Studiosi usano l’intelligenza artificiale per datare la prima mappa stellare della Cina e del mondo

Venne il giorno in cui Gong Gong, dio delle acque e Zhu Rong, colui che presiedeva il fuoco, diedero inizio ad una feroce battaglia per decidere chi fosse destinato a sedere sul trono del Paradiso. Molti disastri si abbatterono sulla Terra, ma il più grave di tutti sarebbe stata la distruzione del sacro monte Bu Zhong, uno dei quattro pilastri che avevano lo scopo di sorreggere il cielo. Mentre intere civiltà subivano devastazioni senza precedenti, fu quindi la dea Nuwa, entità serpentina creatrice dell’umanità, ad intervenire impilando cinque pietre colorate con le gambe della Grande Tartaruga. Quindi uccise il Drago Nero, che a seguito del disequilibrio era impazzito, imperversando incontrastato da un angolo all’altro di quel martoriato pianeta. Da quel solenne momento, i saggi tra gli uomini giurarono che non sarebbero mai più stati colti di sorpresa. Ed iniziarono a scrutare attentamente l’ampia volta scintillante, scorgendovi presagi, profezie, mistici significati.
Svariati millenni dopo il concludersi di questi eventi, gli stessi eredi di costoro avrebbero creato l’algoritmo. E con l’aiuto dei computer e della matematica, riuscirono finalmente a dimostrare quanto fossero conformi, nel comportamento e capacità d’interagire reciprocamente, le forze inusitate dell’Universo. Non che tale idea fosse istintivamente irraggiungibile, in assenza dell’applicazione del metodo scientifico che indissolubilmente manteniamo strettamente interconnesso, con l’Occidente e l’approcciarsi del molto successivo secolo dei Lumi. Se si pensa all’opera immortale dell’astronomo Ipparco di Nicea, riuscito nel 290 a.C. a implementare un sistema di coordinate celesti, grazie a cui catalogare le stelle fisse del cielo notturno ed influenzando i molti secoli di studi ed approfondimenti a venire. Ma se adesso vi dicessi che, in base a nuovi sviluppi nell’analisi delle opere dei nostri insigni predecessori, Qualcuno potrebbe averlo preceduto di esattamente 65 anni? E quel qualcuno proveniva dalla corte di un regno in cui il movimento del Carro, la prospettiva mutevole del Mercato e persino la posizione del cosmico “Vaso da Notte” potevano rappresentare utili presagi a definire le caratteristiche e lo svolgimento dei riti propiziatori dei potenti?
La corte del regno di Wei ovvero uno di quei Sette, nella lunga epoca degli Stati in Guerra, da cui sarebbe emersa nel sangue e nel fuoco la figura del primo Imperatore Qin Shi Huang di Qin, costruttore tra le altre cose della Grande Muraglia e dell’Esercito di Terracotta. Ancorché un secolo prima del suo trionfo i colleghi dinasti preferissero praticare il mecenatismo in altri settori dello scibile, tra cui l’astronomia. Come prova il lascito notevole di, Shi Shen, assieme al collega Gan De, in merito alla natura dei cinque principali pianeti (oro, legno, fuoco, acqua e terra) oltre ad un modello realistico del funzionamento delle macchie solari. Ma soprattutto la posizione precisa dei più remoti e misteriosi astri splendenti. Intraprendendo un’opera che mai nessuno, prima di allora, aveva immaginato di poter portare a compimento…

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Esplorando l’ancestrale foresta di pietra del Dio Fungo

