Tutti possono riuscire ad acquistare, d’altra parte, oggetti infusi di un particolare fascino e l’abilità di praticanti formatisi all’interno di tradizioni più che secolari. Ma soltanto l’intellettuale dotato di strumenti digitalizzati, in quest’epoca della perfetta comunicazione & conoscenza, può riuscire a soddisfare l’umana curiosità su quale possa essere la vera origine della loro pura essenza. Non da libri polverosi o manuali irreperibili, quanto l’insegnamento che viene trasmesso tramite l’osservazione diretta. Che in verità riesce ad essere, nel caso di quest’argomento, piuttosto facile da acquisire (ma non per questo, replicare in modo altrettanto soddisfacente). Prendendo ad esempio il video pubblicato l’altro giorno dal Business Insider, girato all’interno della bottega egiziana “ultima depositaria di un’antica arte” mostra l’opera di un lavoratore onesto, chiaramente abile e dotato di ottimi strumenti, mentre produce mattonelle encaustiche per un mercato del settore che, nonostante l’esistenza odierna di procedure più semplici e meno costose, continua ad avere un buon numero di mecenati e sostenitori più o meno indiretti. Grazie al valore aggiunto di qualcuno che, per sua legittima ammissione, riesce a immaginare istintivamente la mescolanza di pigmenti necessari a creare una determinata tonalità, così come applica il giusto misto d’attenzione e disinvoltura in ciascuno dei gesti necessari alla creazione del prodotto, ben sapendo che una certa irregolarità del disegno, lungi dall’essere indesiderabile, può donare personalità e distinzione alle sue mattonelle. Così una volta disposta la forma sul piano di lavoro, non troppo lontano dal macchinario della pressatura finale, provvede a versare i liquidi variopinti e densi in ciascuna celletta neanche si trattasse dell’impasto di un dolce, per poi estrarla avendo cura di non farli mescolare tra loro. Passaggio al quale segue, nella sua particolare interpretazione metodologica, l’apposizione di uno spesso strato di cemento in polvere, che solidificandosi costituirà la parte incolore sul retro della mattonella. Passaggio al quale potremmo anche ingenuamente pensare, per analogia con le mattonelle di tipo tradizionale, che potesse seguire la cottura secondo lo stesso processo encaustico che veniva usato, fino alla fine del Rinascimento, con l’argilla mescolata direttamente ai suoi pigmenti. Ma essendo tale passaggio totalmente inutile nel caso del cemento, quanto segue nell’opera del nostro artista non è altro che l’applicazione di una forte pressione, grazie all’uso di una pressa che in origine sarebbe stata azionata completamente a mano, che comprimendo la polvere e i colori li trasforma in un tutt’uno indivisibile, già sufficientemente solido da essere maneggiato ed impilato in preparazione alla consegna finale. Ed è… Tutto qui, in realtà. In un processo relativamente semplice che tuttavia, richiedendo l’uso di una mente e mani pensanti in ogni singolo passaggio della sua realizzazione, tende ad avere un costo al cliente pari a 25-30 euro per il metro quadro, ovvero superiore di fino a 5-6 volte quello di una comune maiolica prodotta industrialmente. Che non è ovviamente in alcun modo un demerito, vista la qualità e l’aspetto del tutto differente del prodotto finale, benché restino necessarie alcune considerazioni prima di decidere per l’una o l’altra soluzione all’interno della propria casa futura. Questo poiché la mattonella in cemento si trova connotata da una controindicazione particolarmente significativa: la natura intrinsecamente porosa dello strato di pigmenti solidificati, tale da richiedere l’attente applicazione di uno strato di sigillante impermeabile in fase d’installazione, per salvaguardare il pavimento o il muro da una tendenza a macchiarsi con estrema facilità. Passaggio al quale immancabilmente dovranno seguire, ad intervalli regolari, controlli ed eventuali ricostituzioni di questo importante scudo protettivo.
Assumendo popolarità gradualmente superiore, l’impiego delle mattonelle in cemento avrebbe trovato quindi terreno particolarmente fertile nell’epoca dei grandi imperi europei e soprattutto l’Inghilterra vittoriana, con la sua ben nota inclinazione alla decorazione estetica e il dettaglio architettonico più minuzioso. Molto successo fu riscosso anche in Francia e nelle rispettive aree coloniali, con rispettivamente l’India e l’Indocina che adottavano la loro personale visione della tecnica, chiamata rispettivamente ubin tegel in urdu e athangudi in lingua indonesiana, con ampia diffusione anche in Vietnam e il resto del Sud-Est Asiatico. Mentre nelle sue terre d’origine europee, nonché gli Stati Uniti dove aveva guadagnato un alto grado diffusione, veniva già gradualmente sorpassata dagli approcci più moderni come il Terrazzo alla Veneziana e le piastrelle con vetrinatura di silicati di sodio, letteralmente impervie a qualsivoglia tipo di patina o macchia frutto d’incidenti domestici che possono pur sempre capitare.
E volendo esprimere un giudizio al termine di questa breve trattazione, non si può fare a meno di notare come il popolo dei social network, almeno in questo caso, abbia saputo offrire un valido servizio al resto dell’umanità non altrettanto attenta. Che aveva tanto facilmente fatto scivolare nel disuso quest’arte certamente degna di continuare a trovare applicazione, per il risultato memorabile, la grazia risultante e perché no, la chiara e attenta precisione necessaria a traferirla in essere all’interno di uno spazio domestico privo di caratteristiche di alcun rilievo. Trasportandoci immediatamente attraverso il tempo e lo spazio di un universo dai multipli strati sovrapposti, sia nella fisica quantistica, che per quanto concerne la ben più semplice geologia.