Soltanto un altro classico pomo da 7 Kg o più, con la forma di un cuore, color verde militare. Decorato da una serie di protuberanze dall’aspetto vagamente aggressivo, che rivela la sua dolcezza a chi è abbastanza coraggioso, ed attrezzato, da riuscire a separare le sue polpose metà. In Occidente la chiamano la mela zuccherina; in Oriente, il durian olandese. Esotico praticamente in ogni luogo, nel vasto estendersi dei luoghi in cui trova coltivazione, con la possibile eccezione dell’America Centrale ed i Caraibi, dove esiste praticamente da sempre. Anche se esistono teorie secondo cui il suo paese nativo sia l’India (ma non è, forse, così ogni singola volta?) Ed il gusto unico che scaturisce dall’interno, stranamente assuefacente, ne costituisce la più pratica ed imprescindibile spiegazione: descritto come una combinazione tra fragola ed ananas, con appena un accenno di limone, coronato dalla consistenza cremosa tipica della banana. Chi potrebbe mai resistergli, dopo averlo provato? Chi vorrebbe mai soltanto provare a farlo? Eppure nel momento stesso in cui ci si allontana dai tropici, ciò che trova l’appellativo internazionale di soursop tende a diventare progressivamente più raro. Il suo prezzo aumenta e, complice un tempo di conservazione relativamente breve, cala allo stesso tempo la sua qualità. Ecco perché molti di coloro che entrano in contatto con il frutto del piccolo albero sempreverde Annona muricata, finiscono per farlo grazie alla preziosa spremitura ricavata dal suo succo profumato, piuttosto che mediante preparati dalle “presunte” doti medicinali. Ed è qui che inizia, purtroppo, il problema perché sono ormai svariate decadi, in diversi ambienti ai lati più lontani della Terra, che questo notevole dono della natura viene associato alla presunta ed improbabile capacità di contrastare il cancro. Non tanto mantenendolo lontano grazie alle ben note capacità antiossidanti, ma giungere a curarlo addirittura, mediante l’irragionevole dote di annichilire le cellule affette da tale malattia. Il che è talmente lontano dalla verità scientifica da aver portato alla sua esplicita citazione tra i prodotti sotto sorveglianza secondo la normativa dell’UK Cancer Act, legge inglese contro la commercializzazione di cure totalmente prive di fondamento. Un’interpretazione particolarmente dubbiosa nei confronti delle qualità benefiche di questa pietanza, almeno quanto quella offerta dallo studio scientifico del 1999 di Caparros-Lefebvre ed Elba, in cui una catalogazione statistica del numero d’individui affetti da sintomi del morbo di Parkinson presso l’arcipelago delle Guadalupe avrebbe individuato una forma atipica di tale malattia potenzialmente associata alle sostanze contenute nel frutto preferito dagli abitanti locali, chiamato in lingua francese il corossol; e c’è davvero bisogno che ve ne spieghi l’effettiva provenienza? D’altra parte la pianta del soursop, come molte altre appartenenti alla famiglia delle annonacee, si trova caratterizzata da un lieve contenuto velenoso nei rami e nelle foglie, con l’obiettivo di tenere lontani gli insetti, che potrebbe avere alcuni effetti neurotossici se consumato per lunghi periodi nel corso della propria vita. Il che è anche la ragione per cui i semi del frutto andrebbero rimossi con la massima cautela, prima di procedere alla processazione mediante l’impiego di un frullatore. Ciò detto, l’effetto posseduto dalle acetogenine contenute in essi restano largamente poco noti sugli umani mentre la stessa analisi pregressa, per quanto ci è dato di comprendere, è stata effettuata su un campione piuttosto ridotto di persone che avevano comunque già contratto il Parkinson, per ragioni potenzialmente indipendenti dal consumo di corossol. Il che rende l’intera questione nient’altro che un’ulteriore storia possibile, tra le molte associate alle presunte doti misticheggianti di uno dei frutti più apprezzati dell’intera fascia sub-tropicale del nostro mondo…
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L’incomprimibile armatura del diabolico signore degli scarabei
“Così era tutto assolutamente vero” Pensò l’entità corazzata Nr. 4789, mentre volgeva la sua testa verso la fonte di luce fuori dal barattolo, all’indirizzo dell’enorme predatore dalla giacca color coloniale. “Nella guerra quotidiana per la sopravvivenza, restare immobili non è più abbastanza.” Infatti il suo nemico, avendo appoggiato sopra un tavolo l’indistruttibile prigione di vetro, aveva preso in mano uno strumento acuminato, della dimensione e spessore approssimativi di un ago. Ma grande a sufficienza da riuscire a penetrare l’entità, facendone un trofeo da esporre nella sua camera mortuaria trasparente. Il crudele aguzzino, tuttavia, aveva uno svantaggio di fondo: continuava a mancare, nel novero della sua percezione sensoriale della verità, la cognizione su chi fosse vivo e chi morto, in realtà. Il coperchio del barattolo venne a quel punto