L’inaspettata intelligenza dei pappagalli e dei polli

Haru Conure

È una questione cromatica di primaria importanza, l’equilibrio delicato attorno a cui si regge il perno dell’intera QUESTIONE: riuscirà il pappagallino giapponese Haru, un parrocchetto guanceverdi, a portare a compimento il riordino di quattro fiches colorate? Davvero, potrebbe essere diversamente? In un crescendo successivo di rutilanti e appassionanti video, il grazioso animaletto ci ha abituato, assieme al resto dei suoi fan, ad aspettarci da lui ogni sorta di complessa dimostrazione attitudinale, dalla comprensione di contesto alla proficua applicazione del condizionamento acquisito. Sarebbe folle, dunque, dubitare di un pronostico che tenda fortemente per il SI. È grazioso ed affascinante, nell’operoso impegno che dimostra, persino un po’ più umano del previsto, come un bimbo che si prodighi per soddisfare i propri genitori. Nonché, stupefacente. Perché di sicuro non dubito, qui tutti conoscevamo la questione dell’intelligenza della famiglia degli Psittacidae, gli uccelli tropicali e variopinti che figurano sopra le bottiglie dei più celebri succhi di frutta. Così come sussisteva chiara nella nostra mente, per lo meno da un punto di vista puramente nozionistico, la loro capacità di distinguere i colori. Del resto, perché mai gli uccelli sarebbero stati dotati di migliaia di livree piumate, tanto variabili ed accattivanti, se non fossero stati capaci di distinguere tra il rosso e il blu! Il fatto è che i volatili diurni, attraverso la loro storia evolutiva assai diversa da quella di noi mammiferi, non hanno mai vissuto un epoca in cui desiderassero nascondersi dalla luce del sole, per sfuggire all’indesiderabile sguardo dei predatori. Poiché da essi, potevano semplicemente sfuggire, volando. E ciò senza contare come, in effetti, molto spesso fossero stati loro a rivestire questo ruolo, ad esempio durante la lunga epoca dei dinosauri (chi non conosce la neo-immagine del tirannosauro piumato!) Così giungendo a sviluppare, attraverso le successive generazioni, degli occhi sostanzialmente più sofisticati di quelli umani, proprio perché dotati di un maggior numero di cellule a cono, anche dette fotorecettori, adibite ad attribuire un’identità cromatica alle variazioni della luce sugli oggetti. Mentre noi umani, da tempo immemore, abbiamo sostituito una parte di quest’ultime con i cosiddetti bastoncelli, l’alternativa utile in assenza parziale di luce, al fine di poterci muovere in notturna.
Ma è proprio l’unione di queste due cose, pensiero figurativo ed acutezza dello sguardo, a risultare tanto accattivante nel presente video, in cui apprezzamento per lo spirito d’osservazione e il desiderio di ricompensare l’uccellino, così gradevole allo sguardo, s’incontrano naturalmente in un soave fiume d’empatia. Giammai fu fatto video più efficace, in effetti, per promuovere l’acquisizione domestica degli appartenenti alla specie Pyrrhura molinae, proveniente dal centro dell’America Meridionale, una delle tipologie di pappagalli con il migliore equilibrio tra le ridotte dimensioni (e quindi semplicità logistico-gestionale) e l’evidente capacità di adattarsi ed apprezzare le comodità della vita domestica, assieme ad una propensione a socializzare per lo meno comparabile, o invero qualche volta superiore, a quella del gatto e del cane. Ed ecco che i motori delle auto partono, nonostante il freddo, e i cordoni delle borse già iniziano a sperimentare il proprio spontaneo scioglimento, in prossimità del più vicino e fornito negozio di animali…A meno che non si decida, come sarebbe certamente consigliabile, di essere cauti, considerare la questione in prospettiva. Un guanceverdi come Haru in condizioni ideali può vivere fino a 30 anni, e comunque mai meno di 10, durante i quali il proprietario responsabile dovrà accudirlo, nutrirlo e soprattutto, giocare quotidianamente con lui. Questo perché tali uccelli, che in natura si aggregano in gruppi d’individui molto legati tra di loro, semplicemente non possono stare da soli. E per chi pensasse di potergli acquistare semplicemente “una compagna” ecco, neanche ciò è risolutivo…

Chibiharu
Haru (Primavera) fa in realtà parte di una coppia, con la sua consorte di nome Chibi (Piccolina) che lo assiste nella realizzazione dei molti video mirati ad affascinare lo spettatore di YouTube. Ma forse il migliore resta quello solitario in cui lui, avvolto in una copertina, dorme beatamente sulla mano del padrone.

