Dopo 18 giorni e 17 notti trascorse a risalire il fiume South Platte, quindi arrampicarsi lungo il canyon di Clear Creek e su per le pendici delle Montagne Rocciose, Edmund Styles cominciò a credere che qualcuno giù al campo si fosse preso totalmente gioco di lui. Due settimane e mezzo trascorse a fermarsi, scaricare il setaccio dal suo fido compagno e filtrare, filtrare l’acqua alla ricerca della piccola scintilla dorata, la cui presenza gli era stata garantita dall’acquisto di una serie di mappe non propriamente a buon mercato. “Corsa all’oro dei miei pantaloni, non è vero, Burrito?” il piccolo asino di famiglia, dal muso bianco e il manto marrone scuro, face un movimento espressivo con le orecchie, producendo un raglio leggero. Certo, a lui una passeggiata, per quanto lunga, faceva soltanto piacere. A patto di non sentire rumori o vedere movimenti improvvisi. Con un sospiro, Edmund si spostò davanti perché l’animale capisse che era giunto il momento di rallentare. Chiamatela, se volete, una premonizione. E fu in questo preciso modo che, chino sopra l’acqua ed impugnando l’attrezzo simbolo del suo mestiere, vide finalmente comparire in mezzo alle proprie mani l’auspicato biglietto della sua rivalsa finanziaria e sociale, subito seguìto da qualcosa che nessuno, mai, avrebbe voluto scorgere in quei momenti: una sagoma scura all’orizzonte, che risaliva lentamente il sentiero. Il setaccio a forma di padella in una mano, nell’altra una corda non dissimile da quella che lui usava per condurre Burrito. E allora, capì: non importa quanto avrebbe potuto fingere indifferenza. Non importa quello che avesse detto oppure tentato di fare. Quell’intruso, quell’infingardo Cercatore materializzatosi dal nulla, avrebbe trovato lo stesso segno tra le invitanti acque fresche del torrente. E come lui, si sarebbe volto per tornare di gran carriera a Georgetown. Tanto valeva, dunque, tentare di bruciarlo sul tempo: “Sei pronto, amico mio? Al segnale…3, 2…” I picconi e le pale d’ordinanza produssero un rumore sferragliante, mentre l’asino voltava il proprio senso di marcia con la fretta di un vero drago sputafuoco. “E adesso, Via!” Mentre acceleravano in discesa, l’altra coppia era più vicina. L’asino rivale, un candido esemplare con la coda portata di lato, lanciò un fragoroso IH, OH; IH, OH, segno che anche lui era stato fatto girare per tentare un rapido ritorno al punto di partenza. Edmund evitò di proposito di guardare in faccia il suo rivale. Si sentivano strane storie sui sentieri di questa contea, e non tutte di un tipo rassicurante. In ogni caso, che differenza poteva fare, una pistola era soltanto l’ultima risorsa, di fronte al diritto che proviene dalla rapidità… Entro la sera di quello stesso giorno, lui e Burrito avrebbero varcato la porta dell’Ufficio Commissioni. 45 Km in poco meno di 12 ore, difficile forse, ma non impossibile. Avendo la ricchezza, come carota!
Nella nomenclatura statunitense dell’inizio del XIX secolo, il burro non era un condimento bensì per analogia spagnola, il più importante tra i quadrupedi, poiché a differenza d’imponenti e nobili equini, poteva essere impiegato al fine di navigare contorti tragitti, verso le radici di quell’albero minerario che aveva saputo definire, e connotare, plurimi recessi avventurosi del vecchio West. Nient’altro che i filoni abbastanza accessibili, ancora privi di etichette o attribuzioni, della forma maggiormente pura e spendibile del minerale più duttile, splendente e prezioso in base alle arbitrarie cognizioni umane, fratello maggiore del “comune” argento. Oro all’origine della fortuna, e qualche volta la condanna d’innumerevoli vite, benché presto soprattutto nei confini dell’attuale territorio facente parte degli stati di Colorado, Kansas e Nebraska venne stabilito una sorta di codice d’onore tra i minatori. Nessuno dei quali, se aderiva al codice, avrebbe fatto ricorso alla violenza in caso di ritrovamenti conflittuali, lasciando piuttosto che fosse l’ordine di ritorno presso le autorità civili a definire chi dovesse ricevere l’esclusivo accesso all’agiatezza futura. Quindi, con l’esaurirsi degli affioramenti superficiali e il conseguente declino della figura del cercatore d’oro entro gli anni ’60 e ’70, svanita la ragione per spronare innanzi i propri burros, coloro che li avevano addestrati continuarono lo stesso farlo. Dal che nacque, imprescindibilmente, un’idea…
