La capitale in pietra lavica costruita sopra una barriera corallina

Secondo le narrazioni orali trasmesse attraverso la storia pregressa della Micronesia, il guerriero Isokelekel era tra i più nobili e stimati vissuti fino a quel momento, quando verso il primo terzo del XVII secolo, sbarcando assieme ai suoi 333 seguaci, giunse presso l’atollo di Ant nei pressi di Kitti, decidendo che esso avrebbe in seguito costituito la sua casa. Se non che di lì a seguire un misterioso uccello, o in altre versioni della storia la profezia concessagli da un’anziana amante, gli avrebbero rivelato l’obiettivo ultimo del suo destino: trasformarsi nel liberatore di un intero popolo, soggetto fin da troppo tempo al giogo di una dinastia straniera, quella dei Saudeleur dell’attuale capitale della Micronesia, la popolosa, lussureggiante isola di Pohnpei. Il cui principale elemento di distinzione, allo stato dei fatti, figurava ormai da molte generazioni come il centro religioso e politico di tale dittatura, un luogo le cui alte mura, soprattutto in quel contesto storico, parevano sfidare l’immaginazione: Nan Madol, una città imprendibile, costruita col basalto tra una serie di canali e sopra isole poggiate sopra una struttura pre-esistente: quella costruita, attraverso secoli o millenni, dai microscopici polipi del corallo. Osservata quindi la fortezza da ogni lato, e ricacciato indietro il primo istinto di ritirarsi, il fiero Isokelekel scelse d’impiegare l’ingegno: mandato un suo luogotenente presso la spiaggia dell’isola, fece in modo che esso provocasse una reazione militare ad opera di un generale nemico. Una volta che le truppe di quest’ultimo furono al di fuori dei cancelli, quindi, ne approfittò per trarne vantaggio, bloccandone la ritirata e combattendo con ferocia tale, da riuscire a sterminarle fino all’ultimo uomo. Secondo alcuni, fu proprio in quel momento che il liberatore, proveniente dall’isola orientale di Kosrae, avrebbe rivelato la sua discendenza divina, in quanto figlio del Dio del Tuono Nan Sapwe, antico protettore delle genti di Pohnpei, facendo in modo che armi magiche sorgessero dalle acque stesse dell’Oceano, finendo dritte nelle mani dei propri alleati. Indipendentemente da tale dettaglio, ad ogni modo, i Saudeleur vennero sconfitti, ponendo fine a un lungo predominio portatore di molte notevoli ingiustizie. Ma anche notevoli progressi tecnologici e sociali…
Silenzioso ricordo di un’epoca lontana sui confini percorribili dell’isola Pohnpeiana, la città in rovina Nan Madol costituisce oggi uno dei maggiori misteri archeologici del mondo, in quanto tale spesso argomentata nei trattati sugli alieni, antiche civiltà perdute e il continente destinato a inabissarsi di Mu, versione ipertrofica del nostro mito atlantideo. Per le sue particolari caratteristiche architettoniche ed urbanistiche, essa è stata inoltre definita la Venezia del Pacifico, benché il tipo di materiali impiegati ed il sistema usato per trarne opere murarie ricordi, piuttosto, quello di particolari civiltà del continente americano, per l’assenza di cemento o un qualsiasi approccio similare, sostituiti dai precisi incastri tra i singoli elementi di ciascuna struttura. Pietre di basalto dal peso unitario impressionante, antica prova dell’origine vulcanica di queste terre, trasportate e messe in posizione grazie a metodi che ancora adesso non riusciamo a determinare: poiché questi popoli non possedevano alcun tipo di carrucola, lunghe o resistenti corde, o la padronanza del sistema della leva di Archimede il greco; bensì soltanto l’intenzione, il nesso ed il bisogno. Di costruire qualche cosa che potesse oltrepassare intatta le generazioni…

Vista dall’alto grazie al drone d’ordinanza, l’antica capitale Saudeleur può sembrare un pezzo di America meridionale, preso e trasportato in modo artificiale fino a questa terra emersa non più grande dell’isola d’Elba, lontana miglia e miglia da qualsiasi luogo possa definirsi un vero e proprio continente.

