La soluzione urbanistica della città intangibile per l’acqua piovana

Una missione a tutti gli effetti difficoltosa, dal punto di vista ingegneristico. Ma non impossibile: sto parlando di quando di rendere virtualmente non permeabile una “scatola” di cemento, laterizi o altri materiali abitabili, senza comprometterne la durabilità nel tempo. E cosa dire, d’altronde, del processo diametralmente inverso? Quando l’acqua precipita dall’alto in quantità talmente significative che fermarla non è più auspicabile. A meno di voler creare, nei nostri parcheggi, viali e vicoli, la versione improvvisata e spesso indesiderabile di un lago endoreico dall’origine del tutto artificiale. Già, ecco un problema che non riguarda più l’individuo bensì una città intera; il paesaggio urbano che prende un’ambiente naturale e proprio per questo permeabile, rendendolo attraverso gli anni del tutto impervio a qualsiasi compenetrazione da parte della natura. Il che è senz’altro un bene quando si parla di piante, rampicanti, radici, scoiattoli, serpenti, salmoni. Ma costituisce potenzialmente un ostacolo a un sereno prosieguo collettivo non appena una pioggia sufficientemente intensa, oppure continuativa nel tempo, sovraccarica i convenzionali sistemi di scarico che iniziano con tombini o caditoie di tipo assolutamente convenzionale. Oh, infelicità. Ah, sfortuna! Poiché a questo punto, tutto ciò che resta da fare è salutare ogni prezioso oggetto collocato al piano terra mentre il livello dell’acqua sale, e sale ancora. A meno di poter contare su sistemi alternativi, non propriamente convenzionali eppure altamente funzionali allo scopo.
Il concetto del fondo stradale permeabile viene generalmente fatto risalire fino all’Europa del XIX secolo, benché una sua adozione su larga scala abbia probabilmente origine dopo la seconda guerra mondiale, data la difficoltà nel reperire grandi quantità di malta, ghiaietto e ghiaia. Permettendo agli appaltatori delle opere pubbliche di scoprire come, in fin dei conti, utilizzare soltanto la grana più grossa delle materie prime da costruzione non implicasse, necessariamente, un’eccessiva mancanza di resistenza al passaggio degli autoveicoli e il calpestio dei giorni. Compromettendo, piuttosto, fattori come la compattezza e l’impermeabilità, che in determinate circostanze, poteva persino essere visto come un vantaggio!
Al giorno d’oggi sono quindi molte le aziende, in tutti e sei i continenti tranne per ovvie ragioni l’Antartide, che operano mediante un adattamento moderno di tale concetto, dimostrandone l’intrigante funzionalità attraverso una serie di video particolarmente affascinanti. Basta infatti scaricare una copiosa quantità d’acqua ad esempio da una betoniera, come fatto nella famosa dimostrazione del prodotto statunitense Topmix Permeable, per apprezzare la maniera in cui il dolce fluido trasparente scompare, quasi istantaneamente, attraverso la barriera in apparenza invalicabile del parcheggio di un centro commerciale. Il che apre la via d’accesso alla domanda assolutamente legittima di dove, per la precisione, sia destinato a finire tale sostanza visto il proverbio universalmente noto e innegabilmente corretto secondo cui “l’acqua corrode i ponti” e con essi “le rocce”, “le montagne” e persino “gli atolli nel Pacifico meridionale”. Una questione degna, senz’altro, di qualche ulteriore paragrafo di approfondimento….

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