Al culmine della solenne cerimonia, la guida mascherata del villaggio smise di avere alcunché di umano: la forma sfocata del suo profilo, ornato dal copricapo erboso e l’abito dalla livrea multicolore continuò a oscillare, ed oscillare fino diventare quasi trasparente. In quel fatale momento il segnale venne recepito dai presenti, che persero all’unisono ogni forma di controllo residuo sulla mente e l’arsenale delle proprie membra. La luna diventò enorme tra la forma delle rocce frastagliate che svettavano nell’aria notturna. Ora tutti danzavano, cercando qualche forma di contatto visivo con la maschera divina dello sciamano che ruotava vorticosamente, simile talvolta a un cervo, certe altre ad un’ape mostruosa della Preistoria. Le forme fungine strette tra le sue mani, raccolte nel corso dell’ultima settimana dai suoi molti aiutanti, sembrarono moltiplicarsi, coprendogli le braccia, le spalle, ogni punto rimanente del suo strano corpo. La musica sincopata dei tamburi divenne rossa, poi verde. Il colore degli alberi era dolce. Il suono della notte si fece acre ed intenso. Con un grido breve ma intenso, egli alzò la mano, indicando che era giunto il momento. Così che gli artisti, sollevassero scalpelli e i recipienti di ceramica ricolmi dei pigmenti sacri. Era giunta l’attesa ora. Era tempo di render manifesta l’immagine di spiriti e Dei…
Tassili n’Ajjer è un altopiano situato al confine tra Algeria, Niger, Libia e Mali, che si solleva con piglio maestoso al di sopra delle sabbie senza tempo del Sahara. Letteralmente sovraffollato di formazioni rocciose d’arenaria, erose dal tempo e dagli elementi fino a formare un paesaggio quasi alieno, con oltre 300 archi e strani monoliti che per un periodo non del tutto chiaro, furono considerati sacri dagli antichi ed ignoti popoli di queste terre. Così che era già largamente noto ai locali, fin dall’inizio del Ventesimo secolo, che in questo luogo fossero presenti una grande quantità di pitture ed incisioni parietali risalenti ad epoche straordinariamente remote, quando nel 1933 e 1940, in due occasioni successive, il giovane tenente della Legione Straniera Charles Brenans realizzò una serie di schizzi con alcuni dei soggetti maggiormente interessanti. Sottoposti dapprima al direttore del museo Bardo d’Algeri, tali disegni fecero rapidamente il giro del mondo, giungendo fino alla scrivania del celebre archeologo francese Henri Lhote. Nelle decadi successive, dapprima accompagnato dal militare e poi soltanto con la guida di alcuni tuareg reclutati localmente, Lhote si sarebbe quindi occupato di catalogare, suddividere e tentare una datazione di molte delle oltre 15.000 opere più antiche del concetto stesso di un popolo e una nazione. Fu il periodo, tra gli anni ’50 e ’70, in cui l’altopiano di Tassili diventò celebre in taluni ambienti accademici e non solo, come uno dei luoghi più artisticamente rilevanti della Terra. Le tecniche impiegate dal francese, non sempre eticamente irreprensibili (si ritiene, ad esempio, che alcuni dei disegni siano stati danneggiati per ricalcarli) gli permisero tuttavia di giungere ad una cronologia approssimativa, che viene tutt’ora impiegata nel tentativo di dare un senso a tutto questo. La cui origine tanto antica, databile attorno al 12.000 a.C, permetterebbe di scorgere attraverso i soggetti artistici dei nostri antenati alcuni dei più significativi mutamenti geologici, climatici ed evolutivi attraversasti dall’Africa settentrionale fino all’epoca corrente. Ma è il secondo dei periodi da lui citati e parzialmente sovrapposti, quello delle cosiddette teste tonde (8.000-6.000 a. C.) ad aver sollevato il maggior numero d’interrogativi, vista la stranezza variegata dei suoi soggetti: forme vagamente umanoidi con crani bulbosi, corpi evanescenti e simili a fantasmi. Strane divinità gigantesche, con corna o bicipiti sporgenti, venerate da un popolo in apparente stato di trance mistica danzante. Immagini di sacerdoti o divinità fluttuanti, come il famoso uomo dei funghi dalla faccia di ape o cervo, il cui ruolo rituale possiamo soltanto tentare d’immaginare in maniera estremamente vaga. Mentre possiamo affermare con comparabile sicurezza, secondo l’opinione di molti studiosi, che in quest’epoca l’uomo avesse scoperto e pienamente dimostrato l’effetto dei funghi allucinogeni, andando incontro a profonde modifiche negli stessi concetti pre-esistenti di ritualità e religione…

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