Il principale intralcio filosofico al successo di un super-palazzo elicoidale a Taiwan

L’impressione di un grande centro urbano dell’Asia Orientale, in base allo stereotipo acquisito, lascia intendere un’impressionante densità demografica, spazi angusti ed alti alveari abitativi, non dissimili dal concetto ingegneristico di un’essenziale arcologia de facto: edifici vasti simili ad ambienti naturali separati, per il clima interno, l’economia vivente, le regole d’interazione tra i diversi fattori pendenti. Il che può avere basi nella verità dei fatti, per luoghi futuribili come la capitale Taipei, di una delle isole più facoltose, economicamente influenti dell’intera zona rilevante, l’isola nota ai primi esploratori come Formosa e al giorno d’oggi particolarmente problematica nel sistema di relazioni internazionali geograficamente contigue. Ma Taiwan, alimentata dal profitto dei commerci con l’Occidente e l’innegabile primo piano nel campo dell’industria tecnologica globalizzata, è anche è soprattutto patria di una quantità di miliardari superiore alla media, direttori, proprietari e capi di altrettante aziende con bilanci annuali simili a quelli di una nazione indipendente di media entità. Persone caratterizzate da un certo livello di stile di vita, benché fondamentalmente dedite al lavoro sopra ogni altra cosa, almeno finché non raggiungono l’età di un tardivo e ingresso nell’epoca del pre-pensionamento. Da qui l’idea, finanziata dalle compagnie di sviluppo immobiliare multinazionali Viking Group e DTM, di costruire nel quartiere Xinyi, a poca distanza dal centro cittadino e l’iconico grattacielo a cassettoni sovrapposti del Taipei 101, un nuovo tipo di residenza di lusso, egualmente caratterizzata da praticità, convenienza e stile. Il che tende a sottintendere come principio, nell’epoca corrente, un certo grado di attenzione alla natura e sostenibilità, valori per la prima volta mantenuti in alta considerazione nello schema generale della società multilivello. E forse anche per questo, niente meno che centrali nella produzione pregressa dell’architetto belga Vincent Callebaut, già promotore di concetti come il Dragonfly, orto verticale da costruire sull’isola di Manhanttan, ed il Lilypad, una piattaforma galleggiante per ospitare i profughi fuggiti dai paesi che verranno progressivamente sommersi a causa del mutamento climatico terrestre, ponendosi tra i principali proponenti di una nuova branca dell’architettura, definibile come biomimetica o ispirata alla vita stessa. Concetti accompagnati da un accurato e razionale studio di fattibilità, che trova una dimostrazione quanto meno parziale nell’effettivo aspetto completo dell’Agora Garden, alias Giardino di Tao Zhu Yin, con riferimento al nome postumo della celebre figura di politico, stratega ed economista Fan Li, vissuto in Cina nel sesto secolo a.C. all’apice del periodo di conflitti noto come primavere ed autunni. Considerato dagli storici come uno dei primi a dimostrare pubblicamente la percorribilità dell’altruismo, reinvestendo una parte delle sue risorse finanziarie nel miglioramento delle condizioni lavorative del popolo e i suoi sottoposti. E chissà che cosa avrebbe potuto pensare costui, di fronte all’aspetto strabiliante dello svettante condominio ultimato nel 2019, caratterizzato dal suo nome ed una forma che la critica internazionale ha definito a più riprese “chirale”, essendo in grado di riprendere, all’inverso, l’aspetto della molecola di acido desossiribonucleico, più comunemente definita con l’acronimo D.N.A…

La struttura del Tao Zhu Yin prevede, oltre alla colonna centrale, due montanti laterali che riprendono dichiaratamente il movimento “di uno sciatore intento ad affrontare una curva”.