sollevato, stringendo l’entità tra il pollice e l’indice, per appoggiarla quindi sopra quella che sembrava essere a tutti gli effetti una bacheca in sughero, pronta a diventare la sua tomba. Egli restò immobile in maniera pressoché totale, tuttavia, sapendo quello che stava per succedere. Il titano calò lo spillone sul suo dorso, con un suono sordo simile a quello di una lingua di camaleonte che colpisce il vetro antiproiettile. Ma l’inclemente punta di quell’arma, all’improvviso, si piegò. Troppo forte l’armatura! Di un soldato tenebroso preparato a tutto, pur di far ritorno nei confini sabbiosi della sua nazione. L’entità corazzata Nr. 4789 scrutò i precisi confini della stanza, mentre l’entomologo, sparito per qualche minuto, era andato a prendere una punta più rigida, possibilmente attaccata a un trapano elettrico a motore. “Questa gente non sa proprio quando è il momento di arrendersi.” Mormorò tra se e se, mentre prendeva una decisione totalmente priva di precedenti tra le schiere della sua genìa: riprendere a spostarsi non dopo ore, bensì appena una manciata di secondi. Per cominciare soavemente a zampettare, verso l’unica via possibile di scampo di una porta lievemente socchiusa. Oltre cui fin troppo bene sapeva, scorrere l’asfalto distruttivo delle circostanze. Tra gli alti lampioni stradali, ove cui il singolo passaggio di un veicolo avrebbe potuto distruggere in un attimo, insetti meno resistenti e forti di lui…
Lo scarabeo corazzato infernale o Nosoderma diabolicum è una creatura diffusa nel territorio sud-occidentale degli Stati Uniti, con una predilezione particolare per i vasti deserti della California, che sembrerebbe aver imboccato un sentiero assai specifico nel labirinto dell’evoluzione. In qualità di scarabeo che ha perso nei secoli l’abilità di volare, analogamente a quanto avvenuto per alcune altre importanti famiglie dell’ordine dei coleotteri, la natura l’ha dotato in cambio di una versione alternativa delle elitre, gli scudi sollevabili normalmente utili a proteggere le ali, capaci di assorbire senza conseguenze letali una pressione stimabile attorno ai 150 newton, grosso modo stimabile sulle 39.000 volte il suo peso corporeo. Essenzialmente equivalente al caso di un essere di dimensioni umane, dimostratosi in grado di resistere alla massa torreggiante di un macigno da 3,5 milioni di Kg. Il che risultava essere del resto già noto, non potendo perciò costituire l’argomento principale del nuovo studio pubblicato dallo studente Jesus Rivera assieme al suo professore di scienza & ingegneria dei materiali dell’Università della California, David Kisailus, finalizzato piuttosto al necessario approfondimento del perché, e come, una simile casistica spropositata riesca effettivamente a verificarsi. Il che una volta messo per iscritto, approcciandosi per la prima volta a un argomento lungamente tralasciato dalle scienze ingegneristica ed entomologica al tempo stesso per una probabile attribuzione reciproca di competenze, sembrerebbe aver colpito in modo piuttosto diretto la fantasia del pubblico all’inizio dell’attuale settimana. Regalando un attimo di meritata celebrità, e spalancando l’opercolo della sapienza collettiva, nei confronti di questo essere a sei zampe che più che altro, possedeva il chiaro desiderio di essere lasciato in pace…
La farfalla senza un bruco, insetto che ha preso in ostaggio gli Stati Uniti
Splendide noi siamo, con le ali interne di un vivace color rosso, mentre l’altro paio sembra tratteggiato da un pittore pointillista, mentre l’estrema parte sembra ricordare strati sovrapposti di minuscoli mattoni. Come le altre appartenenti alla sottofamiglia delle Aphaeninae, spesso scambiate per farfalle benché siano solite spiccare, al massimo, dei lunghi balzi esplorativi. Entrando a pieno titolo, per lo meno in linea di principio, dalla mente aperta ed ammirata dell’entomologo, mentre ben diversa tende a risultare l’opinione di chiunque debba vivere per forza nei confini nel nostro vasto Impero. Che si estende, ormai da secoli, ben oltre i confini terrestri del giorno della notte… Perché un’invasione possa dirsi effettivamente riuscita al di là di ogni ragionevole critica storica, è necessario che unità su più fronti riescano a dividersi i compiti, in ondate successive finalizzate inizialmente a preparare, quindi improntate a conquistare, il territorio giudicato d’interesse da parte delle forze senza-volto incaricate di decidere l’impresa. Così noi cicaline della specie Lycorma delicatula ci preparammo, fin dalla metà del XVIII secolo, disponendo l’impiego di elicotteri ante-litteram, un’utile risorsa tattica e vegetale al fine di colonizzare il Nuovo Mondo. Quelli che potremmo individuare come costituiti, mediante il senno di poi, dall’effettivo involucro dei semi prodotti dall’albero del paradiso o Ailanthus altissima (in italiano, ailanto) originario della Cina e ingenuamente apprezzato dai molti popoli per la sua forma elegante