Non toccare il sifonoforo sommerso

Sifonoforo

Viola e bianco, viola e bianco. Non è un pesce, non è un fiore. Non ha petali né cuore. Non ha squame, pinne o una vescica natatoria. Più che nuotare o camminare, giace, semi-trascinato via dalla corrente. Eppure è vivo, molte volte, questo parente prossimo della medusa Physalia physalis, l’orribile, temuta (assolutamente meravigliosa) caravella portoghese. Un essere che si compone, esattamente come il qui presente, di un certo numero di zooidi. Ovvero multipli organismi, un tempo indipendenti, oggi fusi in questo singolo…Animale. Se vogliamo. Mitologico, quanto meno. Sembra del resto, la ragionevole approssimazione di un bizzarro unicorno spaziale, con la coda vaporosa di un grazioso pechinese. È un’antenna quella? Un lungo naso? Beh, non c’è davvero di che arrovellarsi. Il suo ritrovamento ha lasciato basiti anche coloro che lo hanno scovato, per la prima volta, esattamente un paio di stipendi fa.
Siamo verso la fine giugno: l’equipaggio della E/V Nautilus, presso un punto imprecisato del Golfo del Messico, comprende dai rilevamenti del sonar di bordo che è giunto il momento di attivare i droni telecomandati. Cani sciolti di questo vascello, dotato di un solo antesignano al mondo, lungo 64 metri,
 con a bordo 31 scienziati e 17 membri dell’equipaggio. Stiamo parlando, molto evidentemente, di uno straordinario mezzo esplorativo. Per una spedizione destinata a giungere, verso settembre e ottobre, fino alle propaggini settentrionali del Mar dei Caraibi, con l’obiettivo di approfondire la nostra conoscenza geologica, archeologica e biologica di questi luoghi splendidi, tanto spesso visitati e ancora ricchi di segreti da scoprire. Soprattutto grazie allo strumento della telepresenza e il megafono divulgativo del web, vivace almeno quanto tali abissi sospirati. Sede anch’esso di misteri e mostri alieni, parimenti all’altro luogo qui citato. L’incontro si è verificato, dunque, sotto gli occhi di noi tutti. O almeno, di coloro che fossero tanto fortunati da trovarsi presso il sito in streaming della spedizione in quel momento topico e inatteso, quando Kelly Moran con il suo collega, alla guida remota di uno degli iper-tecnologici sommergibili di cui sopra, forse l’Hercules, oppure l’Argus, si è ritrovata sotto i fari un tale diafano fantasma. Riconoscendolo immediatamente, il che non era facile. Cribbio, guarda qui che roba!
I sifonofori fanno parte del vasto gruppo tassonomico degli Cnidaria, lo stesso dei coralli, degli idroidi e delle semplici meduse. Benché abbiano, con queste ultime, ben poco a che vedere. Si tratta di un ordine che ha sempre affascinato e perplesso gli scienziati, per le sue caratteristiche davvero uniche, l’aspetto bizzarro e la placida pericolosità. Tali esseri all’apparenza indifesi e facilmente fatti a pezzi, infatti, spesso nascondono l’arma terribile dei nematocisti: zooidi specializzati nel rilascio di un veleno assai potente, che colpisce il sistema nervoso e i linfonodi, mettendo subito fuori combattimento i loro presunti predatori. Incluso, neanche a dirlo, l’uomo.

Caravella Portoghese
Queste eccezionali riprese della Physalia physalis sono frutto del recente lavoro del fotografo Aaron Ansarov, un corrispondente del National Geographic