La vita come ispirazione dunque, ma la vita anche in qualità di pretesto, nella maniera esemplificata dai molteplici strati sovrapposti di balconate, disposte lungo gli spazi riservati dalla rotazione di 4,5 gradi esibita per ciascun piano del futuribile edificio. Il quale parte con un’orientamento della sua base lungo l’asse nord-sud, compiendo un totale angolo retto per disporre l’ultimo piano rettangolare in direzione est-ovest al termine di una notevole ed inaspettata configurazione strutturale. Riuscendo a creare, con apparente immediatezza e leggiadria, la perfetta commistione di artificialità e natura, condotte fino alle supreme conseguenze di una meraviglia verdeggiante circondata da noiosi blocchi di vetro e cemento. Per 23.000 alberi, 21 piani e 93 metri d’altezza, corrispondenti come dicevamo a un gran totale di “appena” 42 appartamenti, ma dotati di una dimensione media prossima e persino superiore ai 600 metri quadri cadauno. Vere e proprie regge in altri termini, soprattutto in una zona dal valore immobiliare tanto elevato, benché parzialmente giustificate dall’inclinazione culturale tipicamente cinese a far vivere fino a tre generazioni familiari sotto lo stesso tetto. In condizioni, nel presente caso, di un sostanziale ed innegabile lusso, con ampi spazi, corridoi magnifici ed amenità di prima classe, incluso il parco artistico di 6.000 metri quadri che si estende attorno al palazzo, la piscina nel seminterrato e meraviglia delle meraviglie, un effettivo ascensore collocato nella capiente colonna centrale di sostegno, capace di sollevare le automobili degli abitanti fino al piano del loro appartamento. Possibilità che trascende il semplice sfoggio di ricchezza, garantendo vantaggi significativi alla privacy e la sicurezza degli abitanti, ulteriormente rasserenati dall’impronta ambientale di carbonio positiva, grazie all’alto numero di piante e pannelli solari all’ultimo piano.
Eppure continua a prolungarsi, con notizie fatte rimbalzare in patria e all’estero nel corso degli anni successivi al completamento, una certa difficoltà nel trovare inquilini per questa letterale Shangri-La svettante, almeno parzialmente motivata dal costo unitario per unità immobiliare pari a fino a 65 milioni di dollari (e 49.000 al metro quadro) che ha senz’altro ridotto in modo sensibile la quantità di persone capaci di accaparrarsene una. Fermo restando la problematica, più volte documentata, di un ulteriore significativo ostacolo al suo successo.
Come in molti già saprete a tal proposito, la Cina è il luogo d’origine di una complessa disciplina mistica ed architettonica derivante dalla filosofia taoista, definita Vento ed Acqua (lit. feng-shui – 風水) con diretto riferimento ai due elementi che più degli altri sostengono ed alimentano la vita terrena. Un complesso sistema di regole finalizzato a dare indicazioni sul modo più corretto di costruire ambienti abitativi, affinché gli influssi propizi possano venire accolti tra le sue mura, altrettanto invise agli spiriti maligni del nostro mondo. Accorgimenti come disporre un “drago verde” ad est (piante, nella maggior parte dei casi) ed una “tartaruga nera” a nord (generalmente si tratta di un masso o una collina) ed una pletora d’equivalenti piccoli dettagli, attentamente calibrati tramite l’impiego di una bussola tradizionale. Per una presa di coscienza inerentemente più complessa, per non dire del tutto impossibile, quando le proprie mura perimetrali ruotano verticalmente in maniera paragonabile alla conchiglia di un mollusco marino.

Le travi di sostegno orizzontali, fondamentali per la stabilità, sono del tipo Vierendeel privo elementi diagonali e posizionate ogni due piani. Questo per massimizzare gli spazi interni e garantire una vista a 360 gradi, tra i principali vantaggi offerti dalla strana forma dell’edificio.

Così l’Agora Garden, costruito con una struttura interna ultra-solida concepita per resistere a terremoti e tifoni un minimo di 300 anni, non sembra reggere il primo impatto con l’energia latente di un’altra caratteristica ricorsiva di queste terre: la fondamentale attenzione al modus operandi dei tempi antichi. Che non dovrebbe essere considerato come mera superstizione coltivata dalle classi più elevate, bensì una forma di rispetto per tutti coloro che sono venuti prima, secondo l’ideale pratico che è il fondamento stesso degli schemi della società cinese. Lo stesso Fan Li/Tao Zhugong avrebbe potuto postulare, a margine dell’intera questione, il primo suggerimento del suo testo Jingshang baodian (“Raccolta sulla gestione degli affari aziendali”) traducibile come: “Discernere il carattere delle persone attraverso l’esperienza.” Il che dovrebbe includere, idealmente, anche noi stessi ovvero coloro che provengono dalla stesso schema di valori pregressi.

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