e gli oltre 25 metri raggiunti in appena la metà della sua complessiva esistenza, generalmente non più estesa di 50 anni. Poiché nessuno avrebbe mai potuto prevedere, all’epoca, la maniera in cui quella pianta fosse in grado non soltanto di propagarsi a macchia d’olio, bensì resistere ad ogni tentativo di contenerne la diffusione, mediante la rinascita da poco più di un ramo o singolo pollone mentre diffondeva, con crudeltà quasi diabolica, un veleno tossico dalle radici, eliminando in maniera sistematica i propri potenziali concorrenti o vicini vegetali nei pressi del punto d’atterraggio del seme. Ma riempire quelle terre di ailanti, alberi importanti per il raggiungimento della fase adulta del nostro ciclo vitale, non era che il primo passo di un vero e proprio piano. Il cui ultimo e più irresistibile passaggio sarebbe stato destinato a richiedere, da quel fatidico momento, poco più di tre secoli a fronte degli ottimi collegamenti internazionali implementati all’epoca globalizzata dei commerci. Niente, in fin dei conti, avrebbe potuto funzionare meglio del carico di materiale edilizio risalente al 2014, destinato ai cantieri di Philadelphia e il resto della Pennsylvania… Dove secondo quanto ipotizzato dai tardivi studi di voialtri umani, si trovavano occultati i nostri padri e madri, ancora in forma embrionale, secondo quel metodo già dimostratosi capace di fornire il predominio territoriale in Giappone e Corea. In attesa del momento opportuno per fuoriuscire dalla sacca delle uova, per poi salire in cima a quelle piante che per tanto tempo avevano aspettato la loro venuta. E poi diffondersi da esse verso i notevoli tesori di quelle terre, tra cui gli frutteti, le vaste foreste, le viti usate per produrre il vino. Tutte piante egualmente vulnerabili, nonché deliziosamente utili, ad assicurare la vittoria ecologica della nostra prolifica genìa…
Un ultimo spettacolare pasto assieme al tenebrione del riso
Con un brivido trasmesso in senso radiale, la famiglia si svegliò all’improvviso. Era proprio questo, l’atteso segnale: la Mano che Nutre aveva costruito un nuovo splendido edificio. Alto e di forma circolare, con una cupola sopra la cima e incomparabili tesori all’interno. Il cibo “perfetto” accompagnato dal contorno di una serie di gradevoli arredi oblunghi, forse meno divini ma nondimeno utili al compimento della sacra trasfigurazione. I 148 più forti tra di noi balzarono quindi al di sopra dei piani più bassi, composti anch’essi di materia commestibile, per attaccare la carne tenera all’interno. Non lo chiamano, del resto, fast-food per altra ragione che questa. Mentre nel contempo, una quantità tre volte superiore d’individui li seguiva da presso, erodendo lentamente alla struttura di sostegno principale. Nel giro di una manciata di ore, quindi, il poderoso grattacielo cominciò a tremare, per l’assalto di migliaia di mandibole affamate. E poi, d’un tratto, crollò!
Scene provenienti dal giorno successivo alla fine del mondo, quando le creature semplici potranno guadagnare nuovamente il proprio posto in cima alla catena alimentare. Poiché non sono solamente i forti, a sopravvivere, ma qualche volta tutte le creature che riescono ad esistere facendo un uso limitato della materia. Oppure guadagnandosi, grazie all’ingegno e la capacità di adattamento, vie d’accesso a una prosperità ulteriore. Tenebrio molitor, padrone dell’oscurità. Coleottero dalle ali ben protette sotto scudi del colore della notte, così come appare la sua testa, addome, zampe e gran coppia d’antenne. Essere che in modo trasversale, possiede un’importanza tale per l’economia globale, sia positiva che negativa, da essere chiamato in lingua inglese mealworm o verme “del pasto”. Ciò in particolare considerazione del suo aspetto giovanile, o larvale che dir si voglia, configurato nella forma di un esserino lungo circa 2,5 cm, relativamente protetto da una spessa corazza esoscheletrica e programmato per fare una cosa, al di sopra di qualsiasi altra: perseguire in ogni modo possibile il suo nutrimento. Potreste così conoscerlo, in particolari sfortunate situazioni, qualora avesse trovato la maniera di attaccare la vostra dispensa, infestando e moltiplicandosi all’interno di pratici pacchi di farina, riso e altri cereali, normalmente preferiti come condominio per la sua continuativa esistenza. E ne avrete invece familiarità più che certa, nel caso in cui possediate un qualsivoglia tipo di animale da terrario come lucertola o camaleonte, oppur piccolo uccello nutrito in maniera naturale. Il cui pasto perfetto, secondo lo schema generale imposto dalla natura, è proprio il brulicante essere venuto a noi dal mondo degli insetti. Il quale certamente non potrà che accogliere con gioia, l’occasione di assaggiare, per una volta, l’altamente nutritivo cibo degli UMANI, come dimostrato in questo memorabile (se non particolarmente originale) video del creatore di curiosità per YouTube Mr. Michal…