Viola come lo splendente storno che abbellisce i cieli dell’Africa subsahariana

All’apice della stagione secca nella parte centrale del Congo, la società dell’alto cumulo iniziò i preparativi per il grande viaggio che avrebbe dato inizio a un nuovo sito. Con l’aumentare progressivo degli alati, le coppie nuziali iniziarono a formarsi segmentando la simbiotica comunità, non più divisa in operai e soldati. Ma re e regine, ciascuno intento a prepararsi, fisicamente e psicologicamente, ad abbandonare tutto quello che aveva sempre conosciuto. Verso un mondo carico di straordinarie opportunità; all’apice di un tale clima avventuroso, quindi, scese gradualmente la sera, mentre le moltitudini giungevano a riunirsi sulla sommità del termitaio. Allo scattare di un segnale inaudibile a chiunque, tranne i diretti interessati, lo sciame fece quindi il grande balzo, trasformandosi in un flusso denso e ronzante in mezzo all’aria tersa della sera. Come fumo dalle complesse volute, le particelle viventi contenute in esso designarono spontaneamente il gruppo incaricata di fare da apripista, come il segnale lampeggiante di un faro. E così seguendo un tale stormo, si sollevarono al di sopra della copertura della foresta, orientando il proprio viaggio orientandosi grazie alla forma incombente dell’astro lunare. Fu dopo qualche decina di minuti appena, tuttavia, che i più scaltri tra di loro cominciarono a notare qualcosa di assai preoccupante. La sfuggente forma, vagamente osservabile ai margini del campo visivo, di un dardo scagliato dagli Dei celesti, che più e più volte si tuffava dall’Empireo invisibile dei cieli, per poi tornare nuovamente a librarsi. In breve ad essa se ne aggiunse una seconda, e poi una terza, finché le termiti all’apice della loro esperienza di vita non si resero, purtroppo, conto dell’atavica realtà: che un secondo sciame, dall’aspetto ed il color cangiante, si era riunito qualche decina di metri sopra la loro artropode congregazione volante. Composto da creature molto più imponenti, e fameliche, di quanto un isottero avrebbe mai potuto aspirare a diventare, nonostante lo stretto grado di parentela con lo scarafaggio domestico delle nostre sfortunate abitazioni umane. A quelle forme dardeggianti, d’altra parte, avremmo fatto presto ad attribuire un nome; trattandosi di storni, non troppo dissimili dal tipico visitatore stagionale dei centri città all’apice dell’autunno europeo. Quasi del tutto indistinguibili, alla luce tenue delle stelle e di una sera priva di un carico splendente utile a notarne la tonalità…
Ben stretto tra le dita con la posa del fotografo, uno specifico metodo per tenere saldamente un uccello senza rischiare di arrecargli alcun danno, la creatura in una celebre foto virale di questi mesi dimostra quindi l’assoluta chiarezza della verità. Riferita ad un pennuto la cui semplice livrea bicolore si presenta di un impressionante color porpora acceso, tale da lasciar sospettare l’utilizzo da parte di qualcuno di un sempre utile e risolutivo passaggio di Photoshop. Se non che ad un rapido approfondimento, l’uccello si scopre essere un appartenente alla precisa e chiara specie del Cinnyricinclus leucogaster o storno ametista, come per primo l’aveva disegnato il grande naturalista del XVIII secolo Georges-Louis Leclerc, Conte di Buffon, circa una decade prima che il suo collega olandese Pieter Boddaert optasse per attribuirgli un nome scientifico (l’ancor provvisorio Turdus leucogaster). Con riferimento, stranamente, al bianco del suo ventre ancor prima che l’accesa colorazione del dorso, la testa e le ali, forse proprio in funzione dello spiccato dimorfismo sessuale riscontrato in una tale specie. La cui femmina si presenta, in effetti, di un semplice marrone a macchie bianche, in una configurazione non troppo diversa da quello degli storni nostrani, benché questi ultimi tendano piuttosto al grigio-nero. Con una corrispondenza assai maggiore a quelle che sono le tipiche pigmentazioni delle creature volatili, piuttosto che una tale congiunzione assai notevole di fattori proteici e strutturali, tale da donare alle piume la capacità di catturare e modulare l’effetto della luce solare. Un qualcosa che avrebbe lasciato letteralmente di stucco gli antichi tintori romani, per cui una tale tonalità poteva essere l’unica risultanza di un complesso processo estrattivo dai molluschi della famiglia dei muricidi. Di cui occorrevano letteralmente migliaia di esemplari, per poter portare a termine una singola tunica degna di essere indossata dall’Imperatore…

A questa libellula non è purtroppo andata eccessivamente bene, vista la prontezza nel ghermirla dimostrata da questo formidabile utilizzatore delle sue cangianti ali. Nient’altro che un evento predestinato, nell’impietoso sistema della savana.

Il che stabilisce un termine di paragone a dir poco calzante, stabilito come neanche il più piccolo degli storni africani, raramente in grado di superare i 18 centimetri di lunghezza, possieda il color viola come una dotazione per lui inerente. Acquisendola soltanto una volta raggiunta l’età riproduttiva, e soltanto grazie alle nanostrutture capaci di riflettere la luce diurna in un particolare modo. Ragion per cui, al calar della sera, l’uccello torna ad assumere un aspetto totalmente ordinario, potendo persino mimetizzarsi dallo sguardo dei predatori. Non che lui, a sua volta, risulti del tutto privo di un qualsiasi tipo d’indole aggressiva, trattandosi di creatura onnivora egualmente dedita al foraggiamento di frutta ed altro materiale vegetale, quanto la cattura d’insetti di vario tipo rigorosamente ghermiti in volo o presso le chiome degli alberi delle foreste ripariali, per non esporsi troppo arrivando a posarsi sul terreno popolato da una miriade di bestie affamate. Così a determinare le brevi, ma frequenti migrazioni di questo uccello sono proprio i cicli stagionali che portano alla fioritura degli alberi e l’inevitabile commestibile conseguenza, così come l’attività delle maggior società d’insetti, vedi l’avvistamento di un intero sciame di termiti. Uno stile di vita che porta simili volatili al possesso di un areale notevolmente ampio, con diffusione in Zimbabwe, Namibia, Botswana, Benin, Mozambico… Oltre naturalmente al grande Congo già citato in apertura, dove il ritorno degli storni presso alcuni grandi parchi nazionali corrisponde, niente affatto per caso, ad un aumento periodico delle moltitudini di turisti provenienti da ogni parte del mondo.
Una volta raggiunto il momento adeguato secondo un preciso calendario biologico, quindi, le dilaganti mormorazioni dalle coreografie fisicamente riconducibili al concetto di superfluidità inizieranno il processo di separazione collettiva in coppie monogame, ciascuna fermamente intenzionata a ricavare uno spazio in cui allestire e proteggere il proprio nido. Abitazione ricavata nella maggior parte dei casi in un foro degli alberi posto a mezz’altezza, oppure equivalente struttura costruita dagli umani, come il palo di una recinzione, il cui spazio cavo dovrà essere riempito di rami, foglie e sterco al fine di creare un ambiente accogliente per i futuri piccoli e le ancor più imminenti uova. Fino al caso sempre possibile osservato almeno nel caso di un altro storno africano, il Lamprotornis superbus, di un utilizzo strategico di rami ornati da affilatissime spine, con lo scopo di allontanare ulteriormente l’interesse altamente indesiderabile dei predatori. Incluso il piciforme indicatore del miele (Indicator minor) dal comportamento simile a quello di un cuculo, che potrebbe tentare d’infiltrare il proprio uovo in mezzo a quelle dello storno, ben sapendo come il suo fortissimo e aggressivo pulcino potrà scaraventare già dal nido i legittimi figli della povera madre inconsapevole. Assicurandosi, in tal modo, tutto il cibo necessario e le immeritate cure dei genitori “adottivi” per il raggiungimento dell’età adulta. Evento scongiurato il quale, le piccole uova a macchie dello storno ametista saranno in genere tra 2 e 4, con un tempo di covata pari ad appena 12-14 giorni. Terminato il quale, entrambi i genitori resteranno per fornire nutrimento alla prole, almeno fino al raggiungimento della parziale indipendenza verso la fine della stagione. Si tratta perciò di uccelli per lo più monogami, benché un membro della coppia sia particolarmente veloce a trovare il nuovo partner nel caso in cui quello precedente scompaia a causa di un incidente, provvedendo comunque a portare a termine la propria primaria mansione riproduttiva.

A seconda dell’intensità ed orientamento della luce, lo storno ametista può assumere diverse tonalità di viola e talvolta tendere persino al rosso, così come quell’ideale color porpora che tanto a lungo è stato utilizzato dai più ricchi patrizi e nobili dell’Impero Romano.

Una dedizione al compito capace di garantire uno stato di conservazione di tale specie, unica nel suo genere Cinnyricinclus, prossima all’ideale, con avvistamenti assai frequenti nell’intero estendersi della sua zona ecologica, e un adattamento invidiabile all’espandersi progressivo delle ingombranti attività umane. Rivendicando in tal modo l’appartenenza alla formidabile famiglia degli storni, tanto pervasiva in Europa quanto dimostratisi capace di dilagare in Nord America all’inizio del secolo scorso, portando a molti significativi problemi per le specie volatili locali. Non ultimo l’attività, praticata saltuariamente dagli esemplari maggiormente affamati, di attaccare direttamente i nidi altrui e fagocitarne i nuovi nati, senza nessun tipo di solidarietà di genere o pietà ereditata.
Perché di sicuro, alla natura non interessano simili considerazioni, così come non si preoccupa di celebrar l’aspetto straordinario di un così metallico ed affascinante volatore. Il che se vogliamo, contribuisce a renderlo ancor più affascinante, mentre si aggira inconsapevole del modo in cui potrebbe concentrare gli altrui sguardi e l’attenzione degli spettatori verso un qualcosa di talmente inusitato. Ma gli occhi giallognoli, posti ai lati dell’aguzzo becco nero, fermamente concentrati, sul bersaglio designato dell’ennesimo tuffo ai danni dello sciame di termiti migratorie. Mansione altrettanto importante, come tutte quelle che caratterizzano qualsiasi appartenente ad un sistema ecologico complesso. Che almeno in questo caso e per quanto è stato ampiamente determinato dagli studi sulla sua numerosissima popolazione, potrà continuare a compiere volute aggraziate per un periodo destinato ad estendersi per ancora un grande numero di anni a venire.

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