Moderno Mr Poppins unisce ombrello all’energia versatile del soffia-foglie

Ti conobbi un giorno, mentre ritornavo a casa in sella al motorino ai tempi della scuola, lungo la discesa sulla strada di collina; da quel giorno, non ti ho mai dimenticato. Così un tempo i cavalieri t’inseguivano, aggrappandosi alla sella dei cavalli più pregiati, nelle corse, cacce o in epiche battaglie, con lo scudo in una mano e l’irta lancia in posizione sulla resta, situata all’altro lato dell’armatura. Ma nel videogioco dallo stesso titolo, non è mai (davvero) la stessa cosa; quello splendido bisogno ovvero l’inebriante, universale, basilare Need for Speed. Ma in un tempo come questo, in cui la prudenza è un puro e semplice dovere mentre il mondo cade a pezzi e gli astri restano a guardare, non è forse vero che ogni tipo di follia tende a passare in secondo piano… Come scegliere in determinate circostanze, di percorrere la strada più istintiva, lasciandosi alle spalle tutte le ansie e le preoccupazioni della Terra? L’unica risposta, chiaramente, è l’ironia: trovare strade alternative, ove compiere accelerazioni, mentre il sogno di una vita si trasforma nell’ineccepibile realizzazione di un’Idea. Vedi per esempio questo muscoloso emulo del personaggio dell’inserviente Scrubs Jan Itor, per imponenza fisica ed aderenza a uno specifico stereotipo professionale, che qualche giorno fa si è fatto riconoscere occupando pagine su pagine di quotidiani digitali, diventando il primo vincitore di un possibile concorso che si estende da generazioni. Poiché di certo, la fisica non è un opinione. MA se lo fosse, anche soltanto per un attimo, saremmo in molti a disquisire sull’arcana ed apprezzabile faccenda, che tutto questo sia possibile e non soltanto un sogno di mezzo autunno, sorto dalle acque ebullienti di quel ponderoso calderone che è il Web.
Oh, Brian Kahrs (perfino il nome è affine a quello di un personaggio del manga supereroistico JoJo) che corri nel tuo secchio, percorrendo il lungomare della cittadina di Clearwater, poco fuori Tampa, nella Florida alla latitudine messicana. Il tuo nome è leggenda, così come quel motore primo, ed ultimo, che si presenta nella forma fisica di un potente soffia-foglie da giardino. Affinché il suono roboante della sua turbina diventasse l’appropriata colonna sonora, di un viaggio spinto innanzi allo strumento della vela portatile/pieghevole, che noi tutti siamo abituati a chiamare anche in assenza di precipitazioni atmosferiche l’ombrello. Per quella che lui ha scelto di definire a sua volta “limousine dei colletti blu” grazie all’evidente, chiara e limpida efficienza semovente, di un ensemble simile a un’orchestra priva della benché minima stonatura. Se non fosse per il fatto che la terza legge di Newton sulla Dinamica continua a rilevare quello stesso rapporto tra azione e reazione, ovvero in altri termini l’accoppiamento tra ciascuna forza e il suo contrario, in una maniera che dovrebbe certamente prevenire, con severità quasi scolastica, lo spostamento lineare del veicolo creato per il gioco di una simile dimostrazione di furbizia da marciapiede. Già perché in molti già sapevamo, o per lo meno sospettavamo, che Non È Possibile Soffiare Nella Propria Stessa Vela. Eppure…

Bruce Yeany, astuto sperimentatore assai probabilmente abituato ad essere l’uomo più intelligente della stanza (o l’edificio) dimostra le implicazioni meno evidenti di un sistema affine a quello dell’ombrello-secchio semovente del nostro amico. Concludendo che si, un simile approccio veicolare sarebbe possibile. Ma resterebbe molto più efficiente puntare, semplicemente, il flusso d’aria all’indietro.