Non c’è un preciso inventore o un ente regolatore primigenio dello sport estivo preferito all’interno dell’attuale stato del Colorado, conosciuto in modo semplice e diretto come Burro Racing. Bensì diverse associazioni, tra cui la maggiore potrebbe essere individuata nella WPBA o Western Pack Burro Ass-ociation (vi ricordo che ass in lingua inglese vuole dire “asino” oltre ad… Altre cose) di Georgetown e Idaho Springs, nata oltre 50 anni fa al fine di regolamentare e controllare il corretto svolgimento di questa antica, ma sempre attuale disciplina. Riassumibile nella versione artificiale di un tragitto da percorrere, uomo ed asino al suo seguito, senza che il primo salga mai a bordo del secondo, così come risultava necessario fare all’epoca della grande Ricerca, poiché si presume che il fedele aiutante fosse oberato dal carico dell’equipaggiamento necessario ad operare. Questione d’altra parte riproposta in via figurativa, con l’impiego di un carico “simbolico” di 15 Kg, necessariamente inclusivo della padella per il filtraggio delle acque fluviali, l’oggetto più importante all’interno di quell’ambito professionale ormai sparito. Le gare in questione dunque, organizzate in maniera autonoma da una quantità sorprendentemente alta di piccole città e paesi in zone per lo più rurali, hanno finito per confluire in una vera e propria lega con tanto di classifiche di campionato e personaggi di spicco, composti ogni volta dall’inseparabile coppia di corridore e fidato animale. Entrambi necessariamente ben preparati dal punto di vista fisico, quando si considera la lunghezza di tali tragitti variabile tra i 10 e i 46 Km, perciò capace di avvicinarsi pericolosamente a quella di una devastante ultramaratona. Attraverso, tra l’altro, un tipo di territorio non sempre facilmente percorribile, con strade accidentate e tragitti rocciosi, nonché pendenze al di sopra di quelle individuabili all’interno di un comune contesto urbano. Questione cui va aggiunta, e come potrebbe essere altrimenti, la difficoltà di mantenere in carreggiata un asino, creatura notoriamente dotata di una sua spiccata personalità e bisogni, totalmente diversi da quelle di un cavallo. Per via della natura cauta e attenta di creature abituate, nella loro forma selvatica originaria dell’Africa settentrionale, ad aggirarsi in piccoli gruppi o totalmente in solitaria, ragion per cui hanno mantenuto un particolare tipo d’intelligenza, non sempre incline alla mansueta accettazione delle direttive umane. Ragion per cui nello sport del Burro Racing esiste un detto: “Non potrai mai vincere un tiro alla fune con l’asino.” Accompagnato da ferree regole in merito alla maniera in cui i partecipanti possono trattare il proprio compagno, quali finimenti utilizzare ed anche un rigoroso controllo veterinario al termine della corsa quando ritenuto necessario. Laddove anche un singolo segno di maltrattamento potrà essere punito con l’immediata squalifica del concorrente umano.
Cresciuto recentemente nella popolarità grazie allo strumento di Internet, perfetto per promuovere gli eventi regionali e strani sport di nicchia, il rutilante mondo del Burro Racing può comunque giovarsi di una serie d’importanti tradizioni. Prima tra queste, l’esistenza di una letterale Triple Crown analoga a quella dell’ippica convenzionale, ovvero il primato ottenibile da parte di un coppia in grado di vincere le tre più prestigiose e difficili gare del settore: Fairplay, Buena Vista e Leadville. Obiettivo straordinario raggiunto e mantenuto famosamente a partire dal 2021 dagli eccezionali Marvin Sandoval e Buttercup, un improbabile asinello dell’altezza al garrese di appena 80 cm, che potrebbe tranquillamente passare sotto le gambe dei suoi rivali. Ma che dopo aver partecipato quasi per caso alle sue prime gare, grazie a un ferreo addestramento e un’ancor più eccezionale predisposizione, si è rivelato capace di ottenere una sequela inesauribile di trofei.
Non esistono, molto prevedibilmente, enormi presupposti di ricchezze nello sport estivo scelto per rappresentare in epoca moderna l’arido stato del Colorado. Con i premi delle gare di maggior prestigio fissati ad un migliaio di dollari per i primi classificati in ciascuna categoria, difficilmente sufficienti a compensare le lunghe giornate trascorse ad allenarsi col proprio animale, sotto un sole che potrebbe letteralmente spaccare le pietre. Ma forse l’oro più prezioso, quello che non ha mai veramente avuto modo di esaurirsi, è quello che deriva dalla consapevolezza di aver portato in alto il proprio nome, all’interno di un Olimpo veramente frequentato da poco più di qualche centinaio di persone alla volta. Dove fare il bene innanzi a chi riesce a capirlo, contrariamente a quello che vorrebbe la comune convenzione in materia d’animali da lavoro, può ancora essere un personale tentativo di riscossa, del tutto privo di secondi fini o significative ricompense materiali. Fatta eccezione, s’intende, per l’amicizia coltivata e rafforzata con quello che potremmo tranquillamente definire al giorno d’oggi il terzo (o secondo?) miglior amico dell’uomo. A patto di restare fuori dai confini non così spaziosi di un appartamento.