Breve indovinello dell’esercito americano: quante ruote ha una capra?

Mentre le pietre rotolavano giù dall’irto declivio che avrebbero dovuto percorrere per far finalmente ritorno alla base, le forze dell’82° Armata a bordo del veicolo facevano il tifo silenziosamente per il proprio guidatore. Un addetto inviato recentemente da Oltreoceano, per mostrare a tutti cosa avrebbe potuto fare in mani esperte un mezzo come quello, chiamato ironicamente dai suoi utilizzatori con la storpiatura di Gamma Goat. Nelle acque torbide del torrente appena attraversato, un gruppo di forme scagliose dalla lunga coda aspettavano silenziosamente l’esito, immobilizzate dal frastuono di quel potentissimo motore. Mentre speravano, silenziosi e subdoli coccodrilli, che le cose prendessero una piega totalmente all’opposto dell’esito sperato dagli umani. Con un sobbalzo, i vibranti passeggeri si resero conto in quel momento della strana piega degli eventi: mentre la parte frontale dell’autoveicolo a sei ruote motrici si adagiava oltre l’alto argine fangoso e il carrello posteriore continuava a poggiare in senso obliquo giù per la terrificante discesa. Per un attimo, pensarono che si fosse spezzato in due! E la loro breve carriera militare avrebbe raggiunto l’ultimo e sconveniente capitolo tra i denti di un diverso e inaspettato nemico. Ma poi, notarono qualcosa: che i grandi pneumatici posteriori continuavano a girare, e girare…
Per tutto il periodo della seconda guerra mondiale e durante lo svolgersi del conflitto coreano, il G.I. statunitense aveva potuto fare affidamento sul perfetto “animale” da soma: l’affidabilmente versatile, universale, adattabile Wyllis MB, soprattutto nota ai posteri con il nome di Jeep 4×4. Utilizzata con successo anche dagli eserciti sovietico, britannico e francese, nonché le forze dell’Asse ogni qualvolta gli riusciva di catturarne una, l’automobile fuoristrada dall’enorme quanto riconoscibile griglia frontale del radiatore diventò attraverso gli anni un simbolo riconoscibile della strategia estera del suo paese originario di provenienza, fatta di democrazia bonaria, seguita da dimostrazioni pratiche, ed infine l’arrivo di coloro che avrebbero messo le cose a posto, indipendentemente dal prezzo necessario ad ottenere il risultato finale. A partire dal 1959 tuttavia, mentre l’alleato francese dislocava le proprie forze nella parte meridionale della penisola vietnamita e l’Unione Sovietica forniva strategie ed armamenti al fondatore e il capo politico dei Viet Cong, una preoccupante notizia giunse dalla terra delle giungle senza fine, il territorio paludoso e i molti tipi d’ostacoli fangosi estremamente difficili da ignorare: che se il futuro nemico poteva percorrere senza problemi a piedi il cosiddetto sentiero accidentato di Ho Chi Min, lo stesso non poteva dirsi dei mezzi di trasporto in uso presso le forza allineate con gli obiettivi e le intenzioni del Blocco Occidentale. Poiché troppo a lungo, semplicemente, ogni autocarro, automobile o motociclo creati dai think tank e i gabinetti strategici di mezzo mondo era stato concepito a partire da un utilizzo su strade asfaltate, e soltanto in seguito adattato alle difficili asperità incontrabili nel mondo naturale più incontaminato e selvaggio. Un rapido cambio di paradigma, dunque, si profilava come necessario all’orizzonte e ancora una volta gli americani fecero quello che gli riusciva meglio: affidandosi alle potenzialità creative del libero mercato, indissero un appalto, coinvolgendo i molti marchi dei loro più affidabili e comprovati fornitori. Tra cui Clark e General Motors, ma anche il produttore di mezzi pesanti da cantiere LeTourneau Technologies, poiché appariva chiaro, in quel fatidico momento, che i vecchi metodi non sarebbero più risultati sufficienti a perseguire l’arduo fine prefissato. Una pletora di compagnie tra le quali, inaspettatamente, avrebbe figurato anche il contributo di un letterale gigante dell’aeronautica, quella LTV Aerospace, già Vought-Sikorsky e ancora prima Lewis and Vought Corporation, che essendo la figlia imprenditoriale del pioniere del volo Chance M. Vought, tanto aveva fatto per potenziare le capacità operative della terza Arma della nazione, spinta fino ai cieli dall’impiego di motori, eliche e superfici in grado di generare portanza. Un abbinamento… Insolito, senz’altro. Ma caso vuole che l’azienda avesse acquisito di recente un particolare brevetto, creato pochi anni prima dall’ingegnere ed inventore Roger Gamaunt, capace di cambiare radicalmente le aspettative su cosa dovesse rappresentare in effetti un mezzo di trasporto multi-asse. E quali fossero le proprie potenzialità inerenti, quando dotato di particolari accorgimenti costruttivi….

Perfetto per le gite in famiglia, benché occorra prestare attenzione ad una cosa soprattutto: l’assoluta assenza di un rollbar per i passeggeri, nel caso in cui il veicolo dovesse capovolgersi all’improvviso.

L’idea di base risultava essere, a tutti gli effetti, semplice ma radicale: chi aveva mai detto infatti che un singolo veicolo dovesse essere composto da un unico blocco solido ed inamovibile, interconnesso da un comune albero di trasmissione? Poiché fin dall’epoca dell’Antica Grecia, l’Occidente aveva conosciuto grazie al filosofo Filone di Bisanzio l’utilità di quella notevole soluzione meccanica che era il giunto cardanico, altrimenti detto universal joint. In poche parole un asse, congiunto nel suo punto centrale da un sistema articolato capace di mantenere la rotazione, mentre si piegava diagonalmente da un lato oppure l’altro. In altri termini il sistema ideale, per trasmettere la forza motrice ad un carrello posteriore articolato, potendo così disporre di un ulteriore punto d’appoggio e spinta nelle situazioni logisticamente più complicate. Perché chiunque abbia mai guidato un mezzo fuoristrada su terreni difficili sa molto bene che il singolo vantaggio più importante di cui si possa disporre in tali circostanze è quello di un maggior numero di ruote a contatto con il suolo per quanto possibile, un risultato più facilmente perseguibile quando l’intero retrotreno può adattarsi alla principale inclinazione paesaggistica del caso. Non è forse questa, d’altra parte, la soluzione adattata dal bruco? O dal serpente? O ancora in senso maggiormente lato, dalla capra di montagna stessa, che come ogni altro quadrupede possiede una serie di zampe e non ha certo paura d’utilizzarle, al fine di raggiungere i più elevati luoghi del suo stile di vita sottilmente survivalista…
Non a caso i cervelloni della Vought pensarono di soprannominare il nuovo M561 (6×6 tactical 1¼-truck) con l’appellativo di “Gama”, dalle prime quattro lettere del nome del suo creatore seguito dal termine “Goat”, auspicando un fato per la nuova creazione che fosse paragonabile a quello del beneamato e celebre mammifero ircino. Mostrando una dimestichezza comunicativa, a supporto dell’intera questione, tale da vincere facilmente l’appalto nazionale ed ottenere l’opportunità di realizzare una prima serie di prototipi, da mettere alla prova secondo gli obiettivi preposti. Il che si dimostrò, ben presto, più difficile del previsto, mentre il costo complessivo per il progetto del veicolo superava gli 8,7 milioni di dollari ovvero più del triplo di quanto originariamente stanziato, il peso unitario raggiungeva tre volte quello richiesto e gli esemplari sottoposti allo stress-test di una guida prolungata nei deserti della California e dell’Arizona finivano per andare in panne prima del superamento delle 20.000 miglia desiderate. La Vought, inoltre, non disponeva di catene di montaggio adibite alla produzione di veicoli stradali e dovette affrettarsi ad acquistare ed allestire in tutta fretta alcune proprietà industriali presso Charlotte, NC; Schenectady, NY e Greenwich, CT. Ciononostante, nessuno avrebbe potuto affermare che l’Esercito fosse incline a cambiare facilmente idea e i risultati furono giudicati soddisfacenti, portando all’ordine complessivo di 15.274 veicoli da produrre nel giro dei prossimi 3 anni. Ben presto, la strana vista di questi veicoli sarebbe diventata piuttosto comune in buona parte delle basi statunitensi, sia in patria che all’estero.
Dal punto di vista della storia operativa, dunque, il Gama o Gamma Goat seppe dimostrarsi ampiamente soddisfacente. Mezzo anfibio a patto che il guidatore si ricordasse di chiudere le prese d’aria a tenuta stagna (un passaggio stranamente difficile da ricordare) risultava alimentato da un rumorosissimo motore Detroit 3-53 Diesel, abbastanza potente da farlo muovere nell’acqua soltanto grazie all’energia generata dalle sue sei ruote. Il che l’avrebbe reso adatto, anche considerata la poca altezza dal livello delle onde, soltanto a sbarchi o attraversamenti piuttosto brevi, il che era d’altronde il 100% migliore di quello che ci si potesse aspettare da una semplice Jeep. Le capacità prestazionali sul fuoristrada erano d’altronde prevedibilmente eccellenti, sebbene il mezzo fosse destinato a diventare celebre per la complessità delle sue operazioni di manutenzione, tale da complicare non poco la vita agli ufficiali addetti alla gestione e l’invio dei pezzi di ricambio. La presenza di una parte posteriore non facente parte del corpo veicolare principale, e dunque completamente adattabile, avrebbe portato alla creazione di numerosi varianti tra cui l’ambulanza da campo M792 e tipologie armate, inclusa una versione sperimentale dotata di lanciarazzi per un supporto d’artiglieria capace di raggiungere i luoghi più imprevedibili e remoti. Un ideale punto di partenza questo, raramente degno di essere perseguito in un effettivo conflitto armato.

La natura anfibia del Gama Goat fu spesso trascurata dai suoi stessi comandanti, che lo ritenevano inadatto a tragitti più lunghi di qualche decina di metri. Benché la capacità del guidatore, in simili situazioni, potesse riuscire a fare la differenza.

Il Gama Goat era inoltre paracadutabile, smontabile ed aerotrasportabile, sia all’interno di un aereo che il recente e impressionante elicottero CH-47 Chinook. Il che avrebbe permesso a quella prima serie di veicoli di restare in uso ancora per diversi anni e fino all’introduzione nel 1985 della Humvee, sebbene già entro il 1973 il governo avesse ormai deciso di non rinnovare l’appalto, a causa dei numerosi problemi riscontrati dalle indagini a posteriori sul loro impiego operativo in guerra. Non ultimo dei quali, la spiacevole tendenza del giunto cardanico, cuore stesso dell’idea, a saltare fuori dall’alloggiamento ogni qualvolta si esercitava un uso improprio della frizione, eventualità non propriamente insolita quando molti dei guidatori erano abituati a guidare con il cambio automatico, come nell’usanza veicolare statunitense. Per non parlare delle caratteristiche di comfort decisamente inferiori alla media, tra cui sospensioni insufficienti, la rigidità dei sedili ed il rumore semplicemente assordante, tale da richiedere una fornitura di tappi per le orecchie a tutti coloro abbastanza sfortunati da doverne guidare uno per un periodo prolungato. E diciamo a tal proposito, che assai difficilmente le posizioni nemiche avrebbero potuto risultare sorprese dall’avvicinamento di un simile infernale mezzo di trasporto.
Potrà perciò sembrare strano come parte del fallimento riscontrato nel progetto del Gama Goat fosse stato riscontrabile proprio nella sua immagine, invece che nella dubbia efficienza operativa: stranamente “alieno” e misterioso con il suo aspetto non riconducibile a veicoli noti nel mondo civile, tanto da comparire ad esempio nel film del 1981 con Bill Murray, Stripes – Un plotone di svitati come apparecchio di creazione russa, piuttosto che americana. Laddove il nuovo Hummer Vehicle della seconda metà degli anni ’80, nonostante una storia operativa non certo più brillante, avrebbe finito per rappresentare la perfetta combinazione d’imponenza e chiara forza dello stereotipo americano, almeno fino all’incontro con la grave pratica degli IED (Dispositivi Esplosivi Improvvisati) nel corso dei lunghissimi conflitti mediorientali. Di fronte ai quali, chiaramente, il concetto stesso di mezzo militare leggero diventava largamente obsoleto. Portando alla diffusione progressiva del nuovo concetto di MRAP (Mine-Resistant Ambush Protected) un letterale autoblindo dei tempi moderni, con aspettative di mobilità e fuoristrada decisamente diverse.
La cui armatura poteva proteggerti da tutto, in effetti, tranne il coccodrillo… Che non avevi ancora visto. Mentre scendi imprecando, perché non riesci a superare l’argine di un fiume vietnamita…

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