Il sito apparentemente semplice ma ricco d’informazioni dal titolo di The Green Cheek Conure Homepage riporta infatti nella sua sezione “domande & risposte” tre tipi di scenari, tutti potenzialmente problematici, nel caso in cui ci si prodighi nel costituire l’ipotetica coppia di pappagallini. Nel caso del guanceverdi, infatti, sussiste una condizione di attaccamento al padrone che talvolta genera, nel momento dell’introduzione del secondo esemplare, un senso d’invidia da parte del fratello maggiore, che tenderà ripetutamente ad attaccare il coinquilino. Per questo dovranno essere spostati in due gabbie separate, addirittura raddoppiando, nei fatti, il tempo di svago ed intrattenimento che l’umano dovrà trascorrere fra le sue amate (?) piume! Talvolta, invece, gli uccelli si ameranno a prima vista, ritenendo a quel punto di aver raggiunto una condizione desiderabile in cui gli umani sono assolutamente superflui. Così diventeranno scontrosi con la loro vecchia fiamma, la grande mano manipolatrice, e tenderanno persino a rifiutare il cibo. Nella terza ipotesi invece, che ottimisticamente resta la più probabile, i pappagalli dovranno risiedere in magioni separate, apprezzando l’ora d’aria in cui incontrarsi, contemporaneamente, col padrone ed il consimile/vicino di gabbietta. A quel punto, la famiglia sarà stata allargata con successo, ma non si potrebbe certo dire che l’impegno necessario per il proprietario sia stato effettivamente ridotto in alcun modo, visto come egli dovrà passare ancor più tempo a intrattenere e coccolare i pappagalli, porli di fronte a piccole sfide ed arricchire le loro giornate. Non che questo sia necessariamente un problema, ma…
Sono davvero tutti tanto problematici, i pennuti, così difficili da gestire e rendere felici? Chiunque si sia mai trovato nei pressi di una fattoria, ed abbia sentito quel chiocciare allegro e sconnesso dai patemi della quotidianità, sarebbe propenso a propendere per l’esatto contrario… Assolutamente… Chiunque… Chichirichì….

Chicken training
Schiere di bargigli osservano da stretti cubicoli sul fondo della sala. Nel profondo del loro essere, sperano in un domani migliore.

Di nuovo quello che potrebbe definirsi un innocuo esperimento, mirato ad offrire un quadro preciso delle capacità di comprensione di un volatile, sebbene in questo caso, di un tipo maggiormente inflazionato e per così dire, banale. Eppure, basta la presenza del nostro principale pasto di carnivori a rendere l’intera questione in qualche modo più strana ed innaturale, del tutto priva della spontanea grazia del simpatico pappagallino giapponese. Il video è stato caricato sul canale degli addestratori di animali della compagnia australiana Animal Behaviour Matters e dovrebbe provenire, almeno stando a quanto si riesce a desumere dalla breve descrizione, da uno dei prestigiosi seminari di Bob Bailey e Parvene Farhoody di New York, esperti trainers di detta categoria professionale. Insegnanti di insegnanti di creature, per usare una diretta progressione concettuale. La cui abilità può essere facilmente intuita dalla rutilante serie di sequenze in cui un singolo pollo (si, come no!) Viene/vengono posti di fronte ad una serie di PROBLEMI, tra cui “dov’è il tondino blu” oppure “becca soltanto il triangolo!” Per non parlare del grande classico: “Se si accende la luce, premi sul verde.” In un momento particolarmente memorabile, il soggetto viene chiamato a girare attorno a due piccoli coni da parcheggio blu, con nascosti dentro altrettanti, totalmente gialli. Ad un certo punto, i primi vengono sollevati, rivelando il colore totalmente differente, ed a quel punto il pollo… CAMBIA! Il suo GIRO! Disegnando il tragitto di un 8 perfetto. Praticamente, un’esame per prendere la patente, cockledoo!
Le disquisizioni sulla presunta intelligenza dei polli, fin da quando la questione è stata sollevata in epoca relativamente recente da diversi studi di settore, hanno suscitato la diatriba tra due parti piuttosto agguerrite. Da una parte, c’è chi nota alcuni piccoli dettagli, come la dimostrabile capacità innata di far di conto, anche pochi giorni dopo la schiusa dell’uovo, laddove un bambino umano deve acquisire la propria capacità matematica molto più faticosamente. Anche se è pur vero, che poi difficilmente un pollo può capire le frazioni. Dall’altro c’è il nutrito gruppo di persone che coi polli ci lavorano attivamente, ogni singolo giorno della propria vita, e conoscono fin troppo bene la loro dannata, chiocciante inettitudine. La testardaggine. La capacità di perdersi all’interno di un recinto di due metri quadri, ed al tempo stesso far di tutto per scappare, via sfruttando per quanto possibile le proprie ali inefficienti, finendo in luoghi decisamente inadatti alla sopravvivenza. Mentre in mezzo ci siamo tutti noi, non (ancora) vegetariani, che un chicken McNugget lo apprezziamo, e di sicuro non vorremmo mai pensare alla sua provenienza.
Mentre guarda qui, umano: tutti gli uccelli sono in grado di comprendere, capire profondamente le cose. E i polli, come i pappagalli, hanno un enorme potenziale di animali domestici, in grado di comprendere e provare affetto, per chi li ama con sincerità. Ma del resto questo è altrettanto vero per la mucca, il maiale, lo struzzo, il cavallo! È nella natura stessa della vita, sopravvivere sopra le spalle dei consimili, non sufficientemente uguali. Ma se tutti dovessimo diventare vegetariani, che ne sarebbe delle migliaia di razze pelose e/o pennute, accuratamente selezionate nei secoli e millenni, che ormai esistono col solo scopo di nutrirci? Chi mai accoglierebbe, in casa propria, l’equivalente dei polli divorati, dalla culla alla stagione della nostra fine…

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