Una precisa e rigida simmetria contro una colonia, l’unione che fa la forza e garantisce la sopravvivenza. La divisione in due contrapposte metà, con organi delimitati, cellule specializzate: questo siamo, noi. Gli esseri perfetti, dal nostro ragionevolissimo punto di vista, eppure così lontani dalle radici della fondamentale storia evolutiva. Siamo ormai, indivisibili nelle singole parti costituenti. Prendi un qualunque cervello con il duplice emisfero, mettilo sul tavolo da pranzo. Immediatamente cesserà di cogitare. Un cuore di battere, il fegato di metabolizzare. Quando invece i sifonofori dal canto loro, non si compongono di cellule, ma di polipi interdipendenti. Che sono di tre tipi, nel caso della già citata caravella: il dactilozooide, per l’autodifesa, il gonozooide, per la riproduzione e il gastrozooide, che scompone tutto ciò che l’animale assume come cibo. Perché sono predatori assai famelici, tali preoccupanti agglomerati, tra l’altro. Usando la giusta quantità delle loro feroci tossine, tramortiscono e paralizzano piccoli organismi marini, tra cui pesci, plankton e vari tipi di crostacei. Mentre dal canto suo la tartaruga Caretta caretta, del tutto immune, si spinge in mezzo al vortice di quei tentacoli, per impossessarsi di una parte del bottino: c’è sempre il furbo e l’invincibile, anche nel regno naturale.
Ma l’aspetto maggiormente caratteristico della caravella portoghese, ciò che l’ha portata al centro del nostro sguardo e delle comprensibili preoccupazioni, è la sua vistosa vela trasparente, l’unica geometria chiara, nel suo essere caotico e brulicante. Si tratta, in effetti, di una sacca piena d’aria, chiamata pneumatoforo, che la creatura può gonfiare per salire a galla. O viceversa, nel caso in cui si senta minacciata, per una rapida immersione. Quando affiora con quest’organo bilaterale, tanto simile all’insegna riconoscibile delle navi da cui prende il nome, i suoi tentacoli possono estendersi per oltre 40 metri lungo il flusso delle correnti marine, ferendo, anche gravemente, qualunque inconsapevole bagnante. I segni lasciati da queste orride propaggini ricordano, in modo davvero rilevanti, quelli di potenti frustate. Mentre i sintomi includono febbre, shock, problemi respiratori e di circolazione. In rari casi, ad esempio se si è allergici, può sopraggiungere la morte. Tale gelido ed infuocato tocco, come potrete bene immaginare, viene descritto come estremamente doloroso.
Fortunatamente, il nuovo parente della caravella scoperto dagli scienziati delle E/V Nautilus non sembra tanto periglioso. Lui, semplicemente vegeta. Anche se fosse dotato di un veleno, fatto non dimostrabile allo stato corrente, resta piuttosto piccolo e compatto, nonché privo di strumenti per raggiungere la superficie. Non è che un’altra delle tante stranezze innocue ma fantastiche, che si trovano nelle regioni del remoto e sconosciuto blu.

Cute squid
Questa piccolo cefalopode violaceo è davvero graziosa, mentre si nasconde tra la sabbia e corre via, spaventato dai fari del veicolo a controllo remoto.

Iniziative scientifiche come questa costituiscono, in questi tempi di assoluta superbia conoscitiva, una sorta di finestre verso l’incredibile realtà. Private del senso visionario dalle difficoltà del quotidiano, dalle preoccupanti vicende internazionali, dalla situazione economica, le persone comuni tendono a dimenticare quanto sia vasto e variegato questo mondo. A tal punto che ancora adesso, quando già compaiono i primi strumenti per lasciare l’atmosfera, i razzi, le astronavi del futuro, ci si palesano scoperte nuove tutto attorno, quando si ha voglia di cercare. A cosa serve il sifonoforo pelagico e sommerso…Come ci è arrivato fin lì… Sarà meglio seguire lo streaming della spedizione, ancora in scorso, per scoprirlo forse, prima o poi.
Chi l’avrebbe mai detto! Che droni e sonar multiraggio, strumenti bellici del nuovo secolo, trovassero applicazione in un campo tanto valido e significativo. Ricco di seppie, polipi e galattici forestieri, forse giunti in questi luoghi da regioni avverse del possibile. E se ancora ci guardassero gli extraterrestri da lunghi telescopi, siano loro invidiosi, di cotante meraviglie guizzanti, suggestive, variopinte.

Vampire squid
La seppia vampiro non si è guadagnata tale nome in funzione di qualche orribile abitudine alimentare, bensì per la colorazione inquietante del suo magnifico mantello.

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