La prima testimonianza dell’esistenza di Nan Madol dal punto di vista degli occidentali si ebbe solamente verso la metà del XIX secolo, quando il marinaio irlandese con il corpo totalmente ricoperto di tatuaggi James F. O’Connell iniziò a far parte del famoso circo itinerante (o freakshow che dri si voglia) di P.T. Barnum, intitolato American Museum. Narrando ai suoi visitatori e ammiratori la vicenda che lo aveva portato, in circostanze per lo più impreviste, a ritrovarsi con la pelle ricoperta di figure dall’aspetto naturalistico o tribale, a seguito del naufragio della sua nave presso l’isola di Pohnpei, dove tutti i suoi compagni vennero uccisi dai cannibali. Poco prima che un gruppo di “voluttuose vergini” potesse catturarlo, drogarlo e in seguito costringerlo a sposare la più giovane e avvenente tra di loro (previa applicazione dei necessari tatuaggi) tenendolo nei fatti prigioniero finché un’altra imbarcazione, per sua fortuna, giunse offrendogli una via di fuga verso il continente americano. Indipendentemente dalle probabili esagerazioni o totali fantasie del suo racconto, in effetti, O’Connell descrisse per filo e per segno la struttura in pietra dell’antica città ove simili vicende ebbero modo di svolgersi, ormai soltanto l’ombra dell’antica capitale che era stata un tempo, eppure ancora impressionante e per lo più immutata, nei suoi elementi architettonici primari.
Del resto, secondo le credenze folkloristiche locali, Nan Madol era stata costruita con la magia e soltanto quest’ultima, nei fatti, avrebbe mai potuto cancellarla dai repertori antologici dell’esistenza. Si narra a tal proposito che i primi rappresentanti in questo luogo della dinastia Saudeleur fossero stati due stregoni, i gemelli Olisihpa ed Olosohpa venuti dalla terra semi-mitica di Kanamwayso. Molto più alti e forti delle genti pohnpeiane, oltre a possedere il segreto per controllare gli elementi ed invocare l’aiuto degli spiriti. Creature come il grande drago che sarebbe stato capace, assecondando il loro volere, di posizionare una sull’altra le gigantesche pietre di basalto destinate a costituire il loro palazzo reale. In seguito, dopo la morte per vecchiaia di Olisihpa, Olosohpa si sposò con una donna locale e diede l’inizio a 12 generazioni di governanti, la cui integrità morale e senso di giustizia erano destinati a diventare progressivamente peggiori. Mano a mano che i diversi Saudeleur si susseguirono al governo, infatti, impossibili tributi continuarono ad aggiungersi l’uno sull’altro, mentre la venerazione degli antichi Dei tra cui quello del tuono Nan Sapwe veniva gradualmente sostituita dal culto dell’anguilla d’acqua dolce Ilake, la cui benevolenza doveva essere garantita mediante regolari sacrifici di tartarughe e cani. Ciò che simili regnanti furono estremamente abili a creare, tuttavia, fu anche un sistema centralizzato di gestione del potere, secondo cui i diversi capi tribali dovevano necessariamente trascorrere la maggior parte del proprio tempo all’interno delle mura di Nan Madol, rinunciando nei fatti alla propria autonomia decisionale. Probabilmente in funzione di ciò, i circa cinque o sei secoli trascorsi sotto il governo dei Saudeleur (si tratta solamente di un stima) furono per lo più pacifici, mentre l’isola veniva suddivisa in tre diversi distretti (chiamati wei) ciascuno dotato di una sua importanza nell’ordine sociale delle cose. Ma il popolo era arrabbiato, povero e sottomesso, al punto che il re d’epoca imprecisata Raipwenlang avrebbe usato la magia al fine di scovare i Pohnpeiani maggiormente pasciuti, per farli uccidere e mangiarli alla sua tavola, ripristinando le usanza cannibali di un’epoca distante. Mentre la moglie del suo successore Ketiparelong sarebbe stata punita tramite uno stratagemma dei suoi servi, capaci di servirgli con l’inganno il fegato del suo stesso padre. Mangiato il quale, per l’orrore e la vergogna, ella avrebbe scelto di togliersi la vita. Era estremamente chiaro, a conti fatti, che il popolo aspettava la venuta di un liberatore. Ma non sapevano quando costui sarebbe giunto, a bordo della sua canoa splendente, dalla direzione in cui tramonta il Sole…