La fisica è quell’applicazione del metodo scientifico che permette d’identificare e mettere su carta le precise regole alla base del movimento, ma se queste fossero istantaneamente chiare ed evidenti a tutti, allora a cosa mai potrebbe servire, la fisica? Così la risposta a quell’implicita domanda, che sorge istantanea dall’osservazione di Jan “Kahrs” Itor, non è l’istantaneo e chiaramente predisposto “NO” bensì un più moderato e inconcludente “…dipende”. Questo perché il concetto stesso di una qualsivoglia vela, come può essere l’ombrello della presente faccenda, non è in alcun modo l’equivalente di un quadrato color nero vantablack, che assorbe con successo fino all’ultimo fotone proveniente dalla vastità stellare dell’Universo. Bensì un qualcosa di più simile ad un trampolino, che volando per un mero e semplice incidente lungo il corso di un tornado, in parte guida il flusso d’aria in modo utile a creare varie tipologie d’effetti collaterali. Utile, a tal fine, può essere l’esempio delle palle rimbalzanti “perfettamente” elastiche (concetto per lo più teorico, vista l’imperfetta condizione delle cose). Ora immaginate di trovarvi su uno skateboard, con un secchio pieno di quest’ultime, tenuto saldamente in mezzo ai piedi. Quello che succede, nel momento in cui doveste prenderne una e lanciarla alle spalle, sarà quindi un’applicazione istantanea della nostra già citata terza legge della dinamica, con conseguenze acquisizione dell’inverso momento lineare in direzione “A”. Ma cosa succederebbe invece se ci fosse una tavola di legno, posta proprio nel bel mezzo del vostro sistema? Che la palla, rimbalzando nella vostra direzione (non prendetela!) contribuirà piuttosto a farvi muovere nella direzione lineare “B” – Fine dell’esempio, ritorniamo a noi: perché mai, la stessa cosa non dovrebbe succedere col vento? Dopo tutto, stiamo parlando dello stesso identico concetto del thrust-reverser o inversore di spinta, usato per fermarsi dai più grossi e pesanti jet di linea dei nostri strani giorni.
Qualche anno fa ci fu un episodio del popolare programma Myth Busters in cui una squadra, composta tra gli altri dal compianto Grant Masaru Imahara, metteva alla prova la leggenda secondo cui Non È Possibile Soffiare Nella Propria Stessa Vela. In cui i ragazzi costruivano una barca da palude, con ventola invertita e un’alta vela, finendo per dimostrare attraverso alcune peripezie l’effettiva realizzabilità dell’idea. Perché se il telone è abbastanza grande, e il flusso d’aria sufficientemente forte, quello che succede è che una tale forza viene respinta almeno in parte al mittente, generando una spinta lineare superiore a quella presupposta, che potremmo riassumere con il concetto sempre utile di Zero. Ciò detto, vi sono alcuni problemi, come la tendenza inevitabile a sviluppare un flusso ineguale ai due lati della vela, causando l’espressione ripetuta di un inutile testacoda, almeno finché l’uso di lamelle direzionabili non permise al team di calibrare il marchingegno in modo sufficientemente proficuo (altri sperimentatori di YouTube, hanno raggiunto lo stesso obiettivo mediante l’uso di un timone). Per l’acquisizione trionfalmente celebrata di quello che potremmo definire, senz’ombra di dubbio, uno dei mezzi meno efficienti e rapidi di questa Terra.
Il che ci porta all’inevitabile [dubbio] relativo a come mai, esattamente, l’uomo della Florida riuscisse a muoversi in maniera tanto rapida e funzionale?!

Una rapida scorsa di questo video dei Braille Skateboarding (o uno dei molti altri simili sull’argomento) smentisce immediatamente il risultato di Mr Karhs, togliendo ogni dubbio in materia: un soffia-foglie non può spingere una ombrello-mobile in maniera effettivamente valida e funzionale. Semplicemente, i rapporti tra le forze in gioco non soddisfano i requisiti.

La realtà è in effetti ben più semplice nel suo complesso e per certi versi, un po’ deludente. Lo stesso Kahrs è infatti un rinomato istrione, già creatore dell’ancor meno spiegabile video in cui viaggiava a bordo di una valigetta 24 ore non concettualmente dissimile dal magico tappeto di Aladino. Inspiegabile almeno finché non si notavano, sotto quella forma in apparenza familiare, le quattro ruote di un skateboard elettrico-alias-hoverboard, probabilmente lo stesso collocato sotto il suo ultimo ed affascinante exploit veicolare (l’indizio era, probabilmente, anche nel metodo d’accensione del soffia-foglie in stile motore fuoribordo, pur trattandosi di un semplice strumento elettrico per definizione).
Creatore inoltre di una strana pagina di Facebook, canale YouTube e relativo sito web dedicati al “videogioco” EbilCorp (in realtà sembra più che altro uno scherzo tra un gruppo d’amici) l’autore cinquantasettenne sotto lo pseudonimo di Chairman Platinum sembrerebbe amare più di ogni altra cosa attirare l’attenzione del pubblico. Una missione che possiamo a questo punto definire, apprezzando le molte trattazioni internazionali ed orgogliose ripetizioni del suo nome, come perfettamente riuscita. Ma lo studio dei fattori e delle cause, ancora una volta, ci è venuto in aiuto! Riuscendo a estrarre pura scienza, dal pozzo fecondo e tanto spesso inutile (soltanto in apparenza) del facéto.

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