Il primo aerostato per fare l’elettricità

Altaeros BAT

Trecento metri sopra le distese innevate dell’Alaska, in controluce, potreste presto scorgere il più atipico degli UFO costruiti dalla mano umana. Come un settuplice bagel pieno di prosciutto, con tre pinne ad ipsilon, una turbina e un’elica racchiusa nel suo centro, ricorderebbe quasi un dirigibile bucato. Se soltanto fosse utile a spostarsi. Ma quella cosa resta immobile nel cielo, perché gettando al sua ombra, vegeta, letteralmente. Il curioso dispositivo, in effetti, è stato pensato per fare del respiro planetario un alleato, la trasparente clorofilla dell’umanità. La sua storia è interessante. La Altaeros Engineering, in qualità di compagnia produttrice, l’ha collegato al suolo con un cavo percorso da due tipi di tensione: quella strutturale, frutto dell’ancoramento all’automezzo di supporto, e nel contempo il fluido del voltaico demone dell’elettricità. Giusto ciò che normalmente serve ad Eolo, verso l’ora del caffé, per accendere i fornelli mattutini. L’avevate già vista? È l’unica ciambella rinnovabile di questo mondo, in barba al dio Vulcano ed al fornaio stesso dei titani. Destinata al mondo dell’empireo, verso l’Olimpo dei generatori più gentili con l’ecologia. Una fibra di sostentamento per noi tutti. Esclusi uccelli disattenti, che volano nel turbine del frullatore.
Sistemi e meccanismi sostengono la macchina complessa che si chiama società moderna. Sono, tali orpelli, fin troppo facili da dare per scontati, come ci si rende conto in occasione di un blackout. Per non parlare di emergenze prolungate, vedi terremoti, eruzioni e inondazioni. Alle difficoltà civili ed alle gravi conseguenze sulla popolazione, si aggiunge infatti quel problema, niente affatto trascurabile, del come riaccendere la luce tecnologica della speranza. Il riscaldamento, il frigorifero, il bagliore di una lampadina nel crepuscolo. Tutte cose che può far funzionare, con facilità, la leggiadra turbina di cui sopra, detta BAT (Buoyant Airborne Turbine). Acronimo magari scelto…Perché incombe silenziosamente nella notte. Oppure, chi lo sa, perché suonava bene, come gli striduli infrasuoni del chirottero volante, spesso disturbato dalle pale dei generatori.

Altaeros BAT 2

Si tratta di un’idea tanto semplice, così geniale, che viene da chiedersi perché non fosse stata messa in opera da tempo. Ed in effetti molti in precedenza ci hanno provato, senza tuttavia disporre degli strumenti ingegneristici appropriati. Ma se c’è una cosa che il progresso sa fare molto bene, è mettere le cose in volo. Basta scegliere il momento giusto.
Per tutti i luoghi colpiti da un disastro e rimasti senza elettricità, oppure da usarsi in pianta stabile per comunità remote, nelle quali è impossibile far giungere la rete elettrica ad un costo ragionevole, BAT permette di sfruttare una delle fonti d’energia più affidabili ed efficaci, l’eolico. Nel video d’apertura Ben Glass, co-fondatore e capo della compagnia, descrive con entusiasmo i punti positivi della proposta tecnologica, progettata con i patrocini prestigiosi del Massachusetts Institute of Technology e dell’Alaska Energy Authority, un ente statale che deve, da sempre, fare i conti con endemiche problematiche di distribuzione. E che potrebbe, finalmente, aver trovato la risposta. Una turbina eolica sollevata all’altezza di trecento metri, come spiegato nel video, può produrre fino ad otto volte l’energia del suo equivalente montato sulla convenzionale torre di cemento, un tipico ospite indesiderato, tra l’altro, dagli amanti del paesaggio. Inoltre, impiegando una simile soluzione fluttuante, si elimina il problema delle vibrazioni, che immancabilmente scardina le fondamenta di qualsiasi pala rotante posta a terra, prima o poi. Un sistema automatico computerizzato si occuperà di riavvolgere il cavo d’ancoraggio in caso di tempeste. BAT è flessibile, perché può essere spostata da un luogo all’altro, in poco tempo e impiegando le nostre strade quotidiane. Sarebbe praticamente come un generatore diesel, però senza bisogno di rifornire periodicamente il carburante. Se si esclude un piccolo dettaglio: il gas che serve per farla stare in aria.

Helium
“Helium discharge tube” – Via

Abbiamo già citato due divinità dei greci, perché non continuare: il gas nobile che c’è dentro la maggior parte degli aerostati, oggi, è di un tipo solamente: sarebbe l’elio, la sostanza del dio sole. Così fu chiamata nel 1868, dagli astronomi  Jules Janssen, francese e Norman Lockyer, inglese, che ne scorsero la luce spettrografica all’interno di un prisma, mentre osservano un’eclissi. Fino agli anni ’30, prima del celeberrimo disastro dell’Hinderburg, la sostanza usata per i dirigibili era l’idrogeno, virtualmente infinito grazie al procedimento dell’elettrolisi, che tuttavia presentava una problematica significativa: prendeva fuoco molto facilmente. Va considerato che non è mai esistito, forse non esisterà mai, un involucro dalla tenuta perfetta, e prima o poi tutto ciò che non è solido, né liquido, finisce facilmente per fuggire via. Con varie conseguenze.
L’elio, per sua natura, è piuttosto innocuo. Non ha odore, né colore, né sapore e le sue soglie di ebollizione sono le più basse fra tutti gli elementi. Ed è leggerissimo, molto più dell’aria: ha soltanto due elettroni, due protoni. La turbina della Altaeros Engineering può quindi dirsi quindi assolutamente sicura, nonché facile da rifornire, come avviene per le macchine della risonanza magnetica e nei sistemi di raffreddamento per certa elettronica di altissimo profilo. Stiamo del resto parlando di una delle sostanze fondamento dell’intero universo, che si trova praticamente ovunque. Beh, più o meno. Sulla Terra, tale gas viene principalmente a formarsi dalle radiazioni di certe sostanze, tra cui il torio e l’uranio, che si nascondono naturalmente nelle profondità della litosfera. Gli affioramenti si verificano in occasione dello scavo di un giacimento di gas naturali, tra cui solo una minima concentrazione, circa il 2%, è elio. Il resto vola via con Eolo. Il vento, come dicevamo, è per sua natura rinnovabile. Non così un qualsiasi gas emerso dalle viscere del pianeta. Secondo stime recenti, le occorrenze di questa sostanza che possano venire estratte facilmente stanno per esaurirsi molto presto. Forse tra appena 10, 20 anni, i palloncini volanti delle feste saranno un gradevole ricordo e nulla più, mentre il prezzo dell’utile gas del sole fluttuerà ancor più in alto delle stelle.
Cosa ne sarà, quindi, del sogno eolico di Ben Glass? Una domanda a cui può rispondere soltanto un ingegnere. Le soluzioni esistono, per chi ben sa dove cercarle, sostenuto dalla forza di un caffè. Beviamo dunque, alla salute di costoro, una tazzina riscaldata grazie al demone dell’elettricità.

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