Scalare la Grande Muraglia senza lasciare il fiume

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Settembre 2016: un grido riecheggia tra le ampie valli, le grandi foreste, le vaste pianure: “Finalmente…Finalmente è finita. Dopo vent’anni, dopo tutti quei danni. Eppure, mettetevi nei nostri panni! Energia infinita, per una Cina…Disinibita.” O per usare un termine meno colorito: libera finalmente, dalla necessità d’importare megawatt, potendo far fronte all’intero fabbisogno della sua popolazione di 1,3 miliardi di anime, una considerevole percentuale delle quali dotate di televisore, computer, condizionatore d’aria… Asciugacapelli, forno a microonde, brucia-incenso a corrente… Roba da far girare la testa a qualsiasi commissione d’approvvigionamento logistico, come talvolta ha necessità di prefigurarsi il conglomerato di capi d’azienda, nome in codice SASAC (State-owned Assets Supervision and Administration Commission) supervisionato dal governo centrale di Pechino e il più grande partito del mondo. Che ricevette l’incarico nel 1994, ancor prima di vedersi assegnato il ruolo istituzionario che oggi ricopre, di dare forma ad uno dei più noti e ponderosi sogni del gran timoniere Mao Zedong: costruire una diga, la più grande che il mondo avesse mai visto! Costruire una diga sul Fiume Blu. Quel corso d’acqua che oggi nessuno più chiama così, soprattutto perché le sue acque cariche di scorie hanno assunto tutt’altro colore, portando a preferire il termine più generico di Fiume Lungo, ovvero l’amato-odiato Yangtze. Amato perché costituisce, da tempo immemore, la fondamentale fonte d’irrigazione e di cibo per innumerevoli comunità agricole. Ed odiato in quanto, una volta ogni tot anni, ha da sempre avuto la problematica propensione a straripare, portandosi via tutti gli stambecchi, i cetrioli e le risaie trovate sul proprio corso. Già di per se un grave problema, anche senza considerare l’inestimabile perdita di vite umane.
Mettere assieme i fondi per quella che sarebbe diventata la diga delle Tre Gole, ovviamente, non fu cosa da poco. 2,3 Km di lunghezza, per 181 metri di altezza dalla sabbia granulosa del fondale, raggiunti grazie al sistema particolarmente ingombrante (ma più sicuro) della diga gravitazionale: essenzialmente un colossale trapezio di acciaio e cemento in cui ogni ideale sezione superiore a quella sottostante avrebbe potuto, in linea di principio, sostenere il peso di se stessa e dell’acqua a partire dal suo livello. Inoltre, andava considerato come il fiume costituisse una fondamentale via per gli scambi commerciali della regione, le cui alte montagne rendevano eccessivamente difficile uno spostamento di mezzi pesanti su strada. Esisteva infatti un progetto, risalente al remoto 1944, creato da un team d’ingegneri cinesi formati negli Stati Uniti, per costruire un sistema di chiuse successive oltre le quali le navi sarebbero state spostate grazie a delle potenti gru. Un pressoché fantascientifico, che per fortuna non fu mai realizzato. Si stimò comunque che il costo complessivo dell’opera, al raggiungimento dello stato operativo, avrebbe raggiunto i 180 miliardi di Yuan ovvero circa 27,6 miliardi di dollari, una cifra che sarebbe stata recuperata grazie alla produzione di energia nel giro di 10 anni. Come spesso capita quando si cercano informazioni in merito alla Cina moderna, non è facile comprendere tramite Internet se il budget sia stato in ultima analisi pienamente rispettato (improbabile) o meno, benché sia eccessivamente palese che la diga esiste, insiste e persiste, costituendo nei fatti la singola centrale elettrica più potente nella storia dell’uomo. 22.500 MW in totale, così ripartiti: 32 generatori principali da 700 MW ciascuno più due ausiliari per alimentare la diga stessa, da “soltanto” 70 MW ciascuno. Considerate che la più grande centrale nucleare che abbiamo mai avuto in Italia, quella di Caorso chiusa nel 1990, ne produceva in TOTALE, 860. In altri termini, ciascun singolo generatore della diga delle Tre Gole potrebbe bastare al fabbisogno di una grande città. Mentre tutti assieme, essi avrebbero fatto fronte, nel progetto originario, al 10% dell’intero consumo d’energia cinese. Un numero che si rivelò ben presto esagerato di oltre 9 volte, quando ci si rese conto di quanto fosse aumentato il consumo giornaliero dell’abitante medio a partire dal 1994.
Che cosa, dunque, ha permesso di apporre la parola fine all’eterno progetto, che del resto avrebbe già riguadagnato il suo intero costo nel 2013 stando alle fonti ufficiali? Se avete guardato il video di apertura, già lo saprete: il completamento dell’ascensore per barche originariamente previsto, sebbene con modalità molto diverse dall’epica visione degli ingegneri americanizzati. Stiamo comunque parlando, neanche a dirlo, della più imponente infrastruttura mai edificata a tal fine.

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Le torri dell’ascensore sono alte 195 metri e larghe 18, un’ampio spazio reso necessario dall’inserimento degli spaventosi contrappesi equivalenti alle 15.000 tonnellate del cassone di sollevamento. Un sistema di quattro viti infinite ne governa il movimento verticale, assicurando che un eventuale arresto imprevisto del meccanismo ne causi soltanto il blocco, e non la rovinosa caduta fin giù nel fiume sottostante.

E guardatela, quanto funziona bene: una piccola imbarcazione per le crociere fluviali, con ben tre ponti sovrapposti, si avvicina al titano dello Hubei, senza preoccuparsi di deviare verso il vecchio sistema di sollevamento.
Qui risulta operativo infatti, fin dal remoto 2003, un sistema di chiuse sovrapposte di tipo convenzionale “a scalini” (in cui la porta interna di ciascun compartimento è condivisa con quello successivo) concettualmente non dissimili da quelle impiegate nel canale di Panama centroamericano. Un’altra opera pubblica di dimensioni impressionanti, dimostratasi in grado di garantire il passaggio annuale di 66 milioni di tonnellate di navi. Egualmente ripartite, per quanto possibile, in bastimenti da 10.000 ciascuno, in grado di riempire esattamente lo spazio di 280 metri di lunghezza per 35 di larghezza e 5 di profondità, ovvero la misura dei singoli bacini di sollevamento. Un sistema certamente efficace, che tuttavia presentava un ingombrante lato negativo: le circa 4 ore necessarie perché le merci o i passeggeri raggiungessero la cima o il fondo della diga, comportando un ritardo tutt’altro che indifferente nella loro opera di trasporto. C’era bisogno, nell’idea del SASAC, di un sistema migliore. Ed è così che nacque e venne portato avanti, nei lunghi anni dalla deposizione del primo palo delle fondamenta della diga, il progetto per l’ascensore appena portato a termine, costituito essenzialmente da una grande vasca del peso a pieno di 15.000 tonnellate, all’intero della quale possono trovare posto navi del peso massimo stimato di  3.000. Benché venga da chiedersi quali siano le effettive controindicazioni date dall’impiego con imbarcazioni più ponderose, visto come inevitabilmente, per il principio di Archimede, ciascuno scafo spingerà fuori la propria massa equivalente nell’acqua mista a sabbia del fiume. Il limite è in effetti, probabilmente, derivato dalle dimensioni relativamente ridotte del bacino: 120×18×3.5 metri, circa la metà di quello delle vicine chiuse a gradoni. Che dovranno, quindi, continuare ad essere utilizzate per i convogli più grandi, benché non è impossibile immaginare un futuro in cui le stesse compagnie di trasporto fluviali, volendo velocizzare le proprie consegne, scelgano di ricorrere ad un maggior numero di piccole navi, un po’ come successo nel commercio di scala globale per il già citato canale panamense. La prospettiva di poter compiere il passaggio di una mezza giornata in appena 40 minuti, dopo tutto,  è un richiamo a cui sarebbe molto difficile dire di no.

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Sid Gulinck è lo studente straniero dal Belgio letteralmente pazzo per la diga delle Tre Gole. Il suo entusiasmo, del resto, appare pienamente giustificato, quando si considera l’incredibile dimostrazione di sapere ingegneristico che lui si ritrova ad ammirare dalla silenziosa sommità del Tutto.

La diga delle Tre Gole fece già molto parlare di se nel 2006, al momento della sua effettiva messa in opera (benché ancora senza la ciliegina dell’ascensore). Opere paesaggistiche di tali proporzioni, in effetti, raramente vengono portate a compimento senza significativi sacrifici, ed il caso specifico fu del resto particolarmente eclatante: la costituzione dell’enorme lago artificiale reso necessario dalla centrale idroelettrica, infatti, coprì pressoché istantaneamente 1300 siti archeologici, 13 città, 140 paesi e 1352 villaggi, causando il trasferimento forzato di oltre un milione di persone. Un bollettino degno del più catastrofico disastro naturale. Nonché un duro prezzo da pagare, per quella che sarebbe giunta a costituire, nell’aleggiante ideale patriottico della Cina contemporanea, la “Grande Muraglia del Terzo Millennio”. Per il bene dei popoli, ovviamente. La discussione su quante e quali inondazioni siano state effettivamente controllate dalla presenza della titanica struttura, tuttavia, resta aperta. Ed intanto, intere comunità continuano a subire la furia degli elementi.
Attraverso un sistema di valori, spesso fatto oggetto d’ingiusta ironia, per cui unire le forze nel perseguire uno sforzo comunitario può rendere possibile qualsiasi cosa, persino ciò che altrove sarebbe stato considerato impossibile, o in altri termini, del tutto inumano. Un motore che muove l’intero paese, ed a cui forse lo stesso Mao stava pensando intensamente, quando portò a termine la sua poesia “Nuotando” incentrata proprio sul sogno della diga delle Tre Gole:

“[…] Le vele si muovono nel vento
la Tartaruga e il Serpente giacciono.
Grandi Piani si mettono in moto:
Un ponte sarà gettato ad unire Nord e Sud,
trasformando il profondo crepaccio in un viale;
Mura di pietra sorgeranno ad Ovest
per trattenere le nubi e la pioggia di Wushan
Finché un calmo lago trovi posto nelle anguste gole.
La dea della montagna, se ancor ci sará
proverà meraviglia di un mondo così cambiato.

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