Nell’attuale scenario del turismo del Pacifico, Pohnpei rappresenta una meta particolarmente ambita, per gli ampi spazi rimasti incontaminati, le spiagge ragionevolmente pulite e non ultimo, lo stesso fascino misterioso delle rovine di Nan Madol.

Dopo la sua sanguinosa conquista, dunque, Isokelekel si sarebbe rivelato come un governante degno della propria discendenza divina. Decretando l’immediata cessazione dei tributi e il ritorno dei capi assoggettati presso i territori delle rispettive tribù, attraverso l’istituzione del sistema del nahnmwarki: un saggio sacerdote, disinteressato alla vita mondana e l’acquisizione del potere personale, che potesse sovrintendere dall’alto alle questioni amministrative della terra. Pur risiedendo presso Nan Madol, inoltre, egli spostò la capitale nel distretto orientale di Madolenihmw, rendendo ulteriormente chiaro il proprio disinteresse nei confronti dell’acquisizione e gestione personale del potere.
Nella conclusione della storia, tuttavia, un’ombra avrebbe avuto modo di pesare sulla sua esistenza: pare infatti che egli, pur favorendo il matrimonio tra i membri della sua spedizione e gli abitanti di Pohnpei, avesse invece deciso per se di sposare la propria stessa sorella. E che in funzione di ciò, per un tabù ancestrale, dovesse necessariamente far uccidere ogni suo figlio maschio. Finché l’ultimo di questi, grazie all’iniziativa della moglie, fu portato via in segreto oltre le porte della fortezza lavica. Per crescere tra il popolo, fino al raggiungimento dell’età adulta quando, incontrato accidentalmente il nahnmwarki, finì per essere riconosciuto istintivamente da lui. Ma a quel punto Isokelekel era ormai anziano e a quanto pare, saggio, così che decise di risparmiargli la vita, arrivando addirittura a coniare per lui il titolo di nahnkan, o sacerdote minore.
La vicenda del grande conquistatore e liberatore di un popolo era ormai al suo epilogo, quando Isokelekel, scorgendo la propria immagine coperta di rughe riflessa in una pozza d’acqua, comprese che la sua fine era ormai vicina. Rifiutandosi quindi di permettere alla natura di compiere il suo corso, scelse di suicidarsi, applicando un metodo che potremmo definire… Peculiare. Legato infatti il proprio stesso pene ai rami superiori di un albero di palma, si sarebbe gettato da quest’ultimo, finendo per morire dissanguato. Nel preciso luogo dove, ancora oggi, è situata la sua tomba; benché in molti pensano che il saggio fosse stato invece seppellito in mare. Cionondimeno, quando il governatore tedesco di Pohnpei suggerì di scavare presso il sito per scoprire la verità nell’anno 1907, non ci mise molto a morire per gli effetti di un improvviso colpo di calore, confermando il potere mistico di questo luogo. Sarebbero passati altri vent’anni prima che i militari giapponesi, di passaggio in questo luogo durante le proprie spedizioni di conquista, riuscissero infine a compiere quel paventato sacrilegio. Ritrovando, a quanto pare, ossa dalle proporzioni superiori a quelle di un comune essere umano. La cui esatta ubicazione, neanche a dirlo, risulta oggi totalmente sconosciuta.

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