Un occhio per la biblioteca che dovrà rappresentare la Cina

Come quarta città della Cina per popolazione e suo secondo polo industriale dopo Shangai, la città di Tianjin è sottoposta a forze di rinnovamento e sconvolgimenti urbanistici che per noi potrebbero risultare difficili da immaginare. Secondo il tipico rapporto di questo paese con il suo passato, tutto ciò che era considerato inutile sta venendo gradualmente sostituito: un intero quartiere storico vecchio di 600 anni è stato abbattuto, per fare posto ai palazzi finanziati da alcune potenti aziende finanziarie di Hong Kong. Una grande quantità di giardini appartenenti alla vecchia aristocrazia hanno conosciuto il passaggio di camion e bulldozer, per diventare anch’essi terreni fertili validi alla costruzione di hotel e centri commerciali. E mentre il vecchio veniva accantonato, tra le esclamazioni di gratitudine di tutti coloro che perseguivano la modernità dell’utile e del guadagno, alte mura sorgevano presso la costa del mare di Bohai, come ornati confini di una regione prelevata direttamente dai sogni: la Zona Nuova o Binhai, un’intera “Disneyland” di meraviglie architettoniche, finanziata con i guadagni di un intero mercato globale sempre più soggetto ai moti sussultori del Grande Dragone. Un conglomerato di grattacieli, sedi aziendali e ben sette porti disseminati lungo il contorno di questo golfo protetto dalle tempeste del Mar Giallo, da dove sembrano passare, talvolta, tutte le ricchezze d’Oriente. E la classe sociale più abbiente, per mere ragioni di convenienza, sceglie di venire a vivere, nonostante il chaos, il frastuono e la mancanza di attrazioni tradizionali. Un significativo problema, per l’amministrazione cittadina che ci si aspetta faccia il possibile per assolvere alle necessità dei propri cittadini più produttivi ed influenti. Avete mai visto accadere il contrario?
Ed è per questo tramite che nasce, a partire dal secondo decennio degli anni 2000 e con la collaborazione urbanistica dello studio d’architetti tedesco GMP (Gerkan, Marg and Partners) il progetto per un Centro Culturale come mai se n’erano visti prima d’ora: quattro enormi padiglioni, uniti da un corridoio centrale dotato di mezzi di trasporto, ciascuno deputato ad un diverso pilastro della cultura locale: letteratura, teatro, arte e industria. Con una seconda, valida strategia di guadagno: l’incremento dell’interesse turistico nei confronti dell’intera regione. Almeno a giudicare dalla copertura entusiastica e niente meno che globale in grado di palesarsi negli ultimi giorni in merito all’interessante biblioteca, un complesso di 34,200 metri quadri creato con il design di un secondo studio, l’olandese MVRDV già famoso, in tempi recenti, per l’avveniristica Markethal (mercato al coperto) della loro città di provenienza, Rotterdam. Con cui questa nuova opera condivide almeno un fattore chiave: la sua permeabilità visuale, ovvero l’essere centralmente costituita da una vasta caverna percorribile, aperta davanti e dietro, e coronata in questo specifico caso da una griglia di finestre che riprendono, da un punto di vista estetico, il preciso modulo delle scaffalature posizionate all’interno, che dovranno ben presto contenere fino a due milioni di libri. Il tutto dominato, in maniera improbabile, da un’entità estremamente peculiare al suo centro esatto: praticamente, un globo. Specchiato, su cui proiettare immagini, nell’idea originare di design la pupilla che galleggia al centro di questo occhio fuori misura, come esemplificato dalla forma specifica dell’apertura fin qui citata. Ma di meraviglie l’edificio ne nasconde diverse altre: l’auditorium/cinema contenuto all’interno di tale sfera, in cui effettuare proiezioni e presentazioni di nuovi libri. E la maniera in cui, facendo seguito alla sua forma sferoidale, lo stesso atrio che costituisce l’intera parte centrale dell’edificio è costruito con una disposizione quasi topografica, in diversi gradoni che paiono riprendere gli strati successivi dell’acquisizione della conoscenza. Mentre il soffitto stesso pare piegarsi a tale logica, andando a costituire la versione stranamente poligonale della svettante volta di una munifica cattedrale. I visitatori, invitati tramite il luminoso gabbiotto che costituisce il foyer, vengono quindi invitati ad inoltrarsi tra gli onirici pilastri, ciascuno dei quali sembra l’unione tra una stalattite e una stalagmite, e la cui intera superficie pare l’estrusione verticale dello stesso folle scaffale. E ad uno sguardo più approfondito, parrebbe esattamente così: ogni 30-40 cm, ciascuna parete è in realtà un susseguirsi di dorsi librari colorati, posizionati esattamente come se si trattasse del più magnifico materiale da costruzione. Ci sono testi cartacei ovunque, a partire dal livello del pavimento, fino alle più elevate sezioni delle pareti che vanno ad avanzare costituendo il soffitto dell’edificio. Al che verrebbe giustamente da chiedersi, come sarà possibile, esattamente, accedere alle parti meno raggiungibili di un tale tesoro? Gru a scomparsa? Bibliotecari robot? Niente di tutto questo. La risposta è che non vi si può arrivare, affatto. Un’importante verità, trascurata da molti dei siti web che hanno trattato l’argomento, da cui deriva l’intero significato e il segreto fondamentale della biblioteca di Binhai…

“Facile…” ha scherzato qualcuno, con inopportuna leggiadrìa della trattazione: “…Sugli scaffali superiori, ci sono i libri proibiti dal governo. Se nessuno riesce a raggiungerli, potranno pur sempre far numero!” Mentre in effetti la pura verità è per certi versi migliore, ma anche notevolmente peggiore di così. Il fatto, in parole povere, è questo: nel progetto originario di MVRDV, nominalmente approvato dall’Istituto di Pianificazione Urbana e Architettonica di Tianjin (TUPDI) era previsto che una fila di stanze collocate a ridosso del finestrone frontale fossero poste una sopra all’altra, permettendo ai visitatori di risalire una scala e prelevare da dietro qualsiasi libro, persino quelli posti in prossimità del remoto soffitto. Fatto sta che con il procedere della costruzione, ci si rese conto di come tale caratteristica architettonica avrebbe portato ad un sensibile ritardo nel completamento, spostando l’inaugurazione ben al di là della metà del 2017, data originariamente scritta nelle sacre pietre del muro del tempo. E pensate pure che stiamo parlando di un’avventura che andava da un periodo di circa tre anni, niente per un edificio di questo tipo. Ma un’eternità, per la concezione della nuova Cina che vuole persino i più alti edifici completati in un periodo di  giorni, settimane o mesi al massimo, grazie a un dispiego pressoché illimitato di risorse, uomini e mezzi. Non senza rammarico, si è quindi prontamente deciso di andare contro i consigli dello studio architettonico e verso l’opinione (ahimé) del committente, tagliando le curve sul tragitto in maniera che definire drastica, sarebbe riduttivo: niente libri negli scaffali superiori. Soltanto una lamiera perforata plasmata nelle forme curvilinee dell’edificio, su cui stampare in technicolor l’immagine dei libri. Se questa vi sembra dunque una delle biblioteche più esteticamente appaganti del mondo, non è certamente un caso. Essa è stata costruita con la stessa attenzione ai dettagli, ed alla funzionalità d’utilizzo, di un vero e proprio set teatrale. Mentre si potrebbe affermare che la scelta dei colori e dei materiali, fredda come quella di un moderno aeroporto, possa incutere in alcuni un certo stato di soggezione. Ciò detto, la dimensione umana non è del tutto assente da questa pantagruelica piramide della letteratura stampata. Le diverse stanze che si diramano dall’atrio centrale contengono infatti aree per l’infanzia, zone di lettura e centri di accoglienza per gli anziani, che vengono così invitati a partecipare a questa emozionante condivisione di spazi e idee. I due piani superiori che compongono i cinque della biblioteca, dal canto loro, ospitano sale meeting, uffici e stanze d’ascolto, mentre ciascun passaggio sopraelevato è fornito di un terrazzamento, finalizzato a gettare lo sguardo sulla gente e lo spazio sottostante. Nel piano interrato, invece, sono collocati gli archivi informatici e i macchinari di servizio.
Attorno alla pantagruelica biblioteca di Binhai, sorgono gli altri tre edifici che tutti assieme, costituiscono il nuovo Centro Culturale di Tianjin: lo Show Center, un doppio teatro, con due ambienti da 1400 e 400 posti, la cui caratteristica tecnologicamente più innovativa è una scalinata d’ingresso sulle cui alzate è stato disposto un vasto schermo a LED, in grado di mostrare  ai visitatori il tipo di spettacolo che potranno aspettarsi all’interno. La galleria d’arte è un parallelepipedo di cristallo, all’interno del quale troveranno posto, tra le alte opere, le famose statue di terracotta di Zhang, una forma d’arte popolare molto rappresentativa della regione, deputata a dare forma tangibile alle antiche categorie sociali e i mestieri di Tianjin. L’Exploration Hall, con la sua facciata color del rame simile a una pentola per la fonduta cinese, sarà invece un padiglione simile a quelli dell’esposizione mondiale, ma permanente, all’interno del quale potranno esporre i propri prodotti e i traguardi raggiunti le principali industrie operative nel contesto urbano della città.

Non è poi così facile dunque, alla fine, interpretare il ruolo nel contesto moderno di un edificio come la libreria di Binhai a Tianjin. Che costituisce, indubbiamente, un portale d’accesso a quell’incontenibile multiverso che è la lettura, ma anche un manifesto in solida muratura di quello che è l’intento di un’intera città: dimenticare il passato, muovendosi a velocità vertiginosa verso nuovi margini d’espansione, d’immagine, finanze e originalità culturale. In un’epoca in cui la fruizione della letteratura si allontana sempre più dal corpo ponderoso e ingombrante del libro, per accedere al puro spirito della condivisione digitale, e una struttura come una biblioteca tende a diventare un pretesto finalizzato alla promozione di un interesse tra la popolazione, piuttosto che lo strumento necessario per accedervi in maniera diretta ed individuale. A tal proposito, appare tanto più pregna questa preoccupante assenza di libri in prossimità degli scaffali superiori “dipinti”, poiché ci porta ad interrogarci sul nostro futuro. In un domani in cui gli alberi saranno troppo preziosi, per usarli al fine di stampare nuovi testi che sono già tutti presenti nell’etere e accessibili da un comune terminale, continueremo a costruire edifici come questi? Probabilmente, si.
E non dovremmo forse iniziare, fin d’ora, a definirli una sorta di sale di lettura glorificate, o se vogliamo templi, di una religione ancora prestigiosa ma ormai morente… Il Culto della Carta. Ciò che contiene, senza intrappolare. Che può riuscire ancora a trasportarti nel vortice, con l’energia del suo possente campo gravitazionale. Come del resto capita, purtroppo, per attività più immediatamente accessibili e portate a compimento, quali l’oceano delle informazioni che si sovrappongono tra i corridoi